Alzare il debito pubblico o sarà il disastro per l’economia: il Presidente Obama usa toni drammatici per convincere i repubblicani ad alzare nuovamente l’asticella del debito americano. Il braccio di ferro è durissimo, potrebbero esserci ulteriori tagli alla spesa sanitaria dopo quelli drastici già fatti nel 2011. Le agenzie di rating pronunciano parole inimmaginabili fino a pochi anni fa: gli Stati Uniti potrebbero perdere la tripla A per eccesso di debiti. Ebbene, in questo quadro esce sulla stampa internazionale una notizia che merita un grande rilievo: vengono messi in campo ben 1800 programmi di sostegno all’economia nazionale, per una spesa totale di 80 miliardi di dollari all’anno. Programmi finanziati quasi interamente dallo Stato federale e dai singoli Stati, e quindi dal debito pubblico.
I programmi hanno diverse forme: sgravi fiscali, aiuti a particolari settori, incentivi per riportare in patria produzioni delocalizzate. Tutti gli Stati vi partecipano: la parte del leone spetta al Texas con 19 miliardi (metà del bilancio dello Stato!), seguito da Michigan con 6,6 e Pennsylvania con 4,8 miliardi. Tra gli Stati si innesca una vera e propria competizione a portare le aziende sul proprio territorio: accade così che il Kansas paghi 36 milioni ad un gigante delle sale cinematografiche perché sposti la sede al di qua del confine con il Missouri. Nike ha ottenuto sgravi fiscali per 30 anni dallo Stato dell’Oregon, a patto di non trasferire il proprio quartier generale. Twitter ha ricevuto 22 milioni per non andarsene da San Francisco. Gli aiuti valgono per tutti, comprese le aziende con i conti da fare invidia ad uno sceicco: ne hanno usufruito anche Microsoft, Amazon e la stessa Apple, che ha ottenuto 119 milioni, a fronte della promessa di investirne 100 per riportare in America la produzione di un Mac.
C’è davvero di che riflettere per l’austera Europa: la ricetta scelta dagli USA per rilanciare l’economia sembra diametralmente opposta. Qui si discute inutilmente da anni di eurobond, là è una gara a chi mette più incentivi. Qui si ragiona tutti i giorni di crescita, ma si vorrebbe ottenerla senza metterci soldi. Là di soldi ne vengono messi a pioggia, con buona pace del debito pubblico. E quando si raggiunge il limite, si tagliano gli incentivi? Nemmeno per sogno, si aumenta il tetto del debito. Chi avrà ragione? Conosco la risposta di tanti imprenditori italiani che stanno trasferendo le loro aziende negli Stati Uniti. Personalmente non ho una risposta definitiva, e consegno il quesito al dibattito.
8 comments
andrea dal santo says:
Gen 16, 2013
Sono due approcci diametralmente sbagliati. Le politiche espansive sono come l’anestetico: tolgono il dolore, ma non curano il problema. Lo stallo dei sistemi decisionali politici in Europa, sebbene meno evidente sulla stampa Europea, ma ormai visibile negli Stati Uniti sta corrodendo le rispettive economie. I decision-makers a tutti i livelli dovrebbero chiedersi se si può “fare di più” “sperperando di meno”. Con i risparmi potremmo pagare bene coloro che sono chiamati a fornire alcune innovazioni indispensabili per il progresso umano del XXI secolo.
david p says:
Gen 17, 2013
Andrea, è preziosa la tua visuale da New York e sottoscrivo il tuo approccio al 100%. Come scrivo anche nel mio editoriale di lunedì, qui da noi il problema è sostanzialmente quello di affrontare con serietà il problema della spesa pubblica. Non per massacrare il welfare (il cui costo, mi piace ricordare, è più o meno in linea con la Germania)ma per colpire le sacche di privilegio e le inefficienze a tutti i livelli che NON CI POSSIAMO PIU’ PERMETTERE. Ci fosse qualcuno che ne parla in campagna elettorale!!!
stradivari says:
Gen 17, 2013
@ David P: l’unico che parla di eliminare spesa pubblica e privilegi è Beppe Grillo. Il suo problema è che non può accreditarsi come un movimento politico affidabile, almeno dalle premesse. E’ anche vero che tutti quelli che fino ad oggi ci hanno governato sono altrettanto inaffidabili…mah…
lorella pozzi says:
Gen 17, 2013
Appunto, come ne veniamo fuori?
Pdl e Lega hanno avuto maggioranza elettorale per farlo ma si sono scontrati al loro interno ponendosi veti incrociati
david p says:
Gen 18, 2013
Stradivari, quando Grillo lancia i suoi strali contro “lo Stato corrotto e sprecone” è molto efficace e colpisce nel segno. D’altronde, chi potrebbe dargli torto?
Il problema, a mio avviso, è un altro. Se davvero hai delle buone ricette per uscire dal tunnel, non basta enunciarle per punti su un blog come fossero le “tavole della legge”. Non basta nemmeno arringare la folla dal palco. Occorre accettare il contraddittorio con le altre forze in campo e convincere i cittadini della validità delle tue idee e delle persone che le rappresentano.
Questa credo che sia la base della democrazia.
Senza temere che qualcuno dei tuoi possa fare brutta figura o essere manipolato dal sistema: la forza delle idee non teme il confronto.
Lo dico con sincera simpatia verso un movimento indubbiamente pieno di persone serie, preparate e con tanta voglia di fare per il proprio Paese.
gino berto says:
Gen 18, 2013
Un oceano divide i due blocchi geografici. Da una parte si può stampare moneta, dall’altra no. Da una parte c’è un elevato senso di appartenenza all’Unione fra Stati, dall’altra è minimo; da una parte c’è un elevato decision making, dall’altra una fitta burocrazia. Ecco quindi che negli Stati Uniti possono essere messi in campo quasi 2000 progetti, rapidamente vagliati e … pronti via sovvenzioni, sgravi, incentivi per implemetare quanto progettato. Facciamo un confronto con l’Europa e soprattutto con l’Italia: quante chiacchere sullo sviluppo e quanto poco o niente è stato fatto! E che dire della riduzione della spesa pubblica, che tante risorse potrebbe mettere a disposizione dello sviluppo? Tutti dicono la loro, persino quelli che hanno avuto a disposizione il Palazzo dei bottoni per anni e anni!! Che fare allora? Auguriamoci che la prossima legislatura si ponga pochi importanti progetti, e fra questi, quello di cambiare in 5 anni un sistema che è marciscente, interessato, opaco, in continuo conflitto d’interessi con l’elettorato. Adesso tocca a noi scegliere le persone giuste per questo cambiamento.
igor leone says:
Gen 26, 2013
Gli Stati Uniti prima di tutto possono permettersi di avere sempre più debiti perché la loro moneta à utilizzata in tutti gli scambi internazionali e tutti i paesi al mondo ne detengono delle scorte.
Il fatto di aumentare il tetto massimo auto-imposto é una cosa che da noi non esiste (almeno non negli stessi termini a livello europeo) ma soprattutto l’euro in quanto moneta ha provato non essere un vero competitore del dollaro (tutti i paesi stanno aumentando le riserve di oro fisico perché detenere solo dollari, euro o yen é troppo rischioso, inutile e non remunerativo).
Ma il problema principale dal mio punto di vista é che continuare a vivere a credito e aumentarne anche la massa, apre sempre di più la forbice tra ricchi e poveri.
Mi spiego: i vari quantitative easing o emissioni di obbligazioni o altri sistemi grazie ai quali gli Stati ottengono i finanziamenti di cui hanno bisogno (ormai per le spese correnti e non solo per progetti) danno tutti luogo a pagamento di interessi.
I soldi vengono quindi prestati da chi ne ha (non scordiamoci che il 2012 ha visto un picco nella creazione monetaria al mondo) e quindi sono le stesse organizzazioni che raccolgono gli interessi.
Ma questi interessi, come vengono pagati dagli Stati? Naturalmente grazie alle tasse che versano (principalmente) i lavoratori della classe media e imprenditori.
C’é quindi un flusso immenso di soldi che partono dalla popolazione verso lo Stato e poi verso gli investitori (che solo in minima parte sono gli stessi contribuenti).
Sicuramente il sistema europeo, diametralmente opposto, non é migliore, ma ha almeno il vantaggio di voler a termine diminuire l’indebitamento pubblico, quindi gli interessi pagati e anche il potere che hanno i grandi investitori sulle decisioni economiche, politiche e monetarie degli stessi Stati.
david pierantozzi says:
Gen 26, 2013
@Igor, la tua analisi è molto stimonante. Mi vede d’accordo in buona parte, ma non in toto. Credo anch’io che il nostro debito pubblico abbia raggiunto livelli di guardia e che sarebbe da irresponsabili non agire per un suo graduale contenimento. Specialmente nei confronti dei giovani e delle future generazioni.
Personalmente però ritengo che alcuni correttivi siano possibili rispetto a questo meccanismo perverso:
1. Il costo del debito non è fisso ma è variabile in funzione di tanti fattori, tra i quali l’affidabilità di un Paese. Ricordo che il Giappone è più indebitato di noi ma riconosce tassi di interesse molto bassi in ragione di una percezione generale di grande affidabilità. Alla quale concorre anche il fatto che il suo debito pubblico è per la gran parte in mano agli stessi giapponesi.
2. Non è scontato che le risorse per il costo del debito debbano essere drenate dalla tassazione del lavoro di cittadini e imprese. Al riduzione si potrebbe conseguire anche in altri modi, e precisamente: tagliare la spesa pubblica improduttiva destinando quelle risorse alla riduzione del debito; utilizzare il patrimonio attivo dello Stato, quello inutile e non redditizio, per l’abbattimento del debito.