Da alcuni giorni stanno circolando informazioni fuorvianti e macroscopici equivoci in tema di spending review. La cosa mi preoccupa un po’, perchè non vorrei che si alzasse un po’ di fumo, si confezionasse qualche slogan ad effetto, qualche bel titolone sui giornali abbinato al viso rassicurante di qualche super tecnico e poi…. che la montagna partorisse il solito, italico, topolino. Ma andiamo per gradi.

Partiamo da una considerazione basilare: spending review non significa “taglio dei costi” ma “revisione della spesa”. E’ un processo di profonda analisi della spesa pubblica che ha come obiettivo “offrire ai cittadini servizi di miglior qualità a costi inferiori”. Sembra una contraddizione, eppure è un fatto assolutamente possibile laddove esistono enormi sprechi, pessima organizzazione, inefficienze e ridondanze di ogni tipo. La dimostrazione pratica si è avuta in Germania e Gran Bretagna, con processi di spending review durati molti mesi che hanno consentito di ottimizzare la spesa, migliorando i servizi e accantonando risorse preziose per la crescita. L’ex ministro Padoa Schioppa già nel 2007 si recò appositamente in Inghilterra per impostare un lavoro analogo in Italia, che però purtroppo rimase nel cassetto.

Cosa si sta realizzando in Italia? Se tutto va bene, un modesto taglio di costi. Dopo aver caricato sulle spalle dei cittadini tasse di ogni tipo, il Governo si è reso conto che non si poteva non dare un segnale forte (quanto mediatico…?) anche sul fronte della spesa. E allora che ha fatto? Lo stimabile ministro Giarda ha chiamato il Gran Risanatore della Parmalat, volto certamente credibile in quel ruolo, e gli ha consegnato l’elenco delle spese ed il bisturi con il quale intervenire. Udite udite: il tutto da fare in 30 giorni (trenta!) e per un importo di 4 miliardi (quattro), vale a dire un numero in sé rispettabile ma comunque una goccia nel mare della spesa pubblica italiana (circa 750 miliardi all’anno senza considerare gli interessi sul debito).

Attenzione, non  voglio dire che una ulteriore sfrondata ai costi, possibilmente più mirata rispetto ai tagli tremontiani, non sia una cosa giusta. E’ sacrosanta e noi stessi l’abbiamo più volte auspicata da queste colonne. Però chiamiamo le cose con il loro nome. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che spending review è tutt’altra cosa rispetto al mandato assegnato a Bondi. Che una vera e seria spending review andrà fatta al più presto se vogliamo uscire dalle sabbie mobili. Che durerà mesi e dovrà passare al setaccio uno ad uno tutti i capitoli di spesa della macchina pubblica. Che dovrà rendere più efficienti i servizi ad un costo inferiore. Infine, che dovrà recuperare preziose risorse da destinare immediatamente alla crescita, innanzitutto riducendo il carico fiscale su lavoro e imprese. Chiudo con un pensiero ai tanti amici imprenditori con i quali in questi anni abbiamo affrontato programmi di ristrutturazione e rilancio: come sarebbe finita se ci fossimo limitati a tagliare costi senza pensare, allo stesso tempo, a investire sulle risorse umane, sull’organizzazione, su nuovi prodotti, sulla espansione verso l’estero? In quale stato sarebbero oggi le loro aziende? Anzi…. esisterebbero ancora….?

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