Arieccoci: periodicamente torna di attualità. La questione dello stipendio alle casalinghe è stata di recente rilanciata dall’avvocato Giulia Bongiorno e da Michelle Hunziker, fondatrici dell’Associazione Doppia Difesa contro la violenza sulle donne. L’obiettivo dichiarato è il seguente: dare uno stipendio ad una donna che svolge il ruolo di casalinga la renderebbe più indipendente e autonoma, e quindi meno soggetta a subire passivamente la violenza maschile che nasce spesso dentro le mura domestiche. Tuttavia, anche al di là del problema della violenza sulle donne, la proposta è senz’altro meritevole di attenzione: le casalinghe sono dei project manager, finance & marketing director della più antica società del mondo: la famiglia. Fare la casalinga è a tutti gli effetti un mestiere con una notevole valenza sociale. La casalinga lavora indubbiamente più delle 8 ore che mediamente impegnano le donne lavoratrici, le quali spesso demandano a colf, nonni, tate e scuole quei momenti del quotidiano quali le pulizie domestiche e la cura dei figli.
I problemi però nascono quando dai principi astratti ci si cala nel concreto. Innanzitutto, chi è la casalinga? E’ la donna che di mestiere ha scelto di fare “solo” la mamma e la donna di casa o è anche la donna disoccupata, magari senza figli, che si trova a casa perché senza lavoro? In questo secondo caso, offrire uno stipendio non indurrebbe a scoraggiarla dal cercarne uno nuovo? E poi: quanto dare ad una casalinga? Parliamo di una donna che lavora circa 10 ore al giorno senza riposo settimanale, che sotto le feste lavora ancora di più, che non può chiedere ferie, permessi e malattie. Come si può calcolare uno stipendio sulla base questo foglio presenze? Lo calcoliamo sul reddito familiare? E se la casalinga avesse un marito con ottimo stipendio, non sarebbe più etico che fosse il marito a stipendiarla? Ma vado oltre: se entrambi lavorassero e la moglie avesse lo stipendio più elevato, non converrebbe al marito licenziarsi e fare lui il casalingo stipendiato? O devo pensare che la proposta valga solo per le donne? In questo caso, vorrei subito un intervento del ministro delle pari opportunità! Last but not least: dove si penserebbe di trovare questi soldi?
Insomma: la questione apre la strada ad una miriade di interrogativi di ben difficile soluzione. A ben pensarci, piuttosto che offrire una paghetta, credo che lo Stato farebbe meglio ad aiutare una donna in cerca di lavoro offrendo servizi come asili nido a basso costo o sgravi per le baby sitter. In questo modo, la donna potrebbe essere più libera di decidere se impiegare il proprio tempo dentro le mura domestiche o se invece puntare su un lavoro esterno, demandando ad altri la cura delle faccende di casa. Essere casalinga per scelta è una vera fortuna per chi lo desidera e porta avanti questo ruolo con orgoglio e soddisfazione, ma esserlo per mancanza di alternative può diventare veramente frustrante e avvilente: è su questo difficile nodo, a mio parere, che lo Stato dovrebbe intervenire. Ma di queste cose, ahimè, si sente qualche cenno soltanto in campagna elettorale.
4 comments
marzius says:
Mag 18, 2014
Problemi concreti della vita quotidiana di tutti noi. Azzardo un’ipotesi: finché la politica sarà sostanzialmente in mano agli uomini, la voglia di affrontare seriamente questi problemi sarà sempre tendente a zero.
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Monica Landro says:
Mag 20, 2014
Ciao Marzius, tu dici? io sinceramente non farei un problema Uomo/Donna, ma piuttosto un problema legato alla casta: finchè si dovranno occupare delle loro poltrone e ministeri, non affronteranno seriamente un problema così concreto e pratico come quello del lavoro delle donne.
Del resto non affrontano bene neanche il problema della disoccupazione giovanile…. Come sempre queste questioni saltano fuori sotto campagna elettorale, per poi morire così, sul nascere.
Io capisco che sia un problema annoso, spigoloso e di difficile valutazione, ma davvero io inizierei dal mettere le donne/mamme in condizioni di poter gestire entrambi i ruoli. Un passo per volta, per carità, ma se manco si alzano dalle loro poltrone, come lo facciamo questo primo passo?
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michela tescari says:
Mag 18, 2014
Mi scuote in prima persona questo articolo per i contenuti così attuali ma di difficile prospettiva. Racconterò solo brevemente la mia esperienza per avallare la proposta, nello scenario che più ho trovato concreto: essere madre e conciliare il lavoro. Ho potuto accudire mia figlia dalla nascita fino ai 5 anni per poi riprendere a lavorare.
Essere madri è soprattutto una scelta, ove possibile, e come tale dovrebbe concedere il piacere e il dovere di poter accudire la propria creatura nell’unico modo che concepisco possibile: con la PROPRIA PRESENZA. Difficile immaginare di dover lasciare la famiglia per la paura di perdere il lavoro che concede troppo poco tempo a questa importantissima fase della vita familiare. Perciò dico sì ad un ausilio delle casalinghe-madri per un futuro più sano e giusto per i nostri figli e per tutti.
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Monica Landro says:
Mag 20, 2014
Certo, Michela, il contributo alla neo-mamma sarebbe perfetto per permettere ad una famiglia di aumentare il nucleo interno senza dover vivere con il timore di dover sottrarre il costo dei pannolini e del latte in polvere a quello del mutuo, ma di fatto questo contributo potrebbe durare poco ed essere fatto in accordo con il datore di lavoro, che a sua volta vive come un piccolo incubo la dipendente che improvvisamene comunica la prossima maternità. Il nodo sta nel tutelare la mamma (e il bambino), lo stato, il datore: da qui dovrebbero partire. Naturalmente questo aspetto è strettamente legato alla donna mamma e non più genericamente al tema dell’articolo che parla della casalinga, non necessariamente mamma. Anche in questo caso, il nodo, a mio parere, non dovrebbe stare nel darle l’ausilio, ma la chance di trovare lavoro, perchè a casa -depresse- non ci sono solo mamme, ma donne casalinghe che vorrebbero mostrarsi al mondo del lavoro. Per non parlare dell’incipit dell’articolo: le donne che subiscono violenta per mancanza di alternativa.
Non si possono dare ausilii a tutte queste categorie di donne, ma non si possono neanche ignorare.
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