Il precedente intervento dedicato alla crisi di impresa si è concentrato su una sintetica disamina delle vie alternative al default. In questa seconda parte, prendiamo invece in considerazione l’altra faccia della medaglia: la possibilità, offerta dalla contingenza delle procedure concorsuali, di rilevare aziende o rami aziendali da parte di soggetti alla ricerca di opportunità per avviare un nuovo business od incrementarne uno già esistente. Il concordato preventivo è la procedura che più si presta ad una staffetta imprenditoriale, con il subentro di una nuova compagine, inizialmente per un affitto d’azienda che, nella generalità dei casi, prosegue con un acquisto a titolo definitivo. Molto spesso, allettato da condizioni favorevoli di acquisto.
Potrà apparire fantascientifico, ma nel 2012 esiste ancora qualcuno che pensa ad investire, che ha fiducia nel futuro e butta il cuore oltre l’ostacolo. Nonostante tutto e tutti.
Tuttavia, è necessario porre la maggiore attenzione possibile alle cause che hanno portato l’azienda di cui si tratta in cattive acque, per evitare di moltiplicare un’insolvenza per due.
Sulla base di una consolidata esperienza professionale, proviamo a segnalare alcuni requisiti essenziali affinché la nuova impresa possa avere miglior sorte:
– conoscenza del business: innanzitutto, il dominus in pectore della nuova iniziativa deve conoscere bene il prodotto, fino alla singola vite od all’ultimo ingrediente necessario, ed il settore, acquisendo tutte le informazioni necessarie. Non vanno trascurati i dettagli, anche quelli che possono apparire ad un primo approccio insignificanti.
– analisi delle motivazioni della crisi aziendale specifica: indagare circa le cause dell’insuccesso della precedente iniziativa, al fine di comprenderne la natura. Se si tratta di una crisi strutturale, con un settore a bassa marginalità, basso valore aggiunto ed una elevata replicabilità di prodotto e concorrenza sul prezzo, meglio lasciar perdere. Se invece la natura della crisi e’ finanziaria, legata ad investimenti sbagliati o alla inadeguata gestione della liquidità aziendale, quando non riconducibile a divergenze tra soci, si può procedere ad un esame più approfondito nel merito.
– pianificazione a medio termine e valutazione degli scenari probabili: dopo aver compiuto un ponderato esame del contesto e valutata pertanto positivamente l’opportunità, deve compiersi una seria pianificazione a medio termine, coinvolgendo le figure chiave della vecchia società nel concepimento di un business plan, al fine di fissare obiettivi realistici.
– copertura finanziaria: in contemporanea alla redazione del piano pluriennale, bisogna iniziare a bussare agli sportelli bancari, già consci del fatto che sarà necessaria ogni garanzia collaterale (firme individuali dei soci, pegno di titoli od altro). Questo è il passaggio più delicato: fare il cosiddetto passo più lungo della gamba, magari sospinti dall’entusiasmo, e’ un rischio troppo alto per essere sottovalutato.
– studio dell’organizzazione aziendale più efficiente: una volta compresi i confini del business che ci si avvia a rilevare e verificata la possibile copertura finanziaria, va costruito un organigramma, anche elementare, ma sempre necessario per definire ruoli e competenza di ognuno.
Le aziende sono composte dalle persone, prima ancora che dai capitali. Sarà quindi basilare selezionare chi, tra i collaboratori della vecchia iniziativa, è meritevole di responsabilità e va coinvolto nella scrittura di una nuova pagina, nella speranza che sia ben più fortunata della precedente. A conclusione di questo iter di approfondimento e valutazione, inizia la sfida vera!
4 comments
Francesco Presutto says:
Mag 29, 2012
Innanzitutto sottolineerei la bella notizia: In Italia c’è ancora qualcuno che ha voglia di investire. E questo va detto a gran voce! Ritengo la conoscenza del business fondamentale per il successo di una nuova iniziativa, a meno che non si disponga di finanza “illimitata”… ma è un caso più unico che raro! D’altra parte la storia di moltissime PMI di successo ce lo insegna: quasi tutti prima di fondare la propria azienda hanno passato qualche anno da operativi in aziende dello stesso settore. E oggi ancora di più non ci si può improvvisare in un business se non lo si conosce sotto il profilo tecnico/produttivo o sotto il profilo commerciale.
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michele d'apolito says:
Mag 29, 2012
Partirei proprio dall’incipit dell’articolo: le nuove generazioni non possono permettersi il lusso della paura e del pessimismo. Contando sulle proprie capacità si può fare ancora qualcosa. La difficoltà sta nel ricondurre l’ottimismo nell’alveo della ragionevolezza e sostenibilità economica. Se poi il sistema Europa inizierà ad accantonare in parte il rigorismo finanziario a favore di misure di crescita concreta, tornerà di moda anche l’ottimismo…
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ace69 says:
Giu 1, 2012
Consentitemi di aggiungere un requisito che mi sembra importante: disporre della “squadra” giusta per il rilancio. Credo che qualsiasi azienda sia fatta di strategia, organizzazione, finanza ma… soprattutto dalle persone giuste. E non parlo soltanto dell’imprenditore, ma da quelle figure (manager o chiamiamoli semplicemente “persone chiave” nelle PMI) che poi fanno la differenza sul campo, nel lavoro di tutti i giorni.
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david p says:
Giu 4, 2012
Il contributo di Michele mi pare illuminante per farci cogliere un aspetto della crisi che forse viene sottovalutato: l’opportunità di trasformazione di un sistema industriale, da vedere non necessariamente in senso negativo. Negativa è semmai la nostra totale, italica impreparazione a governare questi processi; negativi sono i ritardi con cui ci muoviamo per adeguare le legislazioni. Ed ecco dunque che, al netto delle nostre carenze, la trasformazione può anche diventare rinnovamento, “scrematura” del mercato da situazioni di finta concorrenza ed anche, perchè no, possibilità di ingresso nel mercato di nuovi imprenditori coraggiosi e pieni di energia che nel nostro Paese sembrano, miracolosamente, rigenerarsi di continuo.
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