Il mio lavoro mi dà la grande opportunità di conoscere realtà produttive di ogni tipo e settore, e soprattutto ho l’occasione per vedere con gli occhi quello spirito creativo che solo i nostri imprenditori hanno. E’ sorprendente vedere nelle PMI quella attività di ricerca “silenziosa”, quella che si fa ma si racconta poco. William Grandi, titolare della cremonese Megavit, ci spiega il ruolo fondamentale della ricerca per la sua azienda e ci illustra un grande progetto con profonde ricadute positive sull’ambiente, che muove dall’idea di recuperare le polveri degli estintori e riconvertirle da rifiuto speciale a prodotto fertilizzante.
Sig. Grandi qual è l’attività della sua azienda e come ha iniziato?
Megavit è un’ azienda storica nel settore antincendio, con i suoi 3 impianti è l’unico produttore italiano di polveri estinguenti, la mia esperienza inizia alla fine degli anni 90 come responsabile commerciale Italia e dal 2010 sono entrato nella compagine societaria sia occupandomi degli aspetti commerciali che dello sviluppo di nuovi progetti che hanno portato ad una trasformazione profonda dell’ azienda.
L’innovazione è la miglior arma per restare competitivi. Quanto conta innovare per voi?
L’esperienza internazionale ha rafforzato in noi l’idea che l’innovazione fosse la miglior arma per restare competitivi. Megavit si è sempre mossa in questo solco; anche se il suo core busuness negli anni della crisi non mostrava particolari segni di criticità, abbiamo deciso di diversificare la produzione con l’istallazione di un moderno impianto di granulazione con tecnologia a letto fluido caldo e freddo per la produzione di concimi microgranulari per il settore agricoltura e garden. Oggi siamo diventati leader nel settore anche grazie alla collaborazione con primari gruppi chimici italiani.
Ci racconta in breve il progetto che vorreste realizzare?
Le polveri estinguenti esauste oggi vengono smaltite all’estero, quando non disperse nell’ambiente con gravi danni all’ecosistema. Il nostro progetto “ProPHOS”, attraverso la realizzazione di un impianto pilota, intende dimostrare la fattibilità tecnica ed economica del recupero di fosfati da tali polveri, sviluppando al contempo nuovi prodotti da essi derivanti anche integrandoli con altre sostanze reflue (biogas e biomasse) per impiego in diversi settori (agricolo-zootecnico, chimico, farmaceutico industriale ecc.). Il processo si basa su un brevetto Megavit, sviluppato internamente, dal nostro direttore industriale.
L’Italia sprona poco la ricerca. Esistono strumenti di finanziamento che possono essere utili alle aziende?
Credo che la ricerca fine a se stessa non ha significato, le prospettive possono arrivare dalla ricerca applicata. Lo scoglio principale risiede non solo nella quantità di fondi a disposizione ma anche e soprattutto nelle dimensioni medie delle aziende Italiane spesso troppo piccole per avere al proprio interno personale tecnico scientifico in grado di sviluppare progetti innovativi, pertanto ritengo che l’ottimizzazione dei fondi debba necessariamente passare attraverso l’incentivazione di reti d’ impresa, partenariati, oppure altri tipi di collaborazioni in grado di ammortizzare meglio i costi della ricerca sui vari soggetti.
Cosa vuol dire per un giovane imprenditore fare impresa in Italia?
Fare impresa in Italia sicuramente non è facile specialmente per aziende gestite da giovani: non è certamente un Paese in cui i giovani hanno molto spazio. Significa scontrarsi con una burocrazia pesante e obsoleta e con un sistema politico non in linea con le esigenze imprenditoriali. Fare impresa in Italia è avere “fame” di realizzare nuovi progetti, passione nel creare nuove opportunità con altre imprese e consapevolezza di essere un elemento fondamentale per contribuire alla risoluzione dei problemi nel nostro Paese.
4 comments
david p says:
Giu 26, 2013
Ringrazio William Grandi e Massimiliamo per questo pregevole contributo.
In questa intervista è molto bene espresso un concetto a mio avviso fondamentale per il fututo delle nostre piccole e medie imprese: quello della capacità di innovazione come vantaggio competitivo.
Mi spiego meglio: come ben sappiamo, le nostre PMI ormai si trovano a competere sul mercato globale. In questo scenario, più che mai, la domanda alla quale un’impresa deve rispondere è la seguente: perchè il cliente (americano, russo, cinese, sudafricano….) dovrebbe comprare il mio prodotto invece di quello di un concorrente? Aggiungo che di solito i nostri competitor (pensiamo solo ai tedeschi) sono più forti di noi dal punto di vista dei servizi industriali e fiananziari offerti a corredo del prodotto; e che la competizione sui costi è spesso proibitiva.
Cosa ci resta dunque da offrire “in più” ai potenziali clienti? Ecco il punto: la nostra capacità di innovazione e di studiare soluzioni personalizzate è indubbiamente un’arma fondamentale.
Condivido in pieno anche l’osservazione finale e la soluzione prospettata: fare innovazione NON è qualcosa a costo zero. Richiede tempo, risorse qualificate e investimenti. Tutti ingredienti che spesso nella PMI scarseggiano. Il riferimento alle reti mi pare pienamente centrato: noi ci crediamo molto e ne abbiamo parlato tante volte anche dalle colonne del nostro blog. A patto di superare certe “gelosie” che purtroppo spesso ancora limitano queste forme di collaborazione.
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aureliano says:
Giu 27, 2013
Mi trovo anch’io molto d’accordo. Però vorrei segnalare una situazione potenzialmente pericolosa di cui si parla poco: chiamiamola “eccesso d’i innovazione”. Sì, perchè di troppa innovazione si può anche morire.
Conosco casi di aziende che fanno dell’innovazione una bandiera a tal punto da non standardizzare ed ingegnerizzare mai i propri prodotti. In sostanza, da industrie si trasformano in produttori di prototipi. Ma i costi di “start up” dell’innovazione sono spesso elevatissimi: ore di progettazione, produzione del prototipo, testing in azienda e presso il cliente, costi di assistenza e manutenzione.
Il punto è che questi costi non vengono quasi mai realmente riconosciuti dal cliente e finiscono per gravare sul groppone dell’azienda. E allora….. se a questo meccanismo non si da un freno…. di troppa innovazione si può anche morire.
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maxfal says:
Giu 28, 2013
E’ giusta la tua riflessione Aureliano, In media stat virtus. Ritengo che fare innovazione debba essere un must per le aziende ma concepita strategicamente e non lasciata al caso. Ne vanno valutati bene i risvolti, le ricadute e gli impegni economici. Detto questo per una PMI la legge darwiniana della sopravvivenza impone una capacità reattiva che ha nella attività di R&I l’unica soluzione per resistere. Le nicchie di specializzazione oggi non sono più sufficienti a preservarle, occorre una evoluzione costante di prodotto e di processo ed un investimento continuo in risorse umane. Infine il riferimento alle reti fatto da David è sacrosanto: queste possono essere davvero una risposta rapida alla necessità di crescita dimensionale.
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darius says:
Giu 29, 2013
Nel caso dell’impianto pilota della Megavit , sarebbe ad hoc finanziarlo con un contributo LIFE dell’Unione Europea. Magari lo hanno già richiesto. Copre il 50% del costo del progetto
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