Lasciamo il 2012 con lo spettro “dell’incompiuto”. La fine anticipata e burrascosa di questo governo farà mancare all’appello ben 370 dei 477 regolamenti attuativi di gran parte delle riforme varate dai tecnici di Monti in questo anno di attività. Le materie sottoposte al rischio di restare sulla carta sono quelle delle liberalizzazioni (deregolamentazione delle attività economiche), delle politiche del lavoro (riordino dei servizi per l’impiego), della spending review (piano di dismissioni di beni pubblici) e della crescita (il nuovo fondo sviluppo del piano Giavazzi). Tutte queste riforme prossime al traguardo mancano di un tassello nell’iter conclusivo sia esso il passaggio in Consiglio dei Ministri, o al Consiglio di Stato o del parere della commissione parlamentare competente. Il loro destino dunque resta dunque totalmente incerto e di fatto demandato alla volontà del prossimo Parlamento.
Questo stato di cose mi ha fatto riflettere sulla complessità del nostro sistema legislativo, che tra la selva fittissima delle fonti (Costituzione, leggi Costituzionali, norme comunitarie, leggi ordinarie, leggi regionali, regolamenti etc) e procedure profondamente macchinose fanno perdere la bussola anche al più esperto giurista. E’ un aspetto sul quale in un futuro non molto lontano bisognerà porre rimedio. Mi riferisco in particolare ai procedimenti di creazione della norma: un iter incredibilmente tortuoso, segnato da continui rimpalli tra una Camera e l’altra. Una complicazione che ha condotto giocoforza negli anni ad un aumento spropositato dei decreti legge, strumento più rapido perchè di competenza del Governo ma che dovrebbe essere legato solo ad esigenze di assoluta straordinarietà .
Tra le tante cose urgenti da fare su questo punto, ritengo se ne dovrebbero iscrivere assolutamente almeno due. La prima: il superamento del bicameralismo perfetto. Che senso ha oggi mantenere due Camere con le stesse funzioni, se non quello di assicurare alla classe politica una duplicazione delle poltrone disponibili? La seconda: in tutti i casi possibili (e non sono pochi) le leggi dovrebbero contenere già in sé gli elementi per la loro concreta attuazione, senza dovere attendere ogni volta la via crucis di decreti successivi. Due “interventi di sistema” che mi sembrano frutto di buon senso prima ancora che di raffinate discussioni giuridiche, senza i quali anche la più seria delle “agende riformatrici” è destinata ad impantanarsi senza rimedio. Ma mi rendo conto che forse stiamo chiedendo troppo ad una classe politica di questo sublime livello. Buon 2013 a tutti.
5 comments
luca p says:
Dic 28, 2012
Aggiungo all’elenco: congelato per un anno l’accorpamento delle Province. E’ la cosa che più mi ha indignato. Da forconi!
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aureliano says:
Dic 28, 2012
La Costituzione italiana proprio in questi giorni viene santificata in TV. Ma io dico: modificare una legge del 1947, per quanto nobile, deve essere un tabù?
Ricordo che il bicameralismo PERFETTO (nb! non il bicameralismo) esiste solo in Italia. Forse ci sarà un motivo! E cosa ci costa non solo in termini economici, ma di tempi infiniti di approvazione delle leggi??
Siamo nell’epoca del web e lo Stato funziona secondo regole post belliche.
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gino berto says:
Dic 29, 2012
Non ho capito in che cosa consista il bicameralismo perfetto, visti i risultati! Ma sono altresì convinto che “la casa di un amico non è mai troppo lontana”, ovvero tutto si fa se vi è la convinzione a farlo. Di converso, ogni codicillo è utile a bloccare o rallentare percorsi non voluti, e così la colpa è di tutto e di tutti, anche della Costituzione.
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spartaco says:
Dic 29, 2012
Amici apriamo gli occhi. A me pare evidente che ci sia del dolo: per tenere buona l’opinione pubblica, si fa finta di approvare delle leggi tipo liberalizzazioni o spending review o abolizione province BEN SAPENDO che tanto si potrà facilmente insabbiare tutto più avanti. Questo meccanismo arzigogolato e’ strumentale al sistema!
Un altro modo elegante per …. Ingannare i cittadini!!!
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alessandro m says:
Gen 3, 2013
a questo punto ritengo che la questione nasca dalla cultura di un popolo. In tutto il mondo non troviamo le stesse sensibilità ai temi civici. Così come esistono i paesi latini, i paesi nordici, le culture asiatiche ed arabe, esistono pure concezioni diverse di Stato. Qui esiste un concetto: ognuno per sè e che vinca il più scaltro. Ci si aspetta sempre un aiuto da qualcun altro (leggasi Stato) ma lo Stato è fatto da tutti noi. Il sistema sta in piedi, malamente, fino a quando gli onesti sopravanzano gli disonesti. Dopodichè tutto si avvita e crolla.
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