Alla critica deve seguire la proposta. Dalle colonne di Labeconomy abbiamo aspramente criticato la riforma Balduzzi, priva di ogni vera ed efficace novità. Ci pare giusto ora avanzare ora alcune proposte di concreto rinnovamento partendo dalla figura “centrale” del sistema sanitario pubblico, quella del medico di base. Da questo punto di vista, invitiamo a riflettere su due questioni critiche, con impatto notevole sulla economicità del sistema oltre che sulla qualità dei servizi ai cittadini.
La prima: il medico si trova a dover riversare una gran parte del suo tempo nel soddisfacimento di obblighi burocratici incongrui e di nulla utilità ai fini della salute dei pazienti, come ad esempio la conta delle pastiglie per non sforare i 2 mesi di terapia, la compilazione di inutili moduli per avere i reattivi per il diabetico (da rinnovare annualmente, come se questi guarisse di colpo!) e moltissime altre amenità del genere. Tutto questo inutile fardello ruba del tempo prezioso che verrebbe proficuamente dedicato ai pazienti. Come se ne esce? Non servono chissà quali colpi di genio: basterebbe rivedere drasticamente il carico burocratico, snellendo tutte quelle incombenze pleonastiche e incoerenti con una sanità all’insegna dell’efficienza, generando così anche notevoli risparmi. Per citare un esempio, penso a tutti quei medici (e sono davvero tanti…!) che oggi hanno soltanto funzioni di inutile controllo burocratico a livello di ASL. Potrebbero trovare una ricollocazione professionalmente qualificante, ad esempio, nella gestione domiciliare del paziente (bisogni del cronico), generando un netto risparmio economico: si eviterebbero tante ospedalizzazioni per gestire i pazienti con, ad esempio, la necessità di trasfusioni a domicilio, ma potrei citare altre centinaia di esempi simili.
Seconda questione critica: sul medico pende sempre il ricatto della revoca. Quante volte capita di sentirsi dire: “dottore voglio fare questo esame!” e tu come medico sai che è una spesa inutile, oltre che una richiesta infondata nel merito. Quindi lo neghi, ed ecco che il giorno dopo il paziente ti revoca per iscriversi nelle liste di un collega vicino, che lo accontenta buttando alle ortiche la dignità professionale. Questo avviene anche perché oggi il medico di famiglia è una figura ibrida, un “parasubordinato” che viene retribuito in base al numero di pazienti (la famigerata “quota capitaria”) e questo status porta in molti casi ad un atteggiamento troppo accondiscendente e non sempre professionale. Come affrontare il problema? La strada più corretta, a mio avviso, sarebbe quella di portare il medico di base alle dirette dipendenze delle ASL. In questo modo, il medico potrebbe lavorare con maggiore serenità utilizzando le sue capacità per una seria gestione del paziente. Con un notevole ritorno economico per il SSN, rappresentato da un netto risparmio su esami e terapie spesso inutili o molto discutibili; che tra l’altro spesso vengono proposte (e talvolta psicologicamente “imposte”) dai vari specialisti, preoccupati più di evitare una denuncia che di approcciarsi al paziente secondo serie linee guida internazionali.
A proposito: proprio le linee guida internazionali dovrebbero rappresentare un binario sicuro per il medico, che lo metta al riparo da denunce infondate o da pressioni di qualsivoglia natura. Pertanto dovrebbero assumere anche una validità giuridica, che permetta al medico che le segue, sempre con scienza e coscienza, di sentirsi al riparo da pretese assurde.
Spero di essere riuscito, nei limiti di spazio disponibili, a suggerire l’idea che potrebbero bastare alcuni interventi mirati ad ottenere notevoli benefici di qualità e di efficienza economica. Detto questo, ci si potrebbe prioiettare anche molto più avanti: la sanità pubblica potrebbe anche essere oggetto di una vera rivoluzione epocale, ma questo sarà argomento del prossimo articolo.
6 comments
luca p says:
Mar 18, 2013
Molto interessante. Mi ha colpito molto il riferimento alle linee guida internazionali, in effetti mi sono sempre chiesto perchè non ci possano essere dei “protocolli” per i medici come ci sono per i processi aziendali. Mi piacerebbe sapere cosa osta a livello legislativo, e se davvero non ci sono resistenze nella stessa categoria.
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Monica Landro says:
Mar 18, 2013
Anche io trovo molto interessante questo articolo e ricco di spunti di riflessione, soprattutto all’ultimo capoverso! La rivoluzione epocale a livello di sanità pubblica ci vorrebbe proprio.
Ci tengo però a precisare che la famosa e vecchia battuta sull’essere medico della mutua, cioè colui poco attento al reale problema del paziente, a volte ha riscontro con la realtà. Come mai vige da così tanti anni -e senza mai riuscire a smentirla- questa teoria sul medico di base? Perchè vi è il luogo comune che sia superficiale nelle diagnosi, ecc? Se è vero che su di lui pende il ricatto della revoca, potrebbe anche essere vero che il suddetto medico, non essendo pagato a visita, si possa permettere di avere un atteggiamento un po’ superficiale. Tanto poi, ci penserà lo specialista da cui sarà inviato il paziente ad approfondire la questione. Naturalmente munito della sua bella impegnativa.
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pietro collini says:
Mar 19, 2013
@ Luca: le linee guida sono molto benvolute dai medici, che chiedono anche che diventino un punto fermo nella gestione dei pazienti e anche un paracadute in caso di controversie giudiziarie. Purtroppo sentenze, anche in cassazione, hanno sposato la teoria che non siano sufficienti a mettere il medico al riparo. Da qui l’esplodere della “medicina difensiva”
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pietro collini says:
Mar 19, 2013
@ Monica: appunto, vecchia battuta. Risale ai tempi del famoso film di Sordi, quando i MMG potevano avere in lista un numero sterminato di pazienti. Allora si parlava di medici con 5.000 e più pazienti. Ovviamente per soddisfare una domanda del genere il medico aveva a disposizione pochissimo tempo per ogni malato e quindi…
Oggi la figura del MMG è sicuramente cambiata molto in meglio, anche se alcuni pazienti ritengono che sia utile solo per le ricette e non per farsi carico dei propri problemi. Sono proprio questi ultimi che continuano a saltare da un medico all’altro, alla ricerca della ricetta scritta senza fiatare, ma sono anche quelli che, giustamente, non possono lamentarsi se il medico, demotivato nei loro confronti, li tenga come “pazienti numero”, utili solo per un ritorno economico.
Per il discorso dello specialista, ti rimando alla prossima pubblicazione, dove esporrò un sistema sanitario, magari utopico, ma sicuramente rivoluzionario.
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aureliano says:
Mar 19, 2013
Comprendo il ragionamento del dott. Pietro, mi metto nei panni del medico che da un lato deve fare il “burocrate” per lo Stato e dall’altro gli viene detto che è un libero professionista. E’ evidente il disagio di lavorare in questa posizione ibrida.
Però leggendo l’articolo mi viene qualche dubbio che trasformare il medico in dipendente dell’ASL possa essere una soluzione, per un motivo semplice. Oggi il medico dovrebbe essere stimolato ad offire la massima disponibilità per “mantenere” i pazienti. Un domani, da “impiegato”, chi garantisce che l’atteggiamento verso i pazienti resti lo stesso? Ci sarà chi sarà ancora più professionale; ma ci potrà essere anche quello che si “siede” sul nuovo status, risparmiando – per così dire – le energie. E i medici scrupolosi si troverebbero a fare anche il lavoro degli altri… non mi sorprenderebbe.
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pietro collini says:
Mar 19, 2013
Penso che il rapporto di lavoro dipendente sia più di stimolo, che non di destrutturazione.
Il medico ospedaliero docet. Certo dovunque si può nascondere la pecora nera.
Vi invito a leggere qui:
http://modimeg.it/?page_id=1164
Grazie per l’attenzione
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