Più in basso di così c’è solo da scavare, cantava Daniele Silvestri qualche anno fa. La sconcertante tre giorni di elezione dell’inquilino del Quirinale ci rinnova alcuni consolidati segnali di come gira il Paese: una nazione in mano a uomini anziani con la sindrome dell’immortalità e dal gattopardesco agire, dove le donne contano sempre troppo poco ed i giovani devono stare zitti ed allineati.

L’elemento che mi pare maggiormente intollerabile, in questa tragicomica vicenda, è la totale assenza di rispetto per l’urgenza del tempo da parte della classe politica. Il dopo elezioni è stato segnato dalle trattative su due distinti tavoli: l’uno per la ricerca di un nuovo governo e l’altro per l’elezione di un Presidente di garanzia per le riforme e la gestione di questa delicata fase istituzionale. Ebbene, il frutto di queste lunghe settimane di mediazioni e trattative lascia davvero sgomenti. Intendiamoci, Napolitano è un galantuomo, merita rispetto e riconoscenza. Ma può un Paese con un briciolo di prospettiva riconsegnare il pallino ad un signore che concluderebbe il suo mandato a novantacinque anni? Non esistevano alternative condivisibili a larga maggioranza?

Due mesi così sono tanti, troppi per il mondo reale: in questo lasso di tempo un’impresa in crisi ha già segnato il suo destino, un disoccupato è già finito nella disperazione, un pensionato magari si è anche tolto la vita. Ed intanto l’Italia sprofonda, nell’indifferenza di questi signori, sia vecchi che nuovi inquilini del potere, impegnati in bizantinismi utili solo alla difesa della loro sopravvivenza. Siamo da sempre poco inclini alla generalizzazione, ma in questo caso siamo sopraffatti da un moto di indignazione. Da domani torneremo a ragionare, con i nostri distinguo e le nostre proposte. Oggi però consentiteci un grido di protesta: vergogna!

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