Guardare il dibattito fra il Presidente Americano, Barack Obama, ed il candidato Repubblicano alla Casa Bianca, il Governatore Mitt Romney, sul network della Time Warner può essere terapeutico per un cittadino italiano in terra straniera. Per un attimo ci si sente in buona compagnia: non siamo gli unici ad annaspare con il problema del debito, delle tasse e della spesa pubblica; anche se negli Stati Uniti non c’è l’urgenza che c’è nel nostro Paese, per ora.
I temi del dibattito vertono prevalentemente sull’economia. Cascate di numeri si riversano a suon di trilioni di dollari sui milioni di spettatori che si stanno preparando a giocare il “lascia o raddoppia” della politica americana. Il Presidente Democratico ripete spesso la parola ‘classe media’ mentre l’aspirante Governatore Repubblicano gli fa eco con la parola ‘lavoro’, ma il dilemma americano resta lo stesso: come ridurre il debito pubblico e contenere il deficit promuovendo crescita e lavoro?
Le ricette sul tavolo sono due, la prima è l’Obanomics, più strutturale e di lungo periodo, che punta sulla riduzione della spesa militare e sull’aumento della tassazione dei più ricchi per finanziare welfare ed educazione per tutti. Dall’altra parte, la ‘Romnomics’ che propone un classico della politica americana: il benessere universale apparente fatto da un aumento dell’occupazione attraverso forti incentivi fiscali alle imprese. Evidenti le debolezze di entrambi. Sebbene il Governatore faccia centro sull’americano medio ricorrendo ad aneddoti tratti dalla vita quotidiana del tipico signor Rossi, egli non spiega come può riuscire a fare contenti tutti senza scontentare nessuno. Il Presidente, un po’accademico, argomenta e ribatte in modo meno preciso, ma è più coerente nei contenuti. Il ‘body-language’ è atipico, si parlano fra di loro, guardano poco la telecamera, e quindi comunicano poco con il pubblico a casa.
Indipendentemente da chi sarà il vincitore, esso fronteggerà i medesimi problemi, ma la solita ricetta questa volta non basta. Definire il ‘come’ farà rinviare il problema, chiedersi il ‘perché’ permetterà di risolverlo. Il corso della storia non sarà modificato né dal ricorso alla libera economia di mercato in un Paese dominato dalle lobbies e dagli oligopoli, né dall’impiego di una più estesa regolamentazione in una Nazione dove le regole sono ‘linee guida’. Il nuovo capitano dovrà chiedersi se le forze che dominano l’economia a livello micro e macro sono ispirate ai principi di correttezza ed equità, e se l’etica professionale (e politica) c’è o non c’è. Obama in questo ha un piccolo vantaggio, ma non basta.
7 comments
spartaco says:
Ott 7, 2012
Quando leggo queste belle analisi sulla politica americana, non posso fare a meno di pensare una cosa: là esistono due ricette chiare. Giuste o sbagliate, non voglio entrare nel merito. Però esistono. Una democratica: tassare i ricchi e tagliare le spese militari. Una repubblicana: favorire le imprese e ridurre le tasse. Due partiti, due opzioni. Da noi?? Quali sono le ricette? Confusione totale. Subentra la Germania, nel vuotoo totale detta l’agenda e i tecnici eseguono: grandinata di tasse, pensione a 100 anni, incentivi alle imprese azzerati. E vai!
david p says:
Ott 7, 2012
Ho letto che Romney si è dichiarato contrario al Dodd Franck Act, la regolamentazione del mercato finanziario (ed in particolare del mercato dei derivati) voluta da Obama ed entrata in vigore nel 201o. Spero di aver capito male. Il ritorno ad una condizione di mercato libero e selvaggio sarebbe una iattura non soltanto per gli USA, ma per il mondo intero.
andrea dal santo says:
Ott 7, 2012
Negli States i cittadini votano i loro rappresentanti. In Italia votiamo il partito ed il partito sceglie la persona. Non ci sono ricette per gli elettori, perché sono i partiti a scrivere il menu del giorno, producendo gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Per quanto riguarda la Dodd-Frank Act, per Romney, è tutta da rifare.
ace69 says:
Ott 8, 2012
Quello che più mi colpisce nelle campagne elettorali americane è la chiarezza del confronto. Non solo due posizioni politiche, come già è stato detto. Ma anche due persone, due famiglie, due first ladies, due storie, due stili, due modi di parlare con toni della voce e gaffes inclusi. Chi vince vince. L’altro solitamente sparisce – o quasi – dalla ribalta politica. La rottamazione della proposta perdente è velocissima, e la realizzano gli elettori. Da noi è un processo infinito, impossibile, che può durare anni ed il più delle volte alla fine… la compiono i magistrati!
Aureliano 67 says:
Ott 11, 2012
Una domanda per Andrea dal suo osservatorio privilegiato negli USA: qual e’ l’atteggiamento dei due candidati verso la vecchia Europa? che cosa dobbiamo augurarci?
Chiara Cattaruzza says:
Ott 16, 2012
Se non ho capito male, il primo dibattito era concentrato sulla politica economica. Il secondo (che dovrebbe essere oggi) includerà anche degli argomenti di politica estera, mentre nel terzo (che sarà il 22) si parlerà praticamente solo di politica estera. Magari in quelle occasioni verranno trattati anche temi riguardanti l’Europa Dico magari, perchè sembra che finora gli argomenti più discussi siano quelli riguardanti la difesa, anche perchè sono quelli su cui i candidati hanno opinioni più contrastanti.
andrea dal santo says:
Ott 12, 2012
I programmi dei candidati sono molto concentrati sui problemi domestici. Le parole più usate sono “gridlock” e “debt-ceiling”. L’Estero fa da cornice e se ne parla solo quando può creare problemi (o opportunità) per l’America. In questa campagna elettorale gli accenti sono sulla Cina e sulla politica militare. La mia impressione è che la politica americana sia pronta ad alzare la voce se le cose si mettono male in quanto un’Europa troppo debole nuoce alla geopolitica e fa male al ciclo economico americano.. Ma per cambiare marcia, possiamo contare solo su di noi..