I piccoli e medi imprenditori, stremati dalla cronica non-crescita del Sistema Italia, guardano alla crescita tonica dei Paesi Emergenti come una goccia d’acqua nel deserto. Si sa che nelle difficoltà si fa forte il coraggio e quindi ciò che prima non ci interessava diventa, ora, un obiettivo. Perché non provare? Del resto, è nella natura dell’imprenditore prendere rischi e considerato che si rischia comunque, è meglio rischiare dove si può riuscire. Il ragionamento non fa una piega. Tuttavia, bisogna ammettere che i Paesi Emergenti sono diventati anche un “mito mediatico”, con il risultato che la nostra percezione è talvolta scollata dalla realtà. In questo blog cerchiamo di pareggiare i conti, offrendo agli imprenditori “novelli Marco Polo” qualche riflessione tratta dai ripetuti errori che altri hanno già commesso ed ammesso nella loro avventura nei Paesi Emergenti.

“Sono la crescita del futuro”. Quasi vero. Se guardiamo alle stime del Fondo Monetario Internazionale, i Paesi Sviluppati cresceranno del 1,2% nel 2012 e del 1,9% nel 2013, mentre i Paesi Emergenti e di Frontiera del 5,4% e del 5,9%. La differenza è più netta se confrontata con l’economia italiana che si contrarrà del 2,2% e del 0,6%. Le previsioni di lungo periodo confermano queste tendenze anche se meno pronunciate. Ma attenzione: non è tutto oro quello che luccica. Fra dieci anni, i campioni di oggi potrebbero cedere il passo. Per esempio, la crescita dell’India dovrebbe mantenersi più forte di quella Cinese e l’Africa potrebbe far meglio della Cina. Quindi, la crescita è una dea che non bacia tutte le economie allo stesso modo e nello stesso momento.

“La crescita è crescita”. Mezza verità. La crescita bisogna guardarla in faccia. Ci sono crescite sostenibili e crescite non sostenibili; inoltre le determinanti della crescita posso essere diverse. La Cina è stata un’economia di produzione e di esportazione, poi, recentemente, per alcuni motivi, è iniziato il circolo virtuoso dei consumi. Il Sud Africa è legato all’industria delle miniere ed è esportatore di metalli preziosi. L’anziana Russia fa fortuna grazie agli idrocarburi. Il Cile ha un buon governo, esporta ed è fondamentalmente anticiclico. Le Filippine farebbero fatica senza i connazionali all’estero. La Malesia trabocca di olio di palma. Il Brasile è il trionfo del consumatore che spende lo stipendio prima di intascarlo. Paese che vai, economia che trovi. Consiglio. Leggere sempre il foglio illustrativo.

“Tutto il mondo è paese”. Mito. I Paesi Emergenti sono sparsi su cinque continenti e rappresentano una percentuale consistente della popolazione mondiale. Quasi ogni Paese ha la sua lingua e ci sono differenze culturali al loro interno. Le religioni sono svariate e anche se sono simili non sono uguali. Le istituzioni nazionali, regionali e locali si articolano in modo differente. I sistemi politici, la partecipazione politica e la dualità fra poteri formali e occulti è variegata. La semplicità di “fare business” cambia da Paese a Paese e può essere molto diversa anche fra Nazioni confinanti. La tutela giudiziaria e in particolare della proprietà privata compresi i diritti d’autore possono essere molto diversi. Naturalmente, eterogenea è anche la corruzione. Il futuro potrebbe riservare qualche sorpresa: talune differenze potrebbero accentuarsi quando saranno decretati i vincitori nella gara verso il pieno sviluppo economico.

“Devo assolutamente espandermi in Cina”. Siamo sicuri? La Cina è un caso esemplare noto anche per la portata geopolitica e gli interessi economici in ballo. E’ facile tentazione assimilarla ai Paesi Emergenti, ma, in verità, è sui generis. Si pensi al sistema politico che, pur coerente con la filosofia di Confucio, contrasta con l’assetto democratico degli altri Paesi Emergenti. Ci sono poi aspetti della cultura del clan, presenti anche in altri Paesi, ma che lì assumono una valenza particolare e che sono alla base di un potente network informativo e relazionale che abbraccia il mondo. Il conto capitale cinese così chiuso si trova con difficoltà in altre economie che abbiano analogo grado di sviluppo. C’è poi un’impareggiabile capacità di contraffazione tuttora poco contrastata. Quindi, attenzione, ci si può espandere nei Paesi Emergenti anche senza immergersi nello Yangtze.

“Delocalizzo tutto in Brasile”. Achtung! Propensi al rischio, dotati di limitate informazioni e di poco tempo, si può essere tentati a fare tutto in un colpo solo. Magari delocalizzando la produzione perché allettati dalla promessa del governo che offre qualche sconto fiscale. Anche qui vale il consiglio che non è bene mettere tutte le uova nello stesso paniere. Pertanto potrebbe essere più avveduto muoversi con gradualità adattando la strategia alle conferme empiriche e considerando modalità di delocalizzazione o di vendita dei prodotti che seguono modalità meno tipiche come le joint ventures.

Segue – la seconda parte verrà pubblicata giovedì.

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