Vi racconto due episodi. Il primo. Un piovoso lunedì mattina, riunione nel quartiere più trendy di Milano. Azienda italiana attiva negli impianti energetici. Realtà solida, con all’attivo la costruzione e gestione di impianti in Venezuela, US, Giappone e Sud Africa. L’AD che mi sta di fronte mi chiede di dargli una mano a portare la sua azienda nel mercato russo. E’ persona di cultura medio alta, con 20 anni di esperienza in tutto il mondo. Oltre che un amico. Stende sul lungo e prestigioso tavolo riunioni una mappa della Russia ed esclama quasi con sorpresa: “Quanto è grande la Russia. Ha 11 fusi orari!”. Il secondo. Un soleggiato sabato mattina, Promenade des Anglais, Nizza, Costa Azzurra. Al tavolo con me, oltre ai 2 pastisse e una porzione esagerata di pistacchi, un professore di letteratura italiana. Ha appena pubblicato per Rizzoli un suo libro e ne va molto fiero. Esclama: “Ma come fai a lavorare a Mosca. E’ appena andata una mia amica per una sfilata di moda. Ci è rimasta 3 giorni. Mi dice che la Russia è invivibile!”
In un caso un’impresa che è andata a cercare lavoro in US, a 5000 km dalla sua sede legale, si accorge che ad un terzo di quella distanza esiste un Paese 5 volte più grande. Nell’altro caso, un intellettuale, sicuramente etnocentrico, attinge da “pregiate” fonti informative (una modella rimasta in una città per meno di 3 giorni!), per formulare un giudizio tranciante su un Paese di 17 milioni di km quadrati.
Questi due episodi, così diversi fra loro (ribadisco: fatti veri) ci raccontano molte cose. Nel primo caso, la storica propensione dell’impresa italiana a guardare ai mercati occidentali. E quando questi mercati diventano maturi, si rivolge ai mercati cosiddetti “emergenti” con ancora gli occhi e la testa sintonizzati sui precedenti mercati. Errore grave. Affrontare un nuovo mercato come la Russia con le modalità usate in Europa o US, produrrà un business plan fortemente sbilanciato sul marketing e sulla comunicazione; e trascurerà, ad esempio, l’attenzione per la logistica e gli affari regolamentativi, in un Paese dove il passaggio in dogana o l’ottenimento di una licenza governativa possono decretare il successo o il fallimento di un’azienda. Nel secondo caso, il giudicare un intero Paese con gli schemi del proprio (sul modello: “ma come fanno male la carbonara qui a Shangai”), produrrà un piano strategico sostanzialmente impermeabile e sordo rispetto alle variabili di campo. Quasi sempre non preventivate: e quando si manifesteranno, molto spesso l’imprenditore o il management dell’azienda italiana non avrà la sensibilità e gli strumenti per modificare le proprie strategie.
Le soluzioni? Ci sono. Partendo da un profondo reset del modo di pensare, richiedono un seria e radicale riorganizzazione del modo di fare business. Comprendono un’attenta pianificazione delle strategie di azione. Di questo parleremo in modo più approfondito in un prossimo articolo. Ma già l’aver identificato i problemi di fondo… è metà dell’opera.
5 comments
aureliano says:
Mag 21, 2014
A leggerle così possono sembrare aneddoti tra realà e fantasia… ma anche io ho vissuto diverse situazioni simili e possono confermare. nON C’è nemmeno da farne una colpa agli imprenditori: nella fase di internazionalizzazione, quasi tutti sono dilettanti allo sbaraglio. La “colpa” (se così si può definire) è quella di perseverare nell’errore: dopo un certo numero di esperienze, si dovrebbe capire l’importanza di muoversi con programmi seri, organizzazione e le dovute risorse.
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fabrizio candoni says:
Mag 21, 2014
@aureliano si confermo, sono fatti veri. Purtroppo. In effetti concordo con te: non ne faccio tanto una colpa all’imprenditore. Ma è un fatto, come giustamente dici, che di solito “sbagliando si impara”. Qui invece abbiamo decine di imprenditori che dopo aver clamorosamente sbagliato il Piano di Sviluppo, perseverano nell’approccio sbagliato. E posso confermare che se affronti un mercato enorme come quello russo nel modo sbagliato, hai 12 mesi di autonomia per rimettere le cose a posto. Ma poi i soldi finiscono. Anche perchè, tipico errore grave, in Russia l’imprenditore quasi mai ci va nel pieno della sua salute aziendale. Quasi sempre ci arriva perchè in Europa i margini non ci sono più. E le casse sono già quasi vuote.
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luca p says:
Mag 21, 2014
mi inserisco nella disucussione per chiedere a Farbrizio una cosa che mi ha colpito nel suo articolo: fai riferimento alle “varibili di campo”…. quali sarebbero quelle principali, nel caso della Russia? si parla di solito della burocrazia asfissiante, è vero? Sarà mica peggiore di quella italiana.. 🙂
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fabrizio candoni says:
Mag 21, 2014
@luca.
Per variabili di campo intendo tutte le azioni-non azioni-esigenze ed altro non previste dal Piano di Sviluppo scritto prima di mettere piede in Russia. Tipicamente possono essere sicuramente l’intoppo burocratico. Anche se un buon Piano di Sviluppo dovrebbe prevedere una collaborazione con una legal firm locale, che (sempre in teoria) dovrebbe aver preallertato l’imprenditore sui punti critici legali-amministrativi-burocratici. In realtà rientrano nelle variabili di campo, il fornitore non qualificato che rallenta l’approvigionamento nel caso di un insediamento produttivo. Oppure la difficoltà nel reclutare personale sul posto. Anche in questo caso esistono multinazionali di staffing con presenza locale, ma vanno previsti. Fin qui siamo in uno scenario di imprevisti che ci ricorda da vicino l’italia, come correttamente osservi. Anche se avere le stesse problematiche burocratiche italiane ma in un paese 20 volte più grande dell’italia, fa pendere l’equilibrio del valore a vantaggio della Russia. Ma segnalo che esistono piacevoli imprevisti, come finanziamenti governativi, collaborazioni con prestigiose università tecnologiche (ricordo che i Russi mandano da decenni persone e cose in orbita…:-) centri di ricerca e zone franche con trattamenti fiscale di estremo favore. Tuttavia il non considerarli nel Piano di Sviluppo, significa far perdere all’azienda dei vantaggi che sono gratis.
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luca p says:
Mag 23, 2014
@Fabrizio, grazie per la risposta molto esaustiva. Un saluto
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