“C’è bisogno di capire perché …” Un anchorman televisivo introduce così l’approfondimento di uno spazio dedicato alla prossima tornata elettorale. C’è bisogno di capire perché in Europa siamo considerati un Paese che è rilevante economicamente, una pedina irrinunciabile dell’Eurozona, ma contiamo poco sul piano politico e decisionale. Tutti ricordiamo i famosi bilaterali Francia – Germania con i nostri leader trattati a volte con palese diffidenza, qualche volta addirittura con sarcasmo, come ragazzi indisciplinati. Ma anche l’Europa ha le sue responsabilità. La politica dell’austerità fine a se stessa ha fallito miseramente. Il Trattato di Maastricht del 1992 e poi quello di Lisbona hanno previsto un massimo di deficit (disavanzo annuale) del 3% sul PIL e un debito non oltre il 60% del PIL. Il Trattato sulla Stabilità (Fiscal Compact) del 2012 ha poi introdotto il principio del pareggio di bilancio, con un rientro in 20 anni delle eccedenze oltre il 60%. L’Italia è l’unico Paese che ha inserito questo principio nella Costituzione, all’art. 81. Gli spazi di manovra per politiche espansive, date queste premesse, sono quindi molto limitati. Si stima che tra riduzione del deficit e del debito pubblico secondo lo schema del Fiscal Compact, potrebbero essere necessari fino ad 80 miliardi annui.
Per rafforzare ulteriormente i meccanismi del Fiscal Compact, la commissione europea sta studiando l’European Redemption Fund (sigla RF o ERF). E’ un meccanismo che potrebbe entrare in vigore subito dopo le elezioni europee. Nel fondo confluirebbero tutte le eccedenze di debito pubblico degli stati dell’Eurozona superiori al 60% del PIL. L’ERF farebbe da tramite tra gli investitori internazionali e gli Stati indebitati, in modo da rifinanziare la parte di debito eccessiva a tassi inferiori rispetto a quelli pagati attualmente, attraverso l’emissione di super-eurobond. Per l’Italia si parla di circa 1.200 miliardi di euro. Ma il rovescio della medaglia sarebbero le pesanti condizioni imposte dal Fondo, con la possibilità di imporre tagli anche pesanti alla spesa pubblica (servizi, sanità, istruzione, infrastrutture, pensioni) e di colpire il welfare e gli ammortizzatori sociali. A garanzia del Fondo, vi sarebbe l’asservimento dei rispettivi asset patrimoniali nazionali, riserve valutarie e auree e parte del gettito fiscale. Il meccanismo di riduzione debito dovrebbe quindi essere automatico (e forzoso). La conseguenza di un meccanismo del genere sarebbe ovvia: a Roma deciderebbero sempre più i funzionari europei e le decisioni importanti verrebbero prese in altra sede.
D’altronde, la soluzione al problema del debito pubblico non può certo essere quella della svalutazione del debito attraverso l’uscita dall’Euro, in barba agli investitori esteri. Svalutare il nostro debito pubblico può essere fatto una sola volta, dopodiché saremmo isolati nei mercati finanziari. E l’ipotesi di svalutare la moneta ogni 2-3 anni, in un mercato globale dal quale dipendiamo per materie prime, fonti energetiche e componenti tecnologici, è una soluzione che non affronta i nostri mali alla radice. Occorre recuperare competitività al di là della svalutazione monetaria. Il nostro modello deve essere quello dei paesi del Nord Europa, nel senso di apparato pubblico, flessibilità operativa, riduzione sensibile di corruzione ed evasione fiscale, che sono dei veri killer per far emergere e far crescere le aziende meritevoli. Lo sviluppo di un Paese arido non è possibile.
Come se ne esce allora? La permanenza nell’Eurozona non deve prescindere dal rivedere le condizioni che siamo stati costretti ad accettare in un momento di crisi acuta di fiducia da parte dei mercati finanziari. Il Fiscal Compact pone delle condizioni troppo onerose e praticamente impossibili da rispettare e porterà, così com’è, ad una desertificazione dell’apparato produttivo italiano. La cura non deve uccidere il paziente. Quindi non sprechiamo questa occasione. Le elezioni europee ci servono a mandare in Europa persone competenti e con la voglia di farsi sentire. Non scalda poltrone senza valore. Non facciamo questo errore, aiutiamo noi stessi innanzitutto, con la collaborazione e il “rispetto” dei nostri compagni di viaggio europei. Se non ci svegliamo, ci sfilano il Paese.
7 comments
andrea DS says:
Mag 12, 2014
Grazie Darius, sempre illuminante. Non so cosa pensino gli altri lettori, ma credo che il problema nostro sia che dormiamo da un po’troppo tempo, come sistema Paese, intendo..
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david pierantozzi says:
Mag 12, 2014
La situazione in cui ci troviamo e’ un caso chiarissimo di concorso di colpa. Da un lato, un Paese paralizzato da decenni, incapace di modernizzarsi, di fare le riforme vitali. Un Paese che detiene ogni record di corruzione, evasione, malaffare. Incapace ancora oggi di organizzare un evento di portata internazionale senza offrire uno sconcertante spettacolo di desolanti ruberie. Dall’altro, un’Europa lontana, fredda, un’Europa della moneta, delle teorie macroeconomiche inventate nelle segrete stanze. Un’ Europa preoccupata dei bilanci ma non dei popoli, incapace di mettere in campo una politica estera, di difesa, di immigrazione. Un’Europa che non esiste nemmeno quando si tratta di soccorrere dei disperati che annegano in mare.
E’ giusto essere indignati e delusi da questa Europa, ma non bisogna dimenticarsi le nostre colpe, che sono tante, troppe. Il problema non si risolve rovesciando il tavolo e tornando alla liretta, per poi vivacchiare crogiolandosi nei propri vizi e difetti, lontani da occhi indiscreti.
Il problema, secondo me, si può affrontare in un modo solo: dimostrare che siamo capaci di cambiare, di riformare noi stessi e di essere interlocutori credibili. Che sappiamo mantenere gli impegni. Che diamo fiducia, in politica, a gente seria e preparata, non a imbonitori e arringatori di piazza. Se e solo se riusciremo a fare questo, potremo andare al tavolo europeo con l’autorevolezza e la credibilità necessarie per pretendere i cambiamenti di cui sentiamo assoluto bisogno.
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vittorio spreafico says:
Mag 13, 2014
@David, condivido appieno la tua attenta e reale analisi
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adone paratore says:
Mag 13, 2014
Ottima analisi quella di Darius,bravo come sempre. Ci voleva anche la puntualizzazione di David con il quale concordo pienamente.Dobbiamo scegliere attentamente chi ci andra’ a rappresentare in Europa: persone serie, preparate e non adulatori di folle. Speriamo bene stavolta.
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gino berto says:
Mag 13, 2014
Bravo Darius, e totalmete condivisibile lo sfogo di David.
Oggigiorno è difficile trovare uno che sia capace di vivere con la porta spalancata. Solo quando potremo vivere sotto gli occhi di tutti potremo sentirci forti delle nostre azioni. Quanta pena invece per ciò che sta emergendo ancora una volta nel mondo della vita pubblica. Il passato non ha insegnato niente: ancora i soliti faccendieri per i quali i vizi sono un abitudine quotidiana, che brigano per acquisire potere e ricchezze, nella convinzione che rappresentino la fine delle loro miserie, ed invece sono solo un mutamento.
Per cambiare non rimane che riflettere su che cosa è bene e che cosa è male, e nel momento dell’urna affidarci alla persona che ha dato prova di buona volontà.
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aureliano says:
Mag 13, 2014
A proposito di Europa, comunque la si pensi su Berlusconi, quello che oggi è su tutti i giornali mi pare davvero inquietante e deve far molto riflettere.
http://www.corriere.it/economia/14_maggio_13/geithner-nel-2011-trama-europea-far-cadere-berlusconi-9fae6c54-da81-11e3-87dc-12e8f7025c68.shtml
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darius says:
Mag 13, 2014
grazie per i commenti e apprezzamenti. In generale la mia idea è che non esistono scorciatoie. E chi fa impresa lo sa. E se l’impresa non esiste, non esistono neppure i lavoratori. Quindi guardiamoci attorno con occhio critico e cerchiamo di capire perché si dicono certe cose e non altre.
Tornando a noi, beh, mi sono sempre domandato perché per forza dobbiamo essere accomunati ai paesi “latini” con tutti i loro difetti. E per una volta guardiamo altri modelli. I nostri difetti cerchiamo di curarceli e ribadisco, in Europa mandiamo qualcuno che ci dica che cosa si combini là lontano, ci riporti la cosa e soprattutto si batta per normative che avranno una ricaduta sempre maggiore sulla nostra vita. I trombati della politica non devono considerare l’Europa come buen retiro e come un cimitero degli elefanti. Se no il cimitero sarà il nostro ma qui.
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