Si possono unire le forze per battere la crisi? Si possono trovare forme concrete di collaborazione per essere competitivi e vincenti sui mercati di tutto il mondo? Sembra proprio di sì. Un gruppo di piccole aziende metalmeccaniche di Brescia lo sta facendo con indiscutibile successo, ormai da alcuni anni, attraverso lo strumento della “rete di imprese”. A raccontarcelo è Vittorio Ori, appassionato animatore e coordinatore del progetto Five For Foundry. A Vittorio va il ringraziamento particolare di Labeconomy per la disponibilità a renderci partecipi di questa straordinaria esperienza di vitalità e intelligenza delle piccole imprese italiane.

1. Ci racconta come nasce il progetto Five For Foundry?
Il progetto nasce nel 2008 come aggregazione di cinque piccole aziende bresciane nel settore delle macchine per fonderie. Allora non esisteva ancora il concetto di rete, ma l’idea era che insieme potevamo fronteggiare meglio la crisi. All’inizio c’era un certo scetticismo, anche perché non sapevamo esattamente cosa potevamo fare insieme. Con l’arrivo dei risultati, la convinzione è cresciuta. Nel 2009 abbiamo firmato il contratto formale di rete, dando vita al primo progetto di rete d’impresa in Lombardia nel settore metalmeccanico. Ben presto ci siamo dotati di un regolamento operativo interno, decisamente più snello, che per noi rappresenta una sorta di  “dieci comandamenti”.

2. Qualcuno pensa che la rete sia un’idea teorica e fumosa. In concreto, voi cosa avete fatto?
Tutt’altro! Noi per prima cosa abbiamo unito le forze commerciali: se prima ognuno si presentava come singolo fornitore, adesso i nostri agenti hanno a disposizione una filiera completa di fornitura. Attraverso un meccanismo incentivante, abbiamo fatto in modo che l’agente di una certa azienda abbia interesse ad introdurre gli altri agenti presso un suo cliente. Una ulteriore parte di provvigione viene versata in un “fondo di rete” per le spese comuni (fiere, cataloghi ecc.). Altra operazione importantissima è stata l’accentramento dell’ufficio acquisti: le quattro principali categorie di prodotti che acquistiamo (circa 11 milioni) sono gestite da un solo buyer e questo ci ha consentito un risparmio del 3% circa sul totale. Ogni azienda mantiene comunque la propria autonomia, ma difficilmente riesce a spuntare le stesse condizioni della rete.

3. Qual è la realtà attuale di Five For Foundry?
Oggi la rete è composta da 11 aziende italiane e 3 straniere, una francese, una ceca e una polacca. La scelta strategica di includere le aziende straniere è risultata vincente. Quella francese in particolare è una società commerciale che ci ha permesso di entrare in un mercato molto chiuso e nazionalista. L’azienda ceca è una società di service sita in un distretto dove sono concentrate tutte le grandi fonderie europee. I numeri ci danno ragione: nel 2011 abbiamo realizzato un +37%. di fatturato consolidato (pari a circa 64 milioni) direttamente riconducibile alla rete. Includendo le imprese estere, la rete conta 645 dipendenti per 115 milioni di fatturato. Oggi lo scetticismo iniziale è totalmente scomparso e nessuno uscirebbe dalla rete, anzi abbiamo continue richieste di aziende che vorrebbero entrare.

4. Come giudica il contratto di rete? Quali miglioramenti legislativi potrebbero essere apportati?
Da qualche mese la legge consente di aprire la partita iva e di poter fatturare come rete. Ma a quel punto la rete è di fatto assoggettata alle regole di una normale società. In assenza di particolari vantaggi, noi abbiamo deciso di continuare come prima. Credo che per favorire le aggregazioni tra imprese si dovrebbero prevedere incentivi e agevolazioni, altrimenti tanto vale aprire una srl o una spa. Un altro aspetto è quello fiscale: la legge prevede la defiscalizzazione degli utili entro certi limiti, di cui noi abbiamo usufruito. Il paradosso è che ad oggi la Commissione Europea l’ha dichiarata inammissibile; rischiamo quindi di vederci riprendere a tassazione delle somme che in base alla legge non dovrebbero essere tassate!

5. Come vi regolate nei rapporti con le banche? C’è qualche vantaggio a presentarsi come rete?
Noi abbiamo avuto un beneficio chiarissimo. Abbiamo concluso accordi con un primario istituto di credito in questo senso: quando un’azienda della rete, che fa da capocommessa, acquisisce un contratto, tutte le altre aziende possono finanziare la propria parte alle medesime condizioni. E vi assicuro che sono condizioni nettamente diverse rispetto a presentarsi come singola azienda. Inoltre le condizioni vengono poi mantenute per altri progetti anche fuori dalla rete. Lo stesso istituto ci ha anche messo a disposizione i propri uffici all’estero per incontrare i nostri potenziali clienti. In India, ad esempio, non disponendo di sedi nostre, abbiamo incontrato i buyer di una importante industria automobilistica negli uffici della banca, con un grande beneficio d’immagine.

6. Una battuta finale: come crede che il nostro Paese potrebbe riprendere la via della crescita?
Credo che siamo solo all’inizio della crisi. Vedo ancora 3-4 anni di tempi duri. La prima cosa da fare secondo me è aiutare le piccole e medie imprese, che sono la stragrande maggioranza nel nostro Paese. Giusto per indicare due aspetti tra i tanti: supporto alla internazionalizzazione e la lotta alla burocrazia. Eliminando parte di questi costi, si liberano risorse per assumere personale. Ad esempio io assumerei subito un manager di rete: una figura nuova, che faccia da coordinatore tra le varie aziende della rete. C’è un lavoro enorme da fare e chi ha governato fino ad oggi non ha tenuto in considerazione il vero valore delle PMI nel nostro Paese. Ma in fondo resto convinto che l’Italia abbia risorse straordinarie…. e in qualche modo alla fine ne verremo fuori.

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