Il trionfatore delle elezioni 2013 è lui: Beppe Grillo. Che cosa fare di tutto questo seguito, tradotto in oltre 160 parlamentari eletti? Il dibattito si è aperto subito dopo il voto, soprattutto ad iniziativa del PD, uscito dalle urne con le ossa rotte. Il partito di Bersani ha avuto in dono dal Porcellum una chiara maggioranza alla Camera, cui non corrisponde lo stesso vantaggio a Palazzo Madama. Dunque, scartata l’ipotesi di accordo con il PDL, si è aperta la ricerca della sponda grillina al Senato, unica via per provare ad imbastire un nuovo esecutivo. La risposta sprezzante a tali approcci, per bocca dello stesso Grillo, non ha dato spazio ad interpretazioni. Questo è un dato di fatto, ognuno lo valuti come crede. Detto questo, impossibile non chiedersi quali punti in comune abbiano i rispettivi programmi. Abbiamo provato a rispondere a questa domanda esaminando tre temi emblematici in campo economico.

Allineamento all’Europa: distanza netta tra i democratici, che ne sono fedeli sostenitori, e i grillini, che affrontano il tema in modo assai critico. In un recentissimo intervento, il leader parla di referendum online sull’euro, di “rinegoziare” i tassi di interesse (?) e di “rimpatriare” i nostri titoli di stato detenuti da stati esteri.

Politiche fiscali, economiche e del lavoro per le imprese: entrambi i blocchi concordano sul veto a nuovi condoni, sulla prosecuzione nella lotta all’evasione e sul ritorno della mano pubblica in investimenti strutturali (su quest’ultimo punto i grillini sono ancor più spinti dei democratici); in ambito del lavoro, si percepisce una maggiore tendenza del PD alla conservazione, riveduta e corretta, dello status quo (leggasi flessibilità in uscita), contrapposta ad un forte radicalismo del M5S, che ha parlato addirittura di abolizione del sindacato. Tutti d’accordo sul sostegno alle imprese, con un occhio particolare alla green economy, ma divaricazione sul sostegno alle grandi opere infrastrutturali.

Tema della crescita. Il M5S propugna da tempo il concetto di decrescita: un’economia a chilometri zero, con un’agricoltura biosostenibile, una gestione dei rifiuti senza inceneritori ed un riciclaggio capillare. Il PD non ha un’identità marcata su questi temi, e propone ricette decisamente più “classiche”.

In conclusione, non ci pare che ci siano grandi prospettive per un accordo solido, almeno sul terreno dell’economia. Una cosa è certa: il Paese non può permettersi mesi di stallo, tatticismi e fantasiose “prorogatio”. Il vero delitto sarebbe portare ad oltranza questa partita a scacchi, lasciando senza timone una barca in piena tempesta. Perciò quello che va fatto, in un senso o nell’altro, si faccia presto.

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