L’imbuto in cui si è infilata da tempo la nostra economia ha varie cause, già ampiamente dibattute; tra le principali vi è senza dubbio la stretta del credito bancario, il famigerato credit crunch. Gli imprenditori italiani, ma non solo loro, devono fronteggiare strenue trattative con gli istituti bancari, sempre più avari di fondi e sempre meno attenti alle prospettive di crescita od al merito della singola azienda. In questa asfissia finanziaria, pesante concausa del crollo degli investimenti, dell’occupazione e del Pil, genera ottimismo – ed un po’ di stupore – leggere notizie di reazione a questo trend generale. Il caso in questione è quello della società torinese Caar, che ha deciso ed ottenuto di finanziare un piano di espansione internazionale mediante l’emissione di minibond, cioè i prestiti obbligazionari specificamente previsti per le piccole e medie imprese ed introdotti dal Decreto Sviluppo 2012.
Dove sta la novità e il presupposto per l’ottimismo? A ben vedere, le obbligazioni sono uno strumento di finanziamento ben noto, anzi spesso tristemente noto (basti ricordare la vicenda dei bond argentini, Cirio e Parmalat), e fino ad ora sono state utilizzate principalmente dalle grandi aziende. Ebbene, la notizia sta nel fatto che l’emittente di questo prestito obbligazionario è una piccola azienda con un giro d’affari di 4,5 milioni, che emetterà minibond per 3 milioni (!), al tasso del 6,5%, per la durata di 5 anni. La prima PMI italiana a varare un’operazione del genere. L’advisor dell’operazione è una banca di credito cooperativo, la BCC di Cherasco (Cuneo), una delle cosiddette “banche del territorio”, che ha valutato i progetti e la solidità dell’azienda in questione, dandole fiducia e promuovendo il collocamento delle obbligazioni presso banche, assicurazioni e società di investimento. Da qui il passaggio a investitori privati, che possono decidere di finanziare, si passi il termine, “l’azienda del vicino di casa”. Questo consentirà l’afflusso di risorse liquide che difficilmente sarebbero confluite in Caar (quantomeno in queste proporzioni) con il sistema del credito tradizionale.
La morale di questa vicenda, finora unica nel panorama delle PMI italiane, è questa: si può ancora ottenere fiducia dagli interlocutori con la forza di un buon prodotto sostenuto da una adeguata pianificazione. Certo, essendo coinvolti anche risparmiatori privati, il requisito di una attenta analisi preventiva è vitale, per evitare la diffusione di nuovi titoli spazzatura; ma di fronte a casi del genere, torna la voglia di parlare di futuro.
10 comments
filippo guidantoni says:
Giu 20, 2013
E’ sicuramente uno strumento interessante quello dei mini bond, anche se mi riporta alla mente quello che è accaduto in passato con i bond non retati (oltre ai noti casi aggiungo: La Veggia, Finpart, Giacomelli).
L’analisi “attenta” è vitale come dici tu, spero che una BCC abbia la capacità di condurla senza conflitti di interesse; certo se pensiamo alle valutazioni fatte dalle grandi investment banks …
Sta di fatto che dobbiamo trovare degli strumenti nuovi che permettano di appoggiarsi sempre meno sulle banche, almeno per il momento.
Grazie del contributo
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Michele D' Apolito says:
Giu 21, 2013
Grazie a te per il commento. Purtroppo il tema che sollevi, quello del conflitto di interessi, e comunque della non rigorosa valutazione di una singola realtà, è uno dei rischi più insidiosi. Lo strumento è valido se a monte esiste un controllo serio dei fondamentali dell’azienda, oltre che una valutazione nel merito del mercato che si approccia. Questioni senz’altro non alla portata di tutti, ma il segnale di apertura di canali alternativi deve comunque farci avere fiducia.
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lorella pozzi says:
Giu 21, 2013
Il “controllo rigoroso” a “monte” e “durante” è a mio avviso la garanzia esclusiva per attrarre investitori privati. In Italia, in modo particolare, esso è ed è stato deficitario, come i crac/scandali citati hanno dimostrato.
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filippo guidantoni says:
Giu 26, 2013
Giusto per sottolineare l’attualità del tema: in questi giorni in ufficio (ci occupiamo di risparmio gestito per clientela High Networth) si parla spesso di mezzi alternativi al credito bancario. I minibond saranno sicuramente la prima soluzione anche perché il massimo comune denominatore deve essere il controllo e la distribuzione del rischio. Non voglio essere drastico ma continuando a fare affidamento sulle banche non si esce da questa crisi, soprattutto avendo altre palle al piede che ne derivano (occupazione, crollo consumi e mercato immobiliare, calo della fiducia, buchi sui derivati, etc…). Avanti coi minibond!
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david p says:
Giu 26, 2013
Bel segnale! Mi colpiscono in particolare due aspetti. Il primo lo ha già sottolineato Filippo: finalmente si profila una possibile alternativa al credito bancario. L’inserimento nel sistema di finanziatori diversi non può che essere benefico, sotto molti profili (diversificazione del rischio, contenimento dei costi, spinta alla trasparenza, ecc.)
Il secondo aspetto è quello di poter avere – finalmente! – una virtuosa collaborazione tra banca collocatrice ed impresa. Il collocamento dei bond pone in qualche modo banca e impresa “dalla stessa parte”, creando una sorta di team per “vendere il progetto-impresa” che potrebbe essere foriero di sviluppi molto interessanti.
Il tutto ovviamente avrà possibilità di successo in un contesto di massima trasparenza delle informazioni comunicate al mercato, e sotto questo profilo sia le PMI che le banche devono ancora fare molti passi avanti.
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filippo guidantoni says:
Lug 3, 2013
Cosa ne pensate del social lending, la possibilità di prestarsi soldi incrociando domanda e offerta tramite internet con relativo rating del prenditore? Qui si tratta di privati invece che di società ma il concetto è simile. Possiamo dire che i mini bond stanno al credito come il social lending sta al credito al consumo, fenomeno che negli ultimi anni ha visto volumi (e tassi applicati) veramente altissimi.
Dopo la finanza strutturata, creativa e sofisticata degli ultimi 20 anni stiamo tornando a strumenti semplici (ma alettanti efficaci)?
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Michele D' Apolito says:
Lug 3, 2013
Caro Filippo, credo che sia un dovere proseguire nella ricerca di alternative agli strumenti tradizionali. Quello del social lending è sicuramente un fenomeno interessante per il mondo dei privati. Anche qui però, come per i minibond, attenzione alle “mine vaganti”. Certo che con l’attuale sistema del credito non si può più parlare di crescita, perciò ben venga la fantasia nelle formule, accompagnata al rigore e alla serietà dell’agire.
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vanni vazza says:
Lug 8, 2013
Sarebbe da studiare e proporre in azienda. Con un pò di coraggio questo potrebbe diventare un buon canale alternativo alla finanza bancaria.
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filippo guidantoni says:
Lug 13, 2013
Oggi su Finanza e Mercati al via fondo di Duemme (Esperia) sui minibond; stessa pagina Italia prima in Europa a regolamentare il crowdfunding. Per una volta primi…!
Altra alternativa per le imprese
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Michele D' Apolito says:
Lug 13, 2013
@ Filippo: ho visto, fenomeno da tenere sotto controllo perché dai potenziali interessanti; va infatti ad intercettare uno dei bisogni più pressanti del periodo, grazie per la segnalazione comunque
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