Cari amici, insieme a Michele D’Apolito ho pensato di mettere oggi sul tavolo del Laboratorio una domanda scomoda. Qualche sera fa la stessa domanda è stata posta dal conduttore di una trasmissione televisiva ai suoi ospiti, imprenditori, politici e giornalisti, suscitando un articolato dibattito che ci ha fatto molto riflettere. E come noi diversi lettori del Laboratorio, che hanno espresso il desiderio di porre la questione alla nostra comunità. Detto fatto. Per favorire il dibattito cercherò di sintetizzare le due tesi contrapposte, chiedendo a tutti voi una partecipazione straordinaria su un tema di economia e di coscienza, di etica e di diritto, che non mancherà – ne sono certo – di dividere gli animi.
La prima risposta è quella che ha fornito un piccolo imprenditore agricolo presente in trasmissione. Lapidaria ed efficace, pur essendo di parte. Ha detto: “…. se non ci sono soldi in cassa, tra pagare i dipendenti, i fornitori e le tasse ditemi voi chi devo scegliere! Pago le tasse dopo di che chiudo l’azienda e mando tutti a casa?”. Pochi istanti prima, un servizio aveva raccontato il caso di due storici mobilifici del Veneto pizzicati dalla Finanza a fare del nero (con tanto di soldi in contanti nascosti e doppia contabilità) e duramente sanzionati a norma di legge. Ebbene, i cittadini dei rispettivi paesi (molti dei quali dipendenti di quelle aziende), intervistati dal giornalista per la strada, difendevano a spada tratta la scelta fatta quelle aziende “per stare in piedi”. Assoluzione piena, data la drammaticità della crisi e lo spettro delle tante aziende della zona che hanno già gettato la spugna.
La seconda risposta è la voce della legalità e dello Stato di diritto, di cui qualcuno degli altri ospiti della trasmissione si è fatto interprete. Tutti devono pagare le tasse senza eccezioni secondo quanto stabilito dalla legge. Chi evade le tasse determina automaticamente una maggior tassazione sugli altri, su coloro che le pagano. Come ha detto Spolly in un recente commento “un cane che si morde la coda”. E per quanto le tasse siano odiosamente alte, nessuno può arrogarsi il diritto di “auto – assolversi” dal fare la propria parte. Per nessun motivo. Pochi giorni or sono, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ha testualmente dichiarato su Radio24 che “gli imprenditori devono capire che il debito tributario ha esattamente la stessa dignità di tutti gli altri debiti dell’impresa e non è lecito per nessuno metterlo in coda”.
Due posizioni serie e meritevoli del massimo rispetto. Dove sta la verità? Ma, prima ancora, esiste una verità assoluta o siamo di fronte ad un piccolo grande dilemma da consegnare alla coscienza individuale? Sono certo che nessuno la potrà considerare una questione oziosa o teorica. Le cronache quotidiane testimoniano fino a che punto questi conflitti possano diventare drammatici nell’animo umano, soprattutto se vissuti in isolamento e solitudine.
15 comments
wicks says:
Apr 16, 2012
sono in assoluto per la legalità e per il rispetto delle leggi, ma le leggi sono fatte dagli uomini e possono essere migliorate. per esempio mettiamo sullo stesso livello debiti e crediti verso lo Stato, cosicché le imprese possano conguagliare; un impresa con un limitato flusso di cassa come può sopravvivere se deve pagare allo stato il dovuto subito quando dallo stato riceve i pagamenti si e no dopo 180 giorni?
anche lo Stato deve fare la sua parte sulla strada verso la legalità, per Es introducendo una legge sulla corruzione, ma con condanne certe, investendo sull’informatizzazione della macchina giudiziaria… ci sono altre idee che stiamo ripetendo fino alla noia, ma se il legislatore non legifera, che possiamo fare? introduciamo un meccanismo di pagamento degli stipendi del legislatore in funzione del numero di leggi approvate e della loro qualità.
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paco70 says:
Apr 16, 2012
Legalita’ prima di tutto. Pagare le tasse, tutti e nel dovuto.
Non ci puo’ essere spazio per eccezioni, diversamente ognuno avrebbe un qualche motivo valido.
Non sono neanche per leggi che inaspriscano condanne e via andare: deve cambiare la mentalita’ delle persone perche’ non si deve agire per paura dell’azione repressiva.
Bisogna rendere conveniente pagare le tasse: sembra una contraddizione?
Proprio ieri, la trasmissione televisiva Report ha presentato una proposta concreta (con tanto di esempi chiari) per evitare il “nero”: in estrema sintesi, tassare sia il versamento che il ritiro di “contanti”.Proposta che, presentata al presidente Monti, dopo un primo momento di sorpresa, e’ stata da lui stesso considerata degna di valutazione e di approfondimento. Valida o non valida? non lo so ma possibile che i “tecnici” non possano partorire altre idee concrete piuttosto che dibattere su questioni di principio?
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gianguido corniani says:
Apr 16, 2012
Direi di saltare a piè pari il commento sulla prima parte, rischierei di essere addirittura fazioso…
La seconda parte sulla legalità e l’etica (parola a me molto cara) va invece senz’altro analizzata.
Il paese etico nel quale viviamo fa pagare le tasse agli imprenditori anche se si verifica una perdita d’esercizio, pratica che quando condivisa con persone che vivono in altri paesi, scatena una reazione mista tra ilarità e sgomento (persone, ben inteso, che sono orgogliose di pagare le tasse al proprio paese).
Lo sforzo richiesto a tutti i cittadini sarebbe più “digeribile” se si fosse consapevoli di sanare la situazione del nostro malconcio paese, purtroppo invece si è obbligati a strapagare lo stato non già per un servizio o per “curare un male” ma per MANTENERE tanti privilegi per pochi!
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andrea dal santo says:
Apr 16, 2012
Condivido la riflessione di Gianguido e cito un esempio per tutti. Nel 1995 il debito pubblico su GDP del Belgio era 130% ben sopra all’Italia, nel 2007 era 85%, oggi, dopo la crisi, è 98%. Nello stesso periodo l’Italia è passata da 121% a 103% per ritornare a 118%.. Quindi il Belgio ha tagliato in 17 anni il debito del 32% (circa 2% all’anno).. E non ditemi che il Belgio è una superpotenza economica.. Concludo quindi, che una gestione virtuosa della cosa pubblica potrebbe permettere con il gettito attuale di migliorare enormemente la qualità dei servizi erogati a vantaggio della crescita economica (con risvolti positivi sul gettito) o una riduzione del debito (con una riduzione del fabisogno del bilancio dello Stato).
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pietromicca says:
Apr 16, 2012
A volte mi pare di scorgere degli indizi inquietanti : parrebbe che l’Italia sia un un paese destinato (tra non molto) a cessare di fare parte del mondo industriale.
I requisiti “etici” del capitalismo occidentale infatti non sono molitissimi ma insomma, non sono nemmeno a quota zero. Come spiegava il grande Max Weber il capitalismo e’ una conseguenza del calvinismo..tanto e’ vero che funziona bene prevalentemente nei paesi protestanti !
L’Italia comunque non mi pare, nel suo complesso, all’ altezza (etica, culturale, ed ora anche a livello legale) del capitalismo moderno.
Ci si domanda se fare un po’ di nero , e percio’ rubare alla collettivita’ sia di per se’ ammissibile, seppur in condizioni estreme, e magari eticamente accettabile.
L’Italia appare in questa prospettiva destinata a diventate un paese dominato da attivita’ mafiose.
Un messaggio come quello inviato dal primo esempio a cui fai riferimento caro David, in un paese capitalista “normale” (diciamo per esempio gli USA) sarebbe semplicemente rigettato.
In pratica ci stai chiedendo se il fatto di derubare tutti noi (collettivamente) sia legalmente ed eticamente corretto. E allora non posso che concordare con Spolly. Non c’e’ scelta.
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andrea dal santo says:
Apr 16, 2012
C’è un vizio etico nella frase “…. se non ci sono soldi in cassa, tra pagare i dipendenti, i fornitori e le tasse ditemi voi chi devo scegliere!”. Infatti, sembra che l’imprenditore aiuti i propri dipendenti, quando invero sta in primis aiutando se stesso a scapito della collettività. Inoltre, se l’imprenditore è parte di un tessuto sociale, allora tale funzione si esplica contribuendo alle spese comuni in equa parte.
Tuttavia, lo Stato deve essere vigile nella lotta all’evasione con azioni incisive e concrete. E’ opinione diffusa che si potrebbe fare molto di più ed in meno tempo, se solo non si fosse preoccupati di calpestare i piedi a qualcuno.. Inoltre, non c’è migliore lotta all’evasione fiscale del buon esempio, in quanto l’etica è contagiosa.
Ma anche l’assenza di etica è purtroppo contagiosa, pertanto nella determinazione della sanzione per l’evasione fiscale, la visibilità pubblica dell’evasore dovrebbe rientrare come fattore che inasprisce la sanzione o che ne aggrava la pena.
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spartaco says:
Apr 16, 2012
Finora c’è un solo commento che mi trova d’accordo ed è quello di Corniani. Benissimo i princìpi, ma richiamo tutti ad una buona dose di sano realismo. Allora vediamo di rinfrescare la situazione in cui ci troviamo: i bilanci delle imprese sono in profondo rosso e nonostante questo si pagano salate imposte sul reddito (la follia dell’irap); metà dei clienti non pagano ma l’impresa ogni mese deve versare l’iva anche sulle fatture non incassate (!!); lo Stato non salda i suoi debiti con le imprese (70 miliardi di arretrati); le banche non sganciano 1 euro ecc ecc. Ammettiamo di avere di fronte un imprenditore onesto che vuole davvero pagare tutto fino all’ultimo cent: dove li trova i soldi?? Li stampa in cantina?? Deve forse portare subito i libri in Tribunale? Questa spesso è la situazione signori. Non voglio giustificare l’evasione, ci sono anche quelli che se ne approfittano e non è giusto. Ci sono evasori incalliti che vanno perseguiti. Ma in altri casi dobbiamo decidere: vogliamo salvare le aziende, unica fonte di sviluppo e occupazione o vogliamo piombare definitivamente dentro un’era glaciale per la nostra economia?? A ciascuno l’ardua sentenza. Io la mia risposta ce l’ho.
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gino berto says:
Apr 17, 2012
L’etica, la scienza dei costumi e delle relazioni sociali, dei doveri e dei diritti, impone una scelta perentoria: le tasse vanno pagate perchè contribuiscono e danno corpo alla nostra res publica. Sono l’essenza del vivere insieme, sono una forma di alleanza fra gente unita da valori, e territori, comuni. Qualcuno può davvero pensare che sia cosa buona non pagare le spese condominiali? Aprire una ancorchè minuscola crepa su questa regola darebbe l’avvio a una serie di distinguo da cui non se ne verrebbe più fuori e l’elusione ne è la controprova. Tutto questo vale per ognuno, anche per coloro che ci rappresentano e che pagano in nero i portaborsa, anche per i gioiellieri che denunciano meno dell’operaio, anche per i dentisti e notai. Anche per lo Stato, che chiede subito il dovuto e paga i suoi debiti quando la burocrazia lo permette. Non si può continuare a fare quello che si è sempre fatto perchè il rischio e di ottenere quello che si è sempre ottenuto…e forse anche meno.
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Stradivari says:
Apr 17, 2012
La provocatoria domanda dell’articolo e’ in effetti un quesito accettabile solo in un Paese che ha perso la bussola e guarda il baratro. Sempre di più mi rendo conto che passa tutto dalla politica, da cui partono i provvedimenti di legge e da cui si propongono messaggi e modelli di comportamento a un Paese intero. Il fatto e’ che il pessimo esempio della nostra politica rischia di rimanere l’alibi perenne per un popolo già incline al compromesso e alle furberie.
Quindi credo che, allo stato attuale, sia comprensiblie l’autoassoluzione di chi considera fisiologico ridurre un po’ le tasse con artifici vari, soprattutto quando, alla luce del quadro già delineato nei commenti di cui sopra, si devono fare prestiti in banca per pagare saldi e acconti.
Come se ne esce? Una manovra in piu’ direzioni: promuovere messaggi di tolleranza zero ed emarginazione per piccoli e grandi ladri dei partiti, totale trasparenza di tutti i costi della cosa pubblica e, parallelamente, inasprimento della lotta all’evasione. Anche qui, proseguendo con i messaggi mediatici di pressing ai furbetti dell’Unico sotto i 20.000 di reddito. Deve passare il messaggio di condivisone di uno sforzo comune verso un obiettivo, che ora come ora e’ solo la sopravvivenza.
Da ultimo, sarebbe davvero un bel segnale restituire parte del maltolto dall’evasione a favore di incentivi mirati per le imprese ed il lavoro, con il famoso fondo ad hoc, che temo essere tramontato prima di sorgere.
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matteo bettini says:
Apr 19, 2012
Condivido pienamente il considerare l’evasione fiscale un tema di economia e di coscienza, di etica e di diritto. L’evasione fiscale è contemporaneamente un problema economico politico ma anche e soprattutto un problema sociologico, e come tale dovrebbe essere affrontato. Allo stato attuale, il passaggio cruciale credo stia nel divorzio fra Politica e Potere. I Poteri privati ed economici sono sfuggiti di mano alla Politica, e questa di conseguenza non riesce più ad interagire con la realtà.Lo Stato con le sue leggi non riesce ad incaricarsi di agire in modo risolutivo su tutti i fronti del vivere sociale.
La vera crisi diventa quindi quella delle Istituzioni. Passo dopo passo abbiamo smesso di pensare a istituire una forma di società perfetta. In tal senso la finanza e i suoi prodotti sono ampiamente globalizzati mentre la Politica resta locale. Gli Stati nazionali sono, difatti, impotenti e non riescono ad avere una vera incidenza sul funzionamento dei mercati, dell’economia d’impresa e delle sue regole. L’intero carico relativo all’intervento sul tessuto sociale, al pari della condizione di benessere personale è stata interamente lasciata al singolo e alla sua etica intesa come il tentativo razionale di indagare su come vivere meglio. Da qui nasce la differenza di pensiero nel considerare giusta una cosa che non lo è.
Crediamo davvero che quell’imprenditore agricolo abbia iniziato nel 2011 ad evadere? Penso abbia trovato solo la forma più etica per giustificarsi ed essere giusticato dagli altri. Il sottomettersi a un codice di regole contrario a quello stabilito significa ugualmente sottomettersi a un codice, ma alla rovescia. Il lavorare ed agire secondo il concetto di equità, così tanto sottolineato dal “ primo governo Monti”, penso e credo sia la soluzione e la strada da seguire. Il nero è nero, solo un fatto tipicamente italiano, invece, il trovare sfumature laddove non ci sono, un po’ come quando ci autoassolviamo nel definire quasi rosso il colore di un semaforo.
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taxfree says:
Apr 19, 2012
Buondì, premetto che non ho visto il programma, ma leggendo la domanda emerge subito un grande errore di forma. Come è possibile che “il nero” salvi l’azienda??Il nero non entra nel bilancio aziendale e quindi al massimo auita e salva le tasche dell’imprenditore. E’ anche vero che la gran parte delle aziende che oggi formano la struttura economica del nostro paese sono cresciute facendo un pò di nero,quel nero poi immesso dall’imprenditore in un giro virtuso che indirettamente aiutava la crescita dell’azienda.E’ altrettanto vero che però molti hanno esagerato creando poi i noti problemi del nostro paese,ma questa è un’altra storia.La cosa che mi innervosisce è che come sempre in questi programmini televisivi compaiono sempre le stesse figure. Mi spiego meglio,perchè hanno invitato un piccolo imprenditore agreste? Quale messaggio volevano far passare agli ascoltatori? In quel momento il piccolo imprenditore agreste,indeciso e sprovveduto (i dipendenti sono privilegiati quindi comunque vada volente o nolente li paga o li pagherà)reppresentava agli occhi di molti la classica PMI italiana che non paga le tasse. LA DEVONO SMETTERE!!!!!Ma perchè non hanno invitato un rappresentante di una banca,di un assicurazione,di una grande azienda??non so magari Del Vecchio.Guaradate l’assetto societario riportato sul corriere di lunedì di Luxottica, il 68% delle azioni sono detenute da una lussemburghese,o perchè non hanno spiegato agli italiani cosa è successo con la Bell di Gnutti,680 milioni di euro di presunta evasione tutto finito a tarallucci e vino….è sempre la solita minestra.
Mi piacerebbe invece farvi un’altra domanda. Ci sono migliaia di aziende italiane che producono e che regolarmente pagano le dovute tasse ma che per sopravvivere devono vendere i loro prodotti ad interi distretti industriali gestiti da cinesi che al contrario le tasse non sanno nemmeno cosa siano.E’ giusto intervenire , far chiudere le aziende degli occhi a mandorla e di conseguenza far chiudere anche l’indotto italiano che crea migliaia di posti di lavoro e paga regolarmente le dovute le tasse o lasciar perdere e continuare così?Dalla sola regione toscana 1,3 milioni di euro al giorno prendono il volo verso l’asia attraverso i money transfert.E’ giusto chiudere un occhio e salvagurdare i posti di migliaia di lavoratori, oppure in virtù di un sano ma forse decadente moralismo fermare tutto e mettere sulla strada intere famiglie di italiani. Io non so rispondere…..a voi l’ardua sentenza…
TF
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gianguido corniani says:
Apr 19, 2012
Come Volevasi Dimostrare!!!
Mi è appena stato sottoposto il bilancio 2011 della mia azienda per approvazione…
Risultato prima delle imposte € 150.955,00 – imposte da pagare € 178.603,00……………………………..
Vado con il documento a farlo visionare ai colleghi americani, e qui vale veramente la pena di scrivere testualmente il commento: “come on are you kidding me? Were do they want you to get the extra 28.000?? Do they want you to lay a golden egg??”.
Sono sicuro che chi mi legge non ha problemi con l’inglese ma per l’ultima parte che è uno slang traduco testualmente e mi perdonerete la licenza volgare… “vogliono forse che ca…. un uovo d’oro??”….
Mi sono messo a ridere….per non piangere!!
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spartaco says:
Apr 19, 2012
Cavoli Corniani allora sono fortunato! Io chiudo (per miracolo) a + 102.000 lordo – imposte 99.000 = + 3.000 (tremila). Però non dimenticare che devi già pagare l’acconto per il 2012, pari…. al 100% del saldo 2011…. e vai!!!
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Francesco Presutto says:
Apr 20, 2012
Caro Gianguido è uno dei tanti paradossi del nostro sistema… che riesce a mandare le azienda in perdita anche quando fanno utili! Dobbiamo ringraziare le fini menti di un governo guidato da un altro famoso professore… mi assale un dubbio… che i professori sappiano solo mettere tasse??
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michele d'apolito says:
Apr 20, 2012
Ebbene si, il problema è proprio l’Irap che non consente di dedurre il costo del personale dipendente (se non in parte) e gli oneri finanziari. Considerando che la stragrande maggioranza delle PMI è esposta verso le banche, se ci sono anche un buon numero di dipendenti la mazzata è assicurata. L’Irap è arrivata nel 2007 e dovrebbe tassare il valore aggiunto…produce un gettito notevole per lo Stato e mette in crisi tante aziende. Ma perchè i professori non mettono mano ad una bella patrimoniale e modificano il presupposto impositivo dell’Irap (abolirla sarebbe impossibile allo stato)? So di essere ripetitivo, ma è uno scandalo che i soldi vengano presi sempre nelle stesse tasche, da chi assume e produce!
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