Arieccoli! I presidenti delle commissioni parlamentari, nominati la scorsa settimana, sono in gran parte i soliti nomi già visti e rivisti come ministri, presidenti di regione, alti funzionari di partito. Scorrendo la lista dei nomi, molti dei quali di età anagrafica piuttosto avanzata, mi è venuto un sussulto che vorrei condividere con voi: l’ennesimo episodio della gerontocrazia al potere.
Si dice che il vino più invecchia più è buono. Trovo assolutamente azzeccata questa espressione, ma francamente, come principio assoluto, la limiterei all’enologia. Ed invece nel nostro Paese è diffusa consuetudine quella di assegnare posti di comando ad over sessantenni. L’Italia, come decine di ricerche e statistiche hanno purtroppo appurato, evidenzia una anomalia (c’è anche chi parla di patologia…) nel concentrare i ruoli chiave, quelli strategici, in particolare delle grandi istituzioni pubbliche e politiche, in mano ad una classe dirigente che non si rinnova, capace di frenare e annullare un processo di ricambio verso le nuove generazioni. Si prenda ad esempio il sistema universitario dove soltanto il 15% dei professori ordinari ha meno di 51 anni, mentre il 50% ha più di 60 anni (e gli over 65 sono circa il 20%).
Si badi bene: non sto contestando la conoscenza e l’esperienza degli anziani, che resta una risorsa preziosa; quanto il principio che vede ad essi attribuite de facto le posizioni di massima influenza e autorità. In molti casi (partiti politici, ordini professionali, università ed altri) assistiamo alla affermazione di una vera e propria casta gerontocratica che è quasi sempre (con poche lodevoli eccezioni) autoprotettiva e refrattaria al rinnovamento. Ed anche molto costosa: accantonando i criteri del merito nella selezione delle persone, questa casta è sicuramente meno incline a modificare riti, apparati ed architetture istituzionali responsabili di gravi inefficienze.
Davvero sarebbe auspicabile un strategia nuova per l’Italia, una strategia di “ringiovanimento”, una strada per interpretare meglio i linguaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie e soprattutto capire quali riforme assumere per dare un futuro al Paese. Finora, molti ne parlano e pochissimi la realizzano veramente. Potremo anche noi un giorno aspirare ad avere leader giovani come Stati Uniti e Regno Unito? E magari ci sembrerà normale, e non miracoloso, avere un Presidente del Consiglio di neanche cinquant’anni?
2 comments
david p says:
Mag 14, 2013
L’articolo mette il dito su una delle tante piaghe del nostro disastrato Paese.
Personalmente, tuttavia, non mi scandalizza tanto il fatto di vedere persone di una certa età (e a volte di età molto avanzata) in posizioni di potere. Se si tratta di persone competenti e ancora lucide e dinamiche, niente da dire. La mia professione a fianco degli imprenditori mi porta spesso a vedere anziani che sono veri “cavalli di razza” e giovani gravemente inadeguati a prenderne il posto. Il vero problema, a mio personale avviso, è la DURATA della permanenza al potere. Ci deve essere un limite, valicato il quale il “capo”, giovane o anziano che sia, deve passare la mano.
In un certo senso, dunque, non ne farei un fatto anagrafico. Parlerei piuttosto di “anzianità di potere”: una permanenza troppo prolungata di una singola persona in una certa posizione di comando è di per sè sbagliata, inducendo de facto alla costituzione di rendite di posizione nocive da tutti i punti di vista.
L’antidoto quale potrebbe essere? Banalmente, introdurre limiti massimi di legge alla permanenza al potere. Esempio: massimo due mandati per i parlamentari, massimo due incarichi ministeriali, massimo un tot di anni alla guida di un ufficio pubblico, massimo due riconferme nei Cda, ecc.
Io credo che queste limitazioni, qualora largamente introdotte (ministeri, università, ordini professionali, ecc.), darebbero anche un notecole impulso indiretto al “ringiovanimento” delle posizioni di potere invocato da Massimiliano.
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lorella pozzi says:
Mag 16, 2013
In molte realtà imprenditoriali si riscontra che i giovani 35/40enni faticano ad affiancare i “cavalli di razza” anziani, così efficacemente definiti da David, sia per competenze e abilità tecniche che intuizione, sia per energia positiva, forza di volontà, spirito di sacrificio e capacità di adattamento,
E’ altrettanto evidente, tuttavia, che nelle posizioni di comando soprattutto presso le istituzioni pubbliche e gli enti pubblici nonché le società ad essi collegati/correlati ritroviamo uomini con età anagrafica avanzata e/o che ricoprono il medesimo ruolo o simili per 20/30 anni.
Il primo caso, a mio avviso, è da imputare ad un fatto generazionale, alla difficoltà o ritrosia da parte degli anziani a delegare
responsabilità ai giovani ovvero a trasmettere agli stessi conoscenze, abilità e valori. I giovani d’altro canto, spesso, risultano inadeguati per ragioni diverse: scarse competenze, poco desiderio di “fare “, scarsa “curiosità” ed altro.
Nel secondo invece, è assolutamente necessario e urgente che il Parlamento intervenga a “limitare ” per legge, la presenza dei politici e dei “loro uomini” in tutti i ruoli pubblici e privati connessi, approvi una legge sul conflitto d’interessi circa il numero degli incarichi (uno o due per persona )e la relativa
durata massima.
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