La diciassettesima legislatura si è aperta con la solita guerriglia per le poltrone e con un evergreen del dibattito politico: la proposta, sempre più maggioritaria, dell’eliminazione deL finanziamento pubblico ai partiti. Il ritorno di un grande classico, verrebbe da dire. Nonostante le sforbiciate ai rimborsi elettorali che la nostra classe dirigente, sospinta dallo sdegno crescente, si è forzatamente imposta nel luglio dello scorso anno, nel 2012 i partiti sono costati alle casse dello Stato oltre 90 milioni. Il tema è sentito in maniera fortissima dall’opinione pubblica. Il ricambio generazionale e di compagini politiche post elezioni sembra aprire la via ad una reale possibilità di cambiamento.
Ma siamo proprio convinti che l’abolizione totale del finanziamento pubblico possa migliorare la qualità della democrazia? Crediamo davvero, per questa via, di guadagnare maggiore indipendenza dell’azione pubblica da ingerenze private? È immaginabile, per come è strutturato il sistema socioeconomico del nostro Paese, una contribuzione privata trasparente verso i partiti? Questo trittico di domande è volutamente retorico. La politica dovrebbe essere un’arte nobile, non può trasformarsi nella caricatura dei vari gaglioffi della cronaca recente. In quanto tale, ha un suo costo, una necessaria strutturazione territoriale che ne favorisca il confronto democratico e, soprattutto, ha un insopprimibile bisogno di affrancamento da padrini e benefattori di ogni genere e provenienza.
Qualcuno suggerisce un modello “all’americana”: il sogno di lobbies trasparenti, dichiarate, che si apparentano con il partito in cui ripongono maggiore fiducia e che presumibilmente reputano depositario delle proprie istanze. Eppure, anche negli USA ciò non evita abusi e pesanti zavorre all’azione politica, basti pensare alla difficoltà di varare leggi che limitino l’uso delle armi. Crediamo davvero che sarebbe applicabile a casa nostra, dove non esiste alcuna cultura della trasparenza pubblica (per non parlare dell’etica) e della indipendenza della politica dagli affari? Mi immagino che cosa succederebbe se un partito fosse costretto a legare la propria sopravvivenza a questo od a quel gruppo di pressione.
In conclusione, a mio avviso, sul punto si dovrebbe lavorare non per eliminare il finanziamento pubblico, ma piuttosto nel senso di una nuova legge che subordini rimborsi e finanziamenti a criteri molto più stringenti. Si intervenga con un ulteriore sacrosanto taglio, purché questi soldi, certamente meno di quelli erogati finora, finiscano in un bilancio chiaro, documentato, obbligatoriamente certificato e pubblico. In una parola, trasparente. La politica deve cambiare marcia, certo. Ma attenzione: la prima risposta, quella di pancia, potrebbe non essere quella giusta.
9 comments
wicks says:
Mar 20, 2013
Anch’io la penso allo stesso modo; la nostra democrazia non sarebbe pronta ad un modello di finanziamento dei partiti “all’americana”; sono anch’io per una via di mezzo: ok al finanziamento pubblico dei partiti, ma sostenibile, cioè il rimborso deve essere in linea con le spese REALMENTE sostenute e documentate in bilancio.
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maxfal says:
Mar 20, 2013
il modello suggerito da Michele è corretto ed auspicabile. Si tratta di capire però chi verrebbe investito del controllo, con quali poteri e quali i confini di spesa del partito? Fatemi poi capire una cosa: come spende un partito il finanziamento? per fare cene “strategiche”? riempire la città di manifesti? pagare segreterie su segreterie? nel 2013 penso si possa sfruttare di più la forza di comunicazione di internet piuttosto che organizzare un costosissimo mega convegno. Si può riscoprire la vecchia comunicazione di piazza che offre maggior contatto con la gente. Con le difficoltà economiche che sta attraversando il paese riterrei più opportuno investire queste non poche risorse in altri modi. Un esempio: rifinanziare la cassa integrazione in deroga, che nel periodo più critico della crisi è stato un preziosissimo salvagente.
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spartaco says:
Mar 20, 2013
Mah. Io invece propendo per la via dei finanziamenti privati. Sono convinto che una politica sana non richieda tanti soldi. Son d’accordo con Maxfal, perché i cittadini devono essere costretti a pagare cene, segretarie e manifesti ? Anche se fossero ben rendicontate, cosa cambia!? Oggi ci sono tantissime possibilità low cost di comunicare alla portata di tutte le tasche. Chi vuole sostenere un partito, che lo faccia liberamente, con donazioni private. Per evitare che qualcuno possa ‘schiavizzare’ i partiti, basterebbe che le donazioni fossero trasparenti e con un limite massimo limitato per ciascuna donazione. Con questo sistema, i partiti risponderebbero dell’utilizzo dei fondi in primis ai loro sostenitori, e ci penserebbero tre volte a sperperarli o peggio.
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darius says:
Mar 20, 2013
Personalmente sono per ogni abolizione di finanziamento pubblico dato direttamente a organismi privati. Gli italiani si sono già espressi. Uno vuole portare avanti delle idee? Finanzi chi le porta avanti per lui, se non può parteciparvi in prima persona. Uno non ha possibilità e può dare solo 10 euro? Se le sue idee sono quelle di molti altri, tanti 10 euro fanno assai. E se proprio vogliamo…che vi sia un canale che pubblicizza tutti i profili, tipografia che stampi tutti i manifesti; sia lo Stato che metta a disposizione delle strutture, a disposizione di tutti, senza abusi e con spese essenziali, nessun contributo diretto e a pioggia. Ad ogni modo la soluzione zero finanziamenti garantisce la selezione naturale delle migliori istanze
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Michele D' Apolito says:
Mar 21, 2013
@Darius sono consapevole che la tua posizione oggi rappresenta quella maggioritaria, anche perché la politica è vista ormai come una sanguisuga composta prevalentemente da cialtroni, ma a mio parere il concetto che proponi di finanziare chi porta avanti le tue idee è molto pericoloso e poco applicabile all’Italia, dove ben sappiamo che la maggior parte non si interessa del dibattito pubblico se non sotto elezioni. Quindi troveresti interessi di pochi finanziati da pochissimi, non credo avrai mai l’assalto dei donatori dei 10 euro.
Certo, anche oggi esiste il voto di scambio e le pressioni da parte di questa o quella lobby, ma azzerando il sostentamento ai partiti diventerebbe una giungla dove prevale il più forte e “liquido”.
@ Maxfal e Spartaco basterebbe affidare i controlli dei bilanci dei partiti alla Corte dei Conti, che già oggi controlla i rendiconti comunali e che potrebbe essere potenziata. concordo che i margini per una netta riduzione dei contributi pubblici sono alti, lo ribadisco. In aggiunta, la revisione obbligatoria da parte di soggetti specializzati e l’obbligo di pubblicazione entro una certa data del bilancio annuale del singolo movimento, come accade per gran parte dei soggetti privati. Ed allora potrebbe innescarsi l’incentivo “promozionale” di questo o quel responsabile di partito che consegue un avanzo di bilancio e lo restituisce sotto forma di donazione. In questo modo si creerebbe un migliore rapporto con la politica e si avvicinerebbero i rappresentanti alla cittadinanza
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enrico says:
Mar 21, 2013
Il finanziamento pubblico attuale è esagerato in relazione alla situazione economica del paese, se non lo si vuole abolire esso andrebbe quanto meno ridotto considerevolmente.
Sarebbe inoltre auspicabile che il finanziamento pubblico ai partiti venisse erogato con meccanismi analoghi a quelli previsti per l’8×1000 alla Chiesa o del 5×1000 alle Onlus. Questo eviterebbe lo stimolo per le elezioni anticipate e consentirebbe una sorta di monitoraggio annuale sull’azione dei partiti.
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Michele D' Apolito says:
Mar 21, 2013
grazie Enrico per il tuo commento e benvenuto nel blog. sono senz’altro d’accordo sul fatto che le risorse siano smaccatamente superiori alle necessità: non si spiegherebbe altrimenti come un partito non si accorga che il suo tesoriere ha fatto sparire 19 milioni di euro o, nel caso di un altro, li ha investiti in improbabili traffici oltreconfine. detto questo, credo che la risposta a questo abuso debba avvenire a sangue freddo, ragionandoci bene. credo anche che non si possa affidare all’8 o 5 per mille il sostenimento dei partiti. quanti di noi sarebbero disposti a dirottare quella percentuale su un movimento anzichè sulla ricerca o in altre forme di beneficienza?
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fabrizio sacchi says:
Mar 25, 2013
Caro Michele condivido pienamente la tua analisi; invece di risolvere il problema lo si elimina e questo non è corretto. Il finanziamento pubblico è un atto di civiltà e va mantenuto anche se riportato, negli importi, entro i limiti dei Paesi europei.
Un’altra questione però mi preoccupa di più perché considero il finanziamento pubblico solo la punta dell’iceberg rispetto ai costi della politica! Mi riferisco ai sovrapprezzi che gli appaltatori devono pagare per poter lavorare nei cantieri delle opere pubbliche: questi maggiori costi vengono scaricati sui cittadini in termini di prezzi finali dell’opera oppure in tempi per la realizzazione o, ancora, sulla qualità delle opere (prendendo, come esempio, un chilometro di autostrada vediamo che costa il triplo che in europa, viene realizzata in tempi che arrivano anche a venti volte quelli europei e la qualità e durata dell’asfalto non è sempre all’altezza!).
Non è chi non veda come le relazioni tra i problemi siano molto strette (mi riferisco all’altro, pubblicato in questo sito, sull’etica) e come solo un approccio di ordine sistemico possa, in definitiva, dare delle soluzioni efficaci e soddisfacenti.
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Michele D' Apolito says:
Mar 25, 2013
Caro Fabrizio, la tua osservazione è molto importante ed acuta: il costo della politica è anche e soprattutto il costo indiretto della stessa, il suo essere pervasiva e deviante degli spazi di imprenditorialità privata.
non è possibile sopportare l’onere sfacciato di prebende fuori dal buon senso, ma è ancor più insopportabile e pericoloso il cappio che richiami nel tuo commento. il fatto è che la politica imbarca troppo spesso il peggio della società civile, quella che altrimenti non avrebbe molto da dire in un contesto privatistco di mercato. ed è chiaro che mediocrità ed ignoranza, molto spesso, si sposano con un senso dell’etica molto relativo.
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