Silenzio. Quando compare alla finestra, non lo riconosciamo. All’inizio sembra un po’ intimidito, è normale, è un uomo anche Lui. Ma la figura trasmette un senso di solidità, di fermezza. Comincia a parlare, l’accento mi è familiare, è l’accento caldo del Latinoamerica. Un accento che tocca le corde della simpatia, che sembra fatto apposta per sintonizzarsi con l’altro. “Voglio chiedervi un favore, pregate per me”: questa cosa mi emoziona molto, il Papa mi chiede di pregare per lui, lui a me… sento misteriosamente il soffio di una vicinanza, di qualcosa di nuovo che sta per arrivare. “Buonasera, ci vediamo domani”.

E’ un Papa gesuita. Mi faccio un’idea: è un educatore, un insegnante, forse anche un pochino severo (ne so qualcosa…). Ma non moralista, predicatore, dogmatico. E al contempo un evangelizzatore, uno che esce dal convento, che va nel mondo.  Agganciato ai tempi e alla modernità. Mi ricorda, d’istinto, due figure straordinarie: il mio insegnante di religione, che trent’anni fa ci diceva cose che ancora oggi sarebbero rivoluzionarie. E Carlo Maria Martini, il padre umile e intelligentissimo che è rimasto nel cuore di noi milanesi.

E’ un Papa fuori dalla Curia. “La Curia romana ne esce sconfitta” sento dire. Non so bene cosa voglia dire. Però l’impressione che il “palazzo” si fosse un po’ arroccato e chiuso in se stesso francamente c’è stata. Il desiderio che le finestre vengano aperte è un sentimento che avverto nella Chiesa. E improvvisamente assume un significato straordinario, fortissimo, il gesto di papa Benedetto, che confesso di avere riscoperto nella sua saggezza e nel suo coraggio con la decisione finale.

Ma soprattutto è un Papa dell’America Latina, una parte del mondo a cui sono particolarmente legato. Sogno un po’ ad occhi aperti, e si accende una speranza. Che il nuovo Papa ci porti un po’ di quella “leggerezza buona”, di quella semplicità che ci invadono il cuore non appena giungiamo in quelle terre. Che ci porti, in questo momento di cupezza e mancanza di prospettive per la nostra vecchia Europa, un po’ della forza di quei popoli: che riescono a vivere bene anche con poco, che sanno come evitare che la mancanza di tante cose (e a volte la vera povertà) si trasformi in disperazione. Nei momenti più bui, può sempre partire una musica per rigenerarsi e dimenticare, magari le note di un tango…

Certo Francesco, pregheremo per Te. E per noi: perché la fine del mondo ci porti un nuovo inizio.

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