Come si esce dal pasticcio in cui si è cacciata l’Europa? Moneta senza popolo, senza governo e senza banca, l’euro è un corpo gracile e bisognoso di cure. Per quanto può resistere ancora?
Nessuna medicina si può somministrare senza diagnosticare la malattia. Nessun intervento in campo economico ha senso senza comprendere prima le cause della crisi. Vorrei proporre la lettura che, tra tutte, più mi convince. Iniziando da una semplice constatazione: negli ultimi vent’anni la finanza, da nobile scienza al servizio della produzione, si è trasformata in un mostro fuori da ogni controllo che sta seminando il panico in tutto il mondo. Quasi dotata di vita propria, sembra che nessuno sia in grado di fermarla. Un dato impressionante: nel 1987 il valore totale dei prodotti finanziari derivati era pari al 5% del PIL mondiale; nel 2011 questo valore arriva a quasi 12 volte il PIL mondiale. Traduzione: una economia finta, una economia della carta ha annichilito l’economia vera, quella del ferro, del grano, delle fabbriche.

Come è stato possibile tutto ciò? Detto in due parole: complice una deregolamentazione selvaggia, le banche di (quasi) tutto il mondo ad un certo punto hanno  smesso di fare le banche ed hanno iniziato a fare le bische. Con il meccanismo dei mutui subprime, hanno erogato credito a chi non dovevano e poi hanno infiocchettato i crediti marci scaricandoli su altre banche. Con il meccanismo dei CDS (credit dafault swap) hanno cominciato a scommettere sul fallimento di aziende e Stati. Come a dire: l’assicurazione mi paga non se brucia la mia casa, ma se brucia la tua. E via diavolerie di questo tipo. Crediti tossici scaricati nel sistema che, complice l’altrettanto perverso meccanismo dell’indebitamento “a leva”, hanno generato una massa tossica di dimensioni colossali.

A questo punto, che cosa è accaduto? Nelle bische vere normalmente chi perde si riduce in miseria, a volte magari si suicida. Nella grande bisca del ventunesimo secolo funziona al contrario: chi ha perso le scommesse, chi dovrebbe fallire scarica sugli Stati i propri debiti. Per evitare crack colossali, dalle conseguenze difficilmente prevedibili, gli Stati intervengono a ripianare i buchi dei biscazzieri generando debiti pubblici giganteschi. Esattamente quello che è successo negli Stati Uniti. Ma anche in altri Paesi della vecchia Europa. Una volta tanto, un po’ meno in Italia, che comunque di debiti ne aveva già tanti per i fatti suoi. Ed ecco che il mondo cosiddetto “avanzato”, i Paesi cosiddetti “grandi” si sono trasformati in un drappello di finti benestanti che in realtà sono indebitati fino al collo. Con un dramma nel dramma: quello di competere con gli altri “all’ultimo sangue” per piazzare i propri titoli del debito pubblico. E dal disastro del 2008 siamo piombati in quello del 2011. E non credo che sia finita.

Se questa lettura è corretta, come se ne esce? Dal mio punto di vista, bisogna aggredire il male alla radice. Se è vero come credo che il cancro ha origine in questa finanza mostruosa, la prima cosa da fare è quella di intervenire sui meccanismi che hanno reso possibile la degenerazione. E quindi: reintrodurre immediatamente una normativa a livello internazionale che riporti le banche a fare le vere banche e proibisca di fare finanza derivata e speculativa. In altre parole: la banche tornano a raccogliere con i depositi e a prestare a imprese e famiglie; chi vuole aprire il casinò della finanza lo faccia a sue spese e non a spese della collettività. Secondo: rilanciare immediatamente l’economia reale e la produzione con una cura shock. Come? La vecchia Europa potrebbe prendere spunto da ciò che fece il Presidente Roosevelt per ridare fiato all’economia americana messa in ginocchio dalla Grande Depressione: un piano ventennale, illuminato e ambizioso di opere pubbliche. Un modo molto più intelligente di spendere le risorse che non quello di salvare degli incalliti scommettitori, non vi pare? Magari realizzando finalmente gli eurobond… Sto forse sognando ad occhi aperti?

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