Le fazioni si sono combattute, le tifoserie si sono schierate e gli indecisi blanditi a colpi di slogan e buoni propositi. Ora, a riflettori temporaneamente spenti, qualche momento di silenzio e di sana riflessione. Vada come vada, in un’Italia con il fiato sospeso, uscirà dalle urne un responso da rispettare e con il quale fare i conti da domani. Un esito che probabilmente non vedrà l’affermazione di nessuno in particolare, con lo spettro di un pantano istituzionale che sarebbe il peggiore dei mali.
È la conclusione di una campagna elettorale greve, dai contenuti modesti, sempre più trainata dall’impazzare dei sondaggi, che ne hanno dettato le tematiche e le schizofrenie mediatiche. L’elemento distintivo, rispetto alle tornate precedenti, è senza dubbio l’accresciuta e moltiplicata tendenza leaderistica dell’offerta politica: Berlusconi, Bersani, Giannino, Grillo, Ingroia, Monti (in rigoroso ordine alfabetico), si sono contesi il palcoscenico, chi più chi meno, cannibalizzando le loro stesse bandiere. Questa polarizzazione del dibattito ha creato vere e proprie caricature, impegnate a portare il peso di partiti e movimenti sulle loro spalle, a colpi di slogan e stucchevoli battute da avanspettacolo, ed intente a parare il colpo dell’avversario con accuse di rimando. Un’aria da post ideologia che ha fatto pressoché scomparire dalla scena i colonnelli di partito, che, quando presenti, hanno avuto l’unico compito di reggere la scena al loro capo, per rafforzarne la verve comunicativa o testimoniarne le virtù personali.
In tutto questo, la solita imbarazzante e generalizzata vaghezza nelle proposte economiche, considerate come un gadget promozionale da servire sul piatto dell’elettore in transito. Quale tipo di welfare, di istruzione, di fisco e di politiche per imprese e lavoro? Le risposte sono spesso contraddittorie, sganciate da un verosimile piano finanziario di copertura, come in quasi tutte le campagne precedenti. L’elemento nuovo che nessuno considera, in specie i leader accreditati delle preferenze più alte, è la quasi certa necessità di allearsi con qualcuno degli attuali competitori, con cui necessariamente confrontarsi per dare sostegno ad un nuovo esecutivo.
Una sorta di ritorno al proporzionale, mixato con un primato della leadership degno del più perfetto dei sistemi maggioritari. Insomma, unendo l’attuale legge elettorale, diventa una minestra difficilmente digeribile. Ed allora ecco crescere le incertezze di tutti noi, fermi ad assistere all’esibizione della vanità di uomini soli al comando, con un Paese dalle ferite sanguinanti fermo lì, ad aspettare. Quale sia l’oggetto di tale attesa, se una coltellata esiziale o una sequenza di suture dagli esiti imprevedibili, si scoprirà molto presto. Auguri a tutti noi, ne abbiamo bisogno.
8 comments
Monica Landro says:
Feb 25, 2013
Queste elezioni sono state caratterizzate, lato cittadini, da una parola che troppo spesso ha risuonato nei discorsi sentiti: PROTESTA. La gente, laddove non abbia scelto il proprio partito in base a recondite, ataviche e -ahimè- residuali convinzioni politiche, ha scelto mediamente un voto di protesta. Ossia, ha disperso il voto, lo ha dato allo sconosciuto di turno, al nuovo arrivato in pompa magna tra i vecchi pilastri della politica, a chi ha urlato di più il proprio malcontento.
Come scelta la trovo discutibile: un voto per protesta, non è affatto un voto di credenza! “io dò il mio voto a questo nuovo partito così quelli imparano!” Questo mi è sembrato il pensiero dominante sulla metro o in coda alla posta. E’ la vox populi…
Detto ciò, chissà quale schieramento finale ci troveremo sulle poltrone “pensanti”.
Ha ragione Michele: auguri a tutti noi, ne abbiamo bisogno.
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luca p says:
Feb 26, 2013
Analisi quantomai azzeccata, alla luce dei risultati! E’ vero che, per alcuni aspetti, si torna ad una situazione “da vecchio sistema proporzionale” cioè: fatte le elezioni, ora si dovrebbe cercare di fare la maggioranza. Ma, viste le forze in campo, non vedo quale accordo sarebbe concretamente fattibile!
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Monica Landro says:
Feb 26, 2013
Ritiriamo fuori la scheda elettorale, gente…!
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spartaco says:
Feb 26, 2013
Ci sto! Ma forse prima sarebbe meglio che ci fosse qualche proposta nuova, altrimenti non vedo cosa potrebbe cambiare rispetto a ieri. Esempio: se un certo smacchiatore, puntualmente smacchiato, cedesse il passo…. forse qualcosa si potrebbe muovere.
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Michele D' Apolito says:
Feb 26, 2013
signori, ma credete davvero che spostando Bersani e mettendo Renzi l’esito sarebbe stato diverso? Sarà, ma sul terreno della campagna elettorale il centro sinistra ha da sempre una straodinaria abilità a dilapidare ogni vantaggio. io credo che un immediato ritorno al voto non farebbe altro che amplificare il voto “di protesta”. Quindi, a mio umilissimo parere, meglio trovare tra chi ci sta una convergenza su 4-5 punti di emergenza istituzionale (legge elettorale) ed economica, per poi tornare tra un annetto al voto. unica possibilità è una convergenza tra PD, Monti e parte dei grillini. altre vie praticabili non ne vedo.
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Monica Landro says:
Feb 26, 2013
una convergenza tra PD, Monti e parte dei grillini?? la vedo molto dura… in qualsiasi caso sono convinta che se al posto di Bersani ci fosse stato Renzi, la sinistra avrebbe vinto a mani basse. Piaccia o no. Questi risultati (ribadisco, a parer mio, di protesta!) hanno reso un dato molto chiaro: tutti a casa!! Grillo era l’unica alternativa e questo ne spiega il boom ottenuto. Forse con un altro volto nuovo (renzi appunto..) magari anche un po’ più garbato nei modi, avrebbe offerto un’altra alternativa.
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lorella pozzi says:
Feb 27, 2013
Sono d’accordo, Renzi avrebbe determinato la differenza.
S.Berlusconi non sarebbe stato richiamato dal partito e Alfano o altri si sarebbero messi in gioco contro Renzi; Grillo avrebbe ottenuto un risultato meno importante
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Bobby says:
Lug 30, 2014
.
good!!
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