crescita3Prospettive incoraggianti sono emerse nel convegno svoltosi il 13 marzo a Cernobbio, nel quale è stato presentato lo studio «Finanza per la crescita» curato dal Mef, dal Mise e dal Gruppo di Lavoro The European House – Ambrosetti. Il fatturato delle PMI potrebbe registrare un incremento tra 100 e 190 miliardi, l’occupazione tra 250mila e 500mila nuovi occupati, Pil tra lo 1,4% e 2,7%. Fantascienza?  Una realtà possibile a condizione che il legislatore abbia la capacità di condurre in porto una serie di misure ancora “in itinere” e di realizzarne alcune nuove di fondamentale importanza.

Quali sono le leve indispensabili per rilanciare la crescita delle PMI? Tra le tante indicate nello studio, ne abbiamo selezionate tre che ci sembrano le più importanti:

  • sostegno alla ricerca e all’innovazione: gli strumenti tecnici sono il credito d’imposta per la ricerca e la patent box per la defiscalizzazione di marchi e brevetti, che porrebbero l’Italia al pari di altri Paesi europei.  I decreti attuativi sono in itinere. Sempre in quest’ottica, un’altra proposta interessante potrebbe essere quella di un dimezzamento dell’arco temporale (da 18 anni a 9 anni) dell’ammortamento fiscale su avviamenti e marchi
  • stimolo alla crescita dimensionale delle imprese: abbiamo ancora troppe imprese con meno di 250 dipendenti rispetto alla Germania, il doppio solo nel settore manifatturiero. La crescita dimensionale delle piccole imprese italiane rappresenta un passaggio essenziale per l’accrescimento della competitività delle nostre imprese sul mercato globale. Un provvedimento utile potrebbe essere quello di un maggior stimolo alle fusioni, come ad esempio un credito d’imposta del 50% per due anni per le aziende che realizzano operazioni di merger and acquisition.
  • sostegno agli investimenti:  lo strumento principe potrebbe essere il rifinanziamento della “Nuova Sabatini”, strumento di notevole successo. Valerio De Molli, a.d. di Ambrosetti, ci ricorda che gli investimenti lordi sono crollati dal 2009 di 26 miliardi nel settore pubblico e 61 nel settore privato.

Infine, una annotazione importante: la perdita di gettito dell’intero pacchetto di interventi di defiscalizzazione proposti dallo studio, valutata tra 3,4 e 4 miliardi, sarebbe compensata dalla crescita del Pil e delle aziende che garantirebbe un maggior gettito compreso tra 3,4 e 6 miliardi di euro. Il saldo netto, conclude lo studio, è neutro sullo scenario minimo e positivo in quello massimo.

Una rapida riflessione a commento delle proposte dello studio del Mef-Ambrosetti. Le proposte formulate sono pienamente condivisibili, ma a due condizioni. La prima è che vengano date a livello governativo / legislativo delle priorità industriali: quali sono le attività strategiche per il futuro del Paese? Dobbiamo una volta per tutte chiarire questo aspetto. Una volta individuate, le poche risorse disponibili vanno canalizzate in queste direzioni e non disperse in mille rivoli con il risultato di ingrassare soltanto i professionisti della finanza agevolata o delle M&A. Secondo: il sistema dei controlli sulle agevolazioni deve essere effettivo e severo. Le aziende che dovessero abusarne – ahimè siamo in Italia – dovrebbero essere sanzionate con una sorta di “daspo” delle agevolazioni fiscali: non potranno più usufruirne. Su questo occorre essere chiari: l’agevolazione è un investimento di denaro pubblico e non può essere concessa alla cieca e senza alcun ritorno, come troppo spesso è avvenuto in passato. Perché in fondo dobbiamo dirlo: nessuna crescita seria ci può essere senza serietà e legalità.

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