L’accordo raggiunto giovedì a Bruxelles ha una grande portata. Le principali banche europee, quelle che hanno più di 30 miliardi di attivo (sono più di 200) saranno sottoposte al controllo della Banca Centrale Europea e non più delle Banche Centrali nazionali. Indubbiamente un passo avanti per la solidità del sistema finanziario, per almeno due motivi. Il primo: c’era il fondato sospetto che le istituzioni nazionali di vigilanza fossero troppo “indulgenti” con le primarie banche del loro stesso Paese. Il secondo: quando una banca si troverà in grave difficoltà, l’intervento di salvataggio non verrà più operato dal governo di un singolo Paese, con pesanti conseguenze sul relativo bilancio e debito pubblico, ma dall’Europa attraverso l’apposito fondo di salvataggio (ESM). Per intenderci, su un caso tipo Monte Paschi sarebbe intervenuta l’Europa.
Restano da risolvere un paio di problemi tecnici. La “potenza di fuoco” del fondo di salvataggio, intorno ai 500 miliardi di euro, non è al momento adeguata al compito. Ricordo che, da un calcolo per difetto, le sofferenza bancarie della sola Germania superano i 200 miliardi di euro e noi veleggiamo intorno ai 120 miliardi. Un’altra perplessità riguarda le banche più piccole: verranno vigilate dalle istituzioni nazionali, ma la BCE potrà comunque intervenire come “supervisor del supervisor” con un meccanismo che appare un po’ farraginoso. Mi sembrano aspetti facilmente superabili, una volta imboccata la direzione si tratta soltanto di scaldare il motore e oliare la macchina.
Detto questo, non riesco però ad unirmi al coro di quanti considerano l’unione bancaria un fatto salvifico per i destini dell’Europa. E’ evidente, l’idea di fondo degli euro-registi è sempre la stessa: prima unifichiamo i portafogli con la moneta unica, poi puntelliamo il sistema attraverso le banche, il resto seguirà. Ma ne siamo proprio sicuri? Personalmente nutro forti dubbi, per un motivo molto semplice: non vedo manifestarsi un popolo europeo e soprattutto un sentimento europeo. La dimostrazione? Nemmeno un decimo dell’energia spesa per “unificare la finanza” viene investita su temi fondamentali quali la politica estera, la sicurezza, la difesa. Per non parlare di giustizia, politiche sociali, ricerca, cultura. Ogni volta che si discute di queste cose, non si avverte la presenza di un popolo ma piuttosto di una serie di Stati che vanno in ordine sparso a promuovere i propri interessi. Un esempio per tutti? La penosa vicenda della Libia. A volte penso che stiamo alimentando un corpo senz’anima. E un corpo senz’anima non può andare lontano.
9 comments
Anonimo says:
Dic 15, 2012
un corpo senz’ ANIMA….è materia del …diavolo
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stefano recchione says:
Dic 15, 2012
ciao, condivido l’amara chiusura dell’articolo essendo la finanza al primo posto nella agenda dell’Europa. Quando arriverà il resto? Intanto l’unico accordo politico è accontentare i mercati e battere subito cassa con le misure di austerità … L’Unione bancaria si baserà su 3 pilastri: Vigilanza Unica, meccanismo comune di tutela dei depositi e risoluzione di crisi bancarie (regole comuni di salvataggio o fallimento). L’accordo raggiunto è oggi sulla Vigilanza Unica (dovrebbe entrare in vigore da Marzo 2014) ma la strada è ancora lunga: per il resto si litiga a causa degli interessi dei singoli stati da tutelare. In particolare, la garanzia comune dei depositi europei(si parla di circa sei mila miliardi di euro) è a prima vista un impegno finanziario spropositato per iniziare una discussione concreta.
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alice franco says:
Dic 15, 2012
Sono molto d’accordo con questo articolo, non saprei giudicare i dettagli tecnici in ambito bancario, ma sottoscrivo l’ultimo paragrafo. Aggiungo che il popolo europeo lo crei un po’ col tempo in modo fisiologico, ma soprattutto dev’essere supportato da politiche culturali di scambio e conoscenza reciproca. Penso al programma Erasmus, che incredibilmente vogliono affossare, e che invece dovrebbe essere obbligatorio per tutti. E se possibile bisognerebbe andare al di fuori dell’Europa per riconoscersi europei. Io, che pure sono nata quando ancora c’era la lira, ho sempre dato per scontato che l’Europa fosse un territorio unico senza barriere, eppure mi sono resa conto della mia essenza culturale europea quando sono andata in Giappone e mi sono confrontata con gruppi di ragazzi provenienti da varie parti del mondo. Mi spiace pensare che questa opportunità sia concessa solo ai giovani che hanno il privilegio di viaggiare. Ma se così dev’essere, allora che sia uno sprone in più al ricambio generazionale della classe dirigente. Non diventeremo mai europei se veniamo guidati da chi non è europeo nel cuore dalla nascita.
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david p says:
Dic 16, 2012
Grazie Alice per averci riportato la tua esperienza personale. Una conclusione su cui c’è davvero molto da riflettere.
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monica l says:
Dic 17, 2012
Indubbiamente l’unione bancaria è un fattore positivo, ma mi unisco al coro di tutti i commentatori. Per “salvare” l’Europa ci vuole CUORE. E il cuore sta nello scambio “umano e culturale”. Il cuore sta nell’affetto che si deve provare per ogni singolo stato del vecchio continente. Il cuore sta nell’amore per l’istruzione, che sta alla base dell’amore “corretto, equo e retto” per il benessere economico dell’intera Europa. Non è l’euro o la lira a fare la differenza, ma l’idea condivisa del “tutti per uno” che va insegnata quando si fa (faceva!??!?!) educazione civica a scuola (PAROLONE!!).
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david p says:
Dic 17, 2012
Sarebbe bello domandarsi come “riscaldare” questo organismo freddo, incapace di suscitare emozioni se non quella della paura del default!
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gino berto says:
Dic 17, 2012
Troppo bello e facile se gli USE dipendessero dall’unione bancaria. Saremmo già a buon punto. Ed invece siamo qua a disquisire e soprattutto a prendere atto di quanto siamo lontani..ahinoi! E la certificazione della strada lunga da percorrere ce l’ha data Alice con il suo statement “Non diventeremo mai europei se veniamo guidati da chi non è europeo nel cuore dalla nascita”. Ci vogliono anni allora per spazzare via quantomeno le generazioni più vecchie, con la loro cultura egocentrica: e speriamo che sia sufficiente! perchè le radici culturali di ciascun paese sono lontane, profonde e riaffiorano appena possibile. La cartolarizzazione dell’Europa in questi ultimi anni lo testimonia: pensiamo a quanti nuovi stati sono nati, proprio perchè non vogliono niente in comune con altri. L’unita Jugoslavia, dopo guerre atroci, si è divisa in 5 o 6 nuovi stati, e così all’Est e così in altre parti. Se anche fra Stati europei “avanzati” si parla ancora di “Southern countries” quando si vuol indicare i terroni italiani e spagnoli, quando davvero i latini si sintonizzeranno con i goti, visigoti, ostrogoti e sassoni?
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david p says:
Dic 17, 2012
Ahimè Gino anche all’interno dello stesso Paese capita che molti vedano ostrogoti e visigoti addirittura tra i concittadini. E – doppia tristezza – non sempre e soltanto da parte delle generazioni più anziane.
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gino berto says:
Dic 18, 2012
E’ vero, ho trascurato i nostrani. Ma non voglio sprecar parole per chi ha come motto “noi ce l’abbiamo duro”. I goti, visigoti ed ostrogoti alla fine in Europa qualcosa hanno fatto, ma questi….?
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