A rieccoli. I brillanti economisti del Fondo Monetario Internazionale tornano alla carica e ci propongono una nuova ricetta salvifica. L’ideona viene proposta a pag. 49 del periodico documento Fiscal Monitor, il cui ultimo titolo è già tutto un programma: Taxing Times, è tempo di tasse. Recita più o meno così: “il netto deterioramento delle finanza pubbliche in molti Paesi ha riacceso l’interesse verso un prelievo di capitale, come misura eccezionale per ripristinare la sostenibilità del debito”. E ancora: “per riportare i debiti pubblici dei Paesi UE ai livelli pre-crisi, sarebbe necessario un taglio della ricchezza netta delle famiglie di circa il 10 per cento”. In parole semplici, si tratta del prelievo forzoso, sul modello di Cipro per intenderci. Ovviamente, leggendo bene il documento, si specifica anche che non tutti i Paesi ne avrebbero bisogno, ma soltanto quelli che corrono seriamente il rischio di non riuscire più a collocare i titoli del debito pubblico. Vogliamo fare un nome a caso?

Devo ammettere amici di aver riflettuto a lungo sull’aggettivo da usare per definire questa proposta (o meglio “una semplice indicazione”, come si affannano a precisare dal Fondo): non so se definirla ridicola o inquietante. Innanzitutto per la fonte da cui proviene, e secondariamente per le motivazioni addotte a sostegno della tesi. La fonte: è quello stesso Fondo Monetario il cui capo-economista, Olivier Blanchard, è stato costretto ad ammettere soltanto pochi mesi fa di aver commesso un clamoroso errore nella valutazione dell’impatto negativo di un aumento delle imposte sulla recessione economica. In sostanza, il Fondo raccomandava a tutti i governi di aumentare le tasse perché tanto le conseguenze sul PIL non sarebbero state particolarmente gravi. Salvo poi ammettere che nei calcoli vi era una “leggera” sottostima nell’ordine del 100%: si veda in proposito il nostro precedente articolo: http://www.labeconomy.com/2012/11/14/quel-terribile-abbaglio-del-fondo-monetario/

Ma ora attenzione alle motivazioni di questa ennesima furbata. La prima sostanzialmente dice che “le condizioni di successo (n.d.r. del prelievo forzoso) sono forti, ma vanno pesate contro il rischio di misure alternative che potrebbero andare dal ripudio del debito pubblico ad una sua riduzione per effetto di inflazione, misure che ricadrebbero anche sui non residenti”. Avete capito bene: investitori stranieri hanno scelto di investire sui titoli pubblici di un certo Paese, lucrando gli interessi commisurati al rischio, e i cittadini residenti (anche coloro che non hanno sottoscritto quei titoli) devono subire un prelievo forzoso per azzerare quel rischio. Rendiamoci conto della follia! Incredibile. Le altre due motivazioni val la pena di citarle perché fanno morir dal ridere: che il prelievo è stato “sostenuto da illustri supporters quali Pigou, Ricardo e Shumpeter” (n.d.r. il più giovane è nato nel 1883) e dall’onnipresente Keynes, del quale però si specifica “prima che cambiasse idea” (proprio così!); che il prelievo è già stato “ampiamente adottato in Europa dopo la Prima Guerra Mondiale ed in Germania e Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Lascio a voi ogni commento.

Solo pochissime righe per ribadire ancora il nostro pensiero sul tema. Il prelievo forzoso è la negazione stessa dello Stato di diritto, del patto tra lo Stato e i cittadini. Chi sostiene che sia un furto legalizzato non è lontano dal vero. E’ incostituzionale, e avremo modo di argomentarlo alla prima occasione. E’, infine, totalmente controproducente, in quanto determina una fuga di capitali, di risorse e di investimenti, palesando al mondo che di quello Stato non ci si può fidare. Non vale nemmeno, a mio avviso, la pena di spenderci tante parole. Un discorso più serio si può fare invece circa una imposta patrimoniale, di entità contenuta e riferita alla ricchezza complessiva, tema che sul Lab abbiamo già affrontato. In astratto, l’introduzione di una imposta di questo tipo non può essere considerata un tabù, ma nel nostro Paese richiederebbe due condizioni inderogabili: una riforma fiscale completa che riducesse contemporaneamente e di pari entità le tasse sul lavoro e sulle imprese; un piano incisivo di abbattimento della spesa pubblica che partisse da insopportabili privilegi quali ad esempio costi della politica, stipendi pubblici e pensioni d’oro. Senza queste precondizioni, anche una imposta patrimoniale in Italia sarebbe dannosa e inutile, più o meno come buttare più acqua in un secchio con il fondo bucato. Mi sembrano tutto sommato concetti semplici… forse troppo per il Fondo Monetario Internazionale?

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