Ci mancavano solo i fondi neri alla Lega per fare l’en plein! Francamente mi auguro che almeno questa accusa venga smentita. Sarebbe l’ennesimo durissimo colpo alla fiducia dei cittadini verso i partiti, già pericolosamente sprofondata sottoterra. Dalle indagini in corso sulla prima azienda manifatturiera pubblica, si profilerebbe infatti un sistema scientifico di fondi neri per ottenere commesse estere e finanziare la politica italiana, con tanto di conto segreto a Lugano e pagamento di parcelle milionarie a consulenti d’oltralpe e partiti politici (vari). Le solite miserie insomma, a cui non riusciamo ad abituarci e che riescono a farci indignare ogni volta di più. Ivi inclusa la vicenda del vecchio gruppo dirigente (Guarguaglini & C.), costretto alle dimissioni sull’onda delle indagini della magistratura, a cui sono comunque stati pagati svariati milioni di buonuscita.

Ciò premesso, non possiamo non commentare la notizia della trattativa in corso per la vendita di alcune realtà significative appartenenti al Gruppo Finmeccanica: pare sia in corso di definizione la vendita del 50% di Ansaldo Breda (di cui Finmeccanica detiene il 100%) ed anche del 29% del “gioiello” Ansaldo Sts (quota detenuta pari al 40%) a Hitachi Rail, il colosso giapponese del settore ferroviario. Intendiamoci, non siamo contrari per principio alla cessione di aziende italiane a gruppi stranieri qualificati e capaci di garantire investimenti e occupazione.  In fondo si tratta di società che lavorano nel settore ferroviario (treni alta velocità, tram, metropolitana leggera, sviluppo di sistemi di controllo) che non è uno di quei settori cosiddetti “strategici”, dove è necessario che lo Stato mantenga il controllo assoluto. Tra l’altro, segnaliamo che Ansaldo Breda è in perdita da 6 anni e che la Capogruppo ha ripianato queste perdite con 1 miliardo di euro (Ansaldo Sts è invece un’azienda notoriamente sana e redditizia che probabilmente viene data in dote). Oltre a tutto, pare che lo Stato italiano conserverebbe quote di partecipazione significative (rispettivamente 50% e 29%), alla pari con le quote che andrebbero in mano ai giapponesi, in linea con le direttive del governo Monti.

Detto questo, dati i tristissimi fatti di cronaca che sembrano coinvolgere anche il nuovo gruppo dirigente, non possiamo evitare una serie di dubbi amletici che vorrei condividere con i lettori: non siamo proprio capaci di gestire nemmeno le nostre imprese eccellenti? Lo Stato alza bandiera bianca? O peggio: con la vendita (o svendita?) si prepara l’ennesima batosta per i piccoli azionisti del Gruppo, già violentati e massacrati in tutti i modi, con un valore borsistico del titolo crollato dai 20 euro del 2008 (2008!) ai 3,12 euro di oggi? Domande inquietanti per un gruppo ancora così importante per l’industria italiana e per l’indotto, costituito anche da una miriade di PMI.

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