Il disagio viaggia sottotraccia e silenzioso si diffonde. Ormai lo dicono un po’ tutti: una volta persa la fiducia in condizioni di vita dignitose, c’è il rischio concreto di forme di protesta estreme e potenzialmente distruttive. Qualcuno non fa altro che aspettare la propria Pompei, qualcun altro sogna di prendere la Bastiglia. Se n’è accorto e ne ha parlato lunedì scorso persino Mario Draghi dall’alto della torre d’avorio della BCE.
Un fatto di cronaca passato un po’ in sordina mi ha molto colpito. Di questi giorni la notizia di due amici trentenni che hanno posto fine alle loro esistenze a Milano. Insieme, in silenzio, senza proclami. Il mondo non era più per loro. E hanno preferito allontanarsi da esso come volessero dire: “togliamo il disturbo”. Milano, centro del business, sbiadita immagine di quella “da bere” degli anni ’80. Anche qui il lavoro per i giovani è diventata una sfida tra precariato, consulenze e stage, con il miraggio del posto fisso. Mediamente in Italia un giovane su tre non lavora, il dato peggiore degli ultimi 30 anni. Chi ha forte slancio e motivazione cerca un futuro all’estero. Ma non è sempre l’Eldorado. Lontani da famiglie e affetti, si accetta quello che offre il mercato. In Europa, con le prime nubi che arrivano anche sulla benestante Germania, tutto è difficile. Guido, proveniente da famiglia abbiente, era da qualche anno a Londra e lavorava in una prestigiosa multinazionale, condividendo un umile appartamento con altri 2 italiani. Non sembra la vita da ricco ereditiere, piuttosto da esiliato con figlioletta e amici in patria. L’amico Fabio aveva una situazione ancora meno rosea, soprattutto lavorativa.
In altri casi, il disagio potrebbe anche sfociare in forme comunque ingiustificabili di violenza. Per evitare simili episodi occorre prevenire. Nessuno deve essere lasciato irrimediabilmente indietro. Occorre che vi sia un minimo di tutela sociale per chi non ce la fa, giovane e non giovane (sempre a determinate condizioni, per non incentivare parassitismo e lassismo). L’imprenditorialità giovanile deve essere sostenuta con supporto organizzativo e, per quella più meritoria e innovativa, con un sostegno finanziario. Ora è tutto farraginoso e un ragazzo non sa a chi rivolgersi. I tentativi di sportelli unici di consulenza si sprecano ma ci si scontra con l’eccessiva burocrazia e la scarsa professionalità degli addetti. Ridurre le tasse sul lavoro specie sui neoassunti e tagliare il cosiddetto “cuneo fiscale” è un altro must. Tutto noto, ma ho una ferma convinzione: finché non vi sarà un atto di coraggio, e di esempio da parte dei governanti, nel ridurre drasticamente la spesa pubblica inefficiente e improduttiva, la situazione non potrà che peggiorare.
7 comments
luca bacci says:
Mag 9, 2013
concordo, la questione della Spesa Pubblica, è più che mai urgente! Occorre ridurla drasticamente; ma come fare? Sembra che ogni buona iniziativa si scontri con il muro di gomma dei burocrati che occupano da anni, se non decenni, i posti chiave e che vanificano ogni sforzo in tal senso. L’editoriale del Corriere di oggi parla chiaro. Come già capita nelle aziende private, per favorire il rinnovamento, occorre cambiare il management di tanto in tanto per eliminare “più facilmente” le sacche di resistenza.
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lorella pozzi says:
Mag 10, 2013
Concordo ampiamente sul taglio della spesa pubblica e ammetto di non essere ancora riuscita a capire perché i politici che negli ultimi 15/20 anni hanno sostenuto la necessità di farlo poi concretamente non abbiamo operato in tal senso.
Mi chiedo perchè gli Economisti ed ex Ministri Tremonti e Brunetta oltre a Mario Monti ex Presidente del Consiglio, assolutamente sostenitori e portatori della politica dei tagli delle inefficienze della PA, non siano riusciti a realizzarla. Aggiungi che,da circa un anno alcuni editorialisti del Corriere della Sera e il direttore stesso Dr De Bortoli, hanno gettato la spugna sull’argomento prendendo atto e quindi sostenendo che la politica economica per la crescita del nostro Paese, attuata da qualsiasi governo, non può esercitare la leva della riduzione della spesa pubblica.
Che fare?
Condivido inoltre la posizione che il Management pubblico a 360° debba essere rinnovato con una certa frequenza, come nel settore privato e a mio parere più che nel settore privato, causa gli elevati rischi di “mescolare” gli interessi della comunità pubblica con quelli “privati di pochi”.
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lorella pozzi says:
Mag 10, 2013
Sul gravissimo problema del disagio sociale deve essere aperto, a mio avviso, un ampio dibattito pubblico a cui seguano fatti concreti e che prenda seriamente in considerazione la questione dell’etica privata e pubblica, nei rapporti tra gli individui e quindi nella società.
L’argomento appare forse troppo grande o.. forse no.
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filippo guidantoni says:
Mag 19, 2013
Ho seguito con interesse quel fatto e rifletto su due aspetti attuali:
1. i giovani non sono incentivati a FARE
2. l’ESEMPIO che hanno è deludente
Pensiamo ad una famiglia dove i genitori non forniscono stimoli e danno un cattivo esempio…
Il problema della spesa pubblica è fondamentale e dobbiamo solo augurarci che si rendano conto di quanto la nostra situazione sia molto più grave di quello che sembra. Non è pessimismo ma realismo, l’episodio riportato da Darius è, purtroppo, cronaca.
Purtroppo gli ostacoli sono molteplici (vd. David P) per sistemare il problema spesa pubblica, ma è necessario partire e portare dei risultati che comunque incideranno sulla fiducia ed eviteranno la violenza, mai giustificabile anche come risultato di un disagio (concordo con Darius) anche perchè può rappresentare un diabolico boomerang per la società.
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david p says:
Mag 10, 2013
Per tornare sul problema della spesa pubblica, credo che i problemi siano diversi:
1. il consenso elettorale. Nessun governo politico ha la propensione a scontentare un’ampia fetta di elettorato, cosa che si verifica inevitabilmente con i tagli.
2. debolezza dei governi. I governi in Italia sono sempre stati deboli e fondati su maggioranze risicate. Contro di loro, nei progetti di riduzione della spesa, un fuoco di sbarramento di forze strutturate: partiti di opposizione, sindacati, ordini, corporazioni, associazioni, chi più ne ha più ne metta.
3. valido per il Governo tecnico, che non aveva il problema n.1: dipendenza dai ricatti dei partiti e orizzonte limitato.
Sono queste le condizioni che occorrerebbe rimuovere per un taglio serio della spesa pubblica.
E’ possibile? Io credo che ci si debba fare una seria riflessione. Il dibattito è aperto, magari ne parleremo in un prossimo articolo.
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david p says:
Mag 10, 2013
Sul disagio sociale, anche io sono favorevole che lo Stato non abbandoni nessuno. Chi si trovasse nell’estrema difficoltà, senza lavoro e ammortizzatori, non può essere lasciato solo. Pur con tutti i meccanismi e controlli necessari per evitare gli abusi che, purtroppo, in questo Paese sono all’ordine del giorno.
Dobbiamo invece dire una parola chiara su un altro tema (e bene ha fatto Darius a puntualizzare): NO alla violenza, senza se e senza ma. Guai a noi se passa l’idea di una giustificazione della violenza in nome del disagio sociale. La violenza non allevia certo il disagio, ma genera soltanto altra violenza. Sono cose che abbiamo già visto nella recente storia della Repubblica, faremmo bene a ricordarcene.
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darius says:
Mag 10, 2013
Il disagio sociale può prendere qualsiasi strada e questo rischio va evitato.
Draghi ha sottolineato che: “È indubbio che una crescita duratura sia condizione essenziale per ridurre la disoccupazione, in particolare quella giovanile. In alcuni paesi europei questa ha raggiunto livelli che incrinano la fiducia in dignitose prospettive di vita e che rischiano di innescare forme di protesta estreme e distruttive”.
La riforma dello Stato deve liberare risorse buone: meno corruzione, meno vincoli inutili, uno Stato “più leggero”, condizioni essenziali per poter vedere attecchire iniziative imprenditoriali, soprattutto giovanili, e avere un reddito di cittadinanza.
Come dice @Lorella , i sacrifici devono essere fatti da tutti e l’efficienza della PA è un problema la cui risoluzione non è più differibile. Blocco aumento degli stipendi, blocco turnover sono state misure sofferte e purtroppo non saranno le sole. Spagna e Grecia hanno adottato iniziative più drastiche. Fino ad ora le politica del consenso ha preferito utilizzare l’apparato statale come ammortizzatore sociale. E questa è stata una scelta. Ma non molto premiante. Nella PA, così come essa è organizzata, non vi sono assunzioni efficaci di responsabilità e non vi sono sistemi incentivanti basati sul merito.
A questo punto meglio cambiare ottica: proviamo a valutare un reddito di cittadinanza e facciamo in modo che la PA non sia il serbatoio di lavoratori poco incentivati e mal retribuiti.
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