La retromarcia è di quelle clamorose. Monti ha profanato il tempio, osando dire che l’invecchiamento della popolazione, insieme alla mancata crescita, potrebbero portare il sistema sanitario al default, se non si cambieranno le modalità di “finanziamento e organizzazione”. Apriti cielo. Il fuoco di sbarramento è violentissimo. Partiti, sindacati e associazioni di ogni genere si armano e partono all’attacco. La sanità pubblica non si tocca. Il premier nel giro di poche ore è costretto a precisare: “mai detto una cosa del genere”. Il ministro: “mai nemmeno pensata”.

La realtà è che la Sanità pubblica è già, in buona parte, privatizzata. Nel senso che una grande mole di prestazioni per il Sistema Sanitario Nazionale sono svolte, di solito efficacemente, presso Case di Cura private convenzionate con il SSN. Semmai il problema è che queste prestazioni, che già sono erogate con tariffe convenzionate molto risicate, vengono rimborsate dal SSN con molti mesi di ritardo e ultimamente addirittura con sospensioni del pagamento a tempo indeterminato. Questo lo sanno molto bene i medici, perché ha provocato la chiusura di reparti, la riduzione di letti, il licenziamento di medici e la sospensione di attività chirurgica, con sale operatorie inattive molti giorni al mese.

Dunque, il privato ha già pervaso la sanità, con buona pace di chi ne fa una questione di principio. Il punto è uno solo: se non si trovano i soldi, ahinoi, la situazione non potrà che peggiorare. Considerato anche il non proprio sgradevole aumento della vita media, una rimodulazione del sistema prima o poi sarà inevitabile. Forse sarebbe il caso di superare la logica del “chi tocca muore” e cominciare a discuterne seriamente, evitando l’abbraccio mortale delle ideologie.

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