E dopo l’aviaria, dopo l’ebola, venne la xylella. Sembra che la psicosi abbia come caratteristica la frenesia di trovare soluzioni immediate ad una situazione latente che di colpo diventa “il problema”. Pur non sottovalutando alcuni fattori, con dati che testimoniano il malessere di alcuni ulivi secolari (età che avanza o ambiente circostante compromesso?) ed una produzione olearia ridotta, siamo a domandarci se tutto sia stato fatto a regola d’arte o la fretta sia stata una cattiva consigliera. Vediamo di mettere insieme qualche informazione:
- La Regione Puglia nel 2013 lanciò un allarme e stabilì che l’eradicazione fosse l’unica soluzione al problema del disseccamento rapido osservato in alcune piante del Salento. La decisione fu ratificata dall’Europa, che emanò successivamente norme imperanti e vincolanti per l’Italia; grandi sostenitori di questa disposizione si sono dimostrati all’interno del “Comitato permanente Ue per la salute delle piante” i francesi, i greci, gli spagnoli e i portoghesi, guarda caso produttori di olio;
- Dati sul numero di ulivi infetti dal batterio che divergono tra ispezioni UE e report della Regione. I dati della Commissione Europea confermano che su 1757 campioni di rametti e foglie disseccate solo su 21 si è ritrovata la Xylella fastidiosa.
- Non è certo che sia la xylella a seccare gli ulivi di Puglia. Marina Barba, direttrice del Cra affermò: “che la xylella produca dei disseccamenti è noto, ma non sugli ulivi”. Atri studi, come quelli dell’Università di Foggia e di Firenze, sottolineano che la causa prima della malattia potrebbe ricondursi ai funghi. Nel 2010 Rodrigo Krugner, dell’Università della California (Ucla), condusse un esperimento scientifico da cui risultò che la xylella non è patogena sugli ulivi; la stessa EFSA (European food safety authority) in un rapporto di gennaio afferma che sia necessario dimostrare che la xylella sia l’agente patogeno.
- Il rapporto Eurispes sulle agromafie, coordinato da Giancarlo Caselli, suppone l’introduzione dolosa della xylella in occasione di un convegno organizzato nel 2010 dall’Istituto agronomico di Bari, allo scopo di scatenare una “guerra chimica”. La Procura di Lecce ha aperto un’indagine.
- Al commissario straordinario regionale, Giuseppe Siletti è stato dato un budget di spesa (14 milioni di euro) che prevede anche un massiccio intervento fitosanitario con formulati insetticidi, il che pone in serio pericolo l’ecosistema, già danneggiato in questi anni dagli interventi umani. I tecnici dell’ EFSA scrivono però a Siletti che “l’uso intensivo di trattamenti insetticidi per limitare la trasmissione di malattie e controllare l’insetto vettore può avere conseguente dirette e indirette sull’ambiente modificando intere reti alimentari con effetti a cascata”, rappresentando un rischio per la salute umana ed animale, senza contare la distruzione di molte colture bio
Ce n’è abbastanza per affermare che la vicenda è intricata e al centro di diversi interessi poco chiari. Gli interrogativi riguardano anche il dopo: che ne sarà dei terreni spogli? Licenza di costruire? E se fossero ripiantumati, con quali piante? La ricerca di coltivazioni resistenti al “batterio” può dare spazio ad eventuali piante OGM? Caos istituzionale tra autorità europee, governative italiane, regionali, TAR, il tutto condito da una richiesta di stato di calamità naturale, mettendo a rischio tutto il settore agricolo pugliese. E quante se ne eradicano? Chi dice forse “solo 35.000” (Ministro Martina), chi 1 milione. L’opzione zero verrà sicuramente applicata nella “zona blu”, una fascia che corre tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto. Qui per ogni ulivo che mostra segni di disseccamento se ne possono abbattere fino a 300 ulivi sani, fa notare l’Osservatorio fitosanitario regionale. Una cosa è certa: è mancato fino ad ora il coinvolgimento fattivo delle Università italiane per una approfondita ricerca con analisi rigorose, condotte insieme alle associazioni degli olivicoltori, i quali da una parte certificherebbero il loro corretto svolgimento e dall’altra metterebbero a disposizione le tradizionali cure che sono riusciti a mantenere in vita gli alberi.
Come causa principale del malessere degli ulivi, alcuni esperti pongono l’accento sull’ecosistema e sulle tecniche agricole. Per il Prof. Pietro Perrino, del Cnr di Bari, “Gli studi suggeriscono che le cause risiedono in un tipo di agricoltura che per decenni è stata caratterizzata da un uso eccessivo di concimi chimici, pesticidi, antiparassitari e di erbicidi, aventi come obiettivo quello di aumentare le produzioni”. Similmente Kristos Xiloyannis, ordinario dell’Università di Basilicata, punta alle tecniche sostenibili di coltivazione per ripristinare la fertilità del terreno, attraverso l’incremento del contenuto di carbonio e della biodiversità microbica, annullata dalle massicce dosi di diserbanti, dai concimi chimici e dalle lavorazioni del terreno. Piante poco curate e in stress nutrizionale possono essere più facilmente attaccate proprio da batteri patogeni e dai funghi. Come egli afferma, i suoli sono morti, con una sostanza organica sotto l’1% e concentrata solo nelle parti superficiali. Questa sostanza organica si è trasformata in Co2 nell’atmosfera e per ritornare ad un equilibrio occorre usare concimi naturali e il compost. Come sottolinea Chomsky, “per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per anni”: se l’eradicazione venisse unanimemente considerata come unica misura, semplice e ineluttabile, si darebbe spazio ad una sua applicazione in ogni altro caso e su vasta scala. Ma “nel Lazio, dopo aver distrutto mille ettari di kiwi, ci si è fermati perché si è capito che era tutto superfluo” ribadisce Xiloyannis.
Per la Puglia l’ulivo è cultura, patrimonio, tradizione, appeal turistico. E per la comunità italiana? Polmone verde e l’accesso ad un olio di grande valore, il 30% della produzione nazionale. Questi ulivi sono monumenti viventi che hanno passato indenni ogni sorta di attacco patogeno nei secoli. Confidiamo nella loro capacità di autogenerazione e difesa, la storia ne dà atto. La malattie si sconfiggono con la ricerca e con un ambiente di vita più consono e salutare, non con la caccia all’untore. Sono una piccola “foresta”, non priviamocene. Parafrasando Ghandi: “quello che facciamo alle foreste del mondo è uno specchio che riflette quello facciamo a noi stessi e agli altri”. Abbiamone cura.
3 comments
luca p says:
Mag 18, 2015
Articolo molto esauriente grazie. Ritengo tuttavia che andrebbe esplorata un’altra situazione: Cosa potrebbe succedere in caso che NON si abbattessero le piante malate? Ipotizzo: la malattia si potrebbe diffondere anche a quelle sane? Quindi l’abbattimento risponde al principio di precauzione, per evitare il possibile dilagare del ‘contagio’? Ecco, se così fosse potrebbe avere un senso. Questa evenienza ritengo che andrebbe esplorata. Grazie
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darius says:
Mag 18, 2015
Ciao Luca. Questa è la teoria di chi propugna l’abbattimento. Date le premesse del mio articolo e le perplessità di molti esperti del settore, ritengo che la xylella non sia la causa del disseccamento. Ma è una tesi, ritienila pur personale. Quello che ora si vuole fare è creare questa famosa fascia di salvaguardia e si va nella direzione da te immaginata: contenere la diffusione del morbo. È precauzione al di là di ogni dubbio? Giusto per non lasciare nulla al caso? Brancolando nel buio, tentiamo questa soluzione? Sono scettico. Passa tutto, dopo l’ebola e l’aviaria, passerà pure la xylella e tra un anno nessuno ne sentirà più parlare. Nella zona “infetta”, la provincia di Lecce, l’eradicazione non verrà effettuata, solo misure di contenimento…”infetti” per infetti gli ulivi saranno lasciati al loro destino. E vedrai che qui rinasceranno gli ulivi. Il tuo rimane comunque un legittimo dubbio.
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ginobigio says:
Mag 19, 2015
Che la pace tra gli uomini sia sparita è ormai un fatto assodato e forse irreversibile, ma che “non c’è pace tra gli ulivi” ( come recita l’antico detto) è una conferma da ultima spiaggia; prepariamoci al peggio.
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