L’anno 2011 ha fatto registrare un poco rassicurante primato: le dichiarazioni di fallimento, attestatesi a quota 11.707, hanno registrato un incremento del 4% sul 2010 e del 25% sul 2009, anno in cui la crisi già cominciava a manifestarsi in modo tangibile. Il trend negativo è proseguito nel primo trimestre del 2012, con l’apertura di oltre 3.000 procedure. Quanti professionisti si sono sentiti ripetere in questi mesi frasi di autentica disperazione: “Dottore, la situazione e’ drammatica… la notte non ci dormo più e non so come uscirne”. Frustrazione, confusione e rabbia spingono in queste fasi l’imprenditore a scelte dettate dalla contingenza, tentando di mettere la classica toppa che spesso è peggio del buco.
Eppure, se la situazione non è irrimediabilmente compromessa, esistono vie alternative alla resa totale. Tali strade, previste dalla legge fallimentare e dalla prassi civilistica, possono permettere, se percorse tempestivamente, il salvataggio di un’azienda, di posti di lavoro e di una storia imprenditoriale non di rado gloriosa. In questo primo intervento cercheremo di inquadrare i possibili strumenti giuridici per far fronte alla crisi; in un secondo intervento, in pubblicazione tra pochi giorni, valuteremo le possibili opportunità originate dalla crisi per chi, invece, si muove alla ricerca di un possibile affare. Ciò premesso, veniamo al nostro imprenditore in crisi ed alle strade percorribili qualora le perdite non abbiano eroso completamente il patrimonio aziendale.
Accordi stragiudiziali: nel caso in cui l’esposizione debitoria sia nelle mani di pochi fornitori con importi elevati, può essere tentata la strada di un accordo privatistico, al di fuori del Tribunale. Si può prevedere, a seconda della situazione, un saldo e stralcio parziale, un allungamento delle scadenze o entrambe le cose. Può avere un appeal ed una fattibilità se i fornitori sono pochi, consolidati, strategici ed hanno con l’imprenditore un rapporto di fiducia non compromesso, oltre che la speranza di non perdere un cliente.
– Vantaggi: velocità, costi contenuti, mantenimento della continuità aziendale
– Svantaggi: rischi elevati, in caso di mancato accordo e successivo fallimento, di reati fallimentari a carico dei soggetti promotori (bancarotta preferenziale).
Piani di risanamento (art. 67 L.F.): consentono ai soggetti in difficoltà finanziaria con una possibilità di ripresa, di ottenere l’erogazione di finanziamenti previa presentazione di un piano di risanamento “attestato” nella sua fattibilità da parte di un professionista abilitato. In virtù di tale attestazione, le somme rimborsate alle banche in esecuzione del piano sono esenti da revocatoria fallimentare, vero spauracchio per l’operatività bancaria in situazioni di crisi.
– Vantaggi: possibilità di erogare nuovi finanziamenti tenendo indenni le banche dal rischio di revocatoria, consentendo di far ripartire acquisti e investimenti; elaborazione di progetti e indirizzi strategici spesso trascurati o accantonati nelle fasi di normale operatività
– Svantaggi: tempi spesso troppo lunghi e incompatibili con le incombenze del mercato. La burocrazia bancaria può produrre una dilatazione di tempi inaccettabile tra la proposta del piano ed il riscontro definitivo allo stesso.
Ristrutturazione del debito (art. 182 bis L.F.): consiste in un accordo transattivo da sottoscrivere con almeno il 60% dei creditori (intesi per somme, non per teste), accompagnato dalla relazione di un professionista che ne attesti la fattibilità. Il patto viene successivamente depositato presso il Registro Imprese ed in Tribunale per l’omologa. Dal giorno del deposito l’accordo acquista efficacia e blocca le azioni esecutive per sessanta giorni.
– Vantaggi: procedura snella, di stampo privatistico (modalità e termini dell’accordo sono liberamente definibili dall’imprenditore, anche proponendo stralci percentualmente diversi ai creditori) e tale da consentire il blocco temporaneo delle azioni esecutive
– Svantaggi: il tempo di copertura giuridica dalle azioni esecutive è di soli sessanta giorni; inoltre, non si risolve il problema finanziario: ammesso che la banca accordi lo stralcio, il giorno successivo non concederà più nuova finanza all’impresa, trascinando tutto il sistema del credito su tale posizione.
Concordato preventivo (art. 160 L.F.): è lo strumento principe tra le alternative al fallimento. Consiste nel predisporre un “piano concordatario” con il consenso dei creditori chirografari, che lo devono approvare a maggioranza. Il piano presuppone di solito la liquidazione con la messa in vendita dell’azienda o di singoli beni; il ricavato viene messo a disposizione per il pagamento delle spese di procedura, dei creditori privilegiati e, con quanto residua, dei chirografari.
– Vantaggi: strada collaudata, blocco di tutte le azioni esecutive individuali e, soprattutto, possibilità di mantenere in vita il complesso produttivo, mediante affitto / cessione dell’azienda a nuovi soggetti in condizioni di subentrare tempestivamente
– Svantaggi: procedura molto onerosa per la presenza di vari professionisti (attestatore, commissario, liquidatore), giustificabile solo in presenza di un attivo sufficiente ad offrire, pagate le spese ed i privilegiati, una percentuale accettabile per i chirografari.
A seconda della strada che si intraprende, è certo che l’imprenditore dovrà muoversi in stretto contatto con validi professionisti che lo assistano in questo difficile percorso, valutando di volta in volta con la massima lucidità possibile se tentare la via del salvataggio o se, senza intestardirsi, alzare bandiera bianca cercando di limitare i danni.
8 comments
alessandro m. says:
Mag 15, 2012
in un modo o nell’altro emerge che la salvezza di un’azienda il più delle volte consiste nel passare la patata bollente a qualcun altro. Tutto funzione se il sistema Paese ha le spalle forti ma quando migliaia di aziende, adottando tali procedure, non pagano tutto il dovuto, si creano voragini finanziarie nel sistema. Ultimamente si è assistito ad un uso indiscriminato del concordato preventivo, a danno di chi ha lavorato bene e onestamente si è comportato.
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melchisedec says:
Mag 16, 2012
Se per salvare un’azienda dal fallimento lo strumento principe è quello più oneroso, ci deve essere qualche perversa stortura nel sistema… ha senso far pagare ad un’azienda che non ha soldi diverse decine di migliaia di euro per salvarsi??
Ha detto bene Alessandro M.: purtroppo spesso chi lavora bene e onestamente si ritrova con un pugno di mosche…
Grazie e complimenti a Michele per la chiarezza dell’articolo.
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timoteo08 says:
Mag 18, 2012
Ahimè è un tema fortemente attuale… Purtroppo a volte gli imprenditori sono così attaccati alle loro aziende da decidere di intraprendere queste procedure quando ormai è troppo tardi.
Gli svantaggi descritti però non mi sembrano cosa da poco… o tempi, o costi, o rischi elevati… Sarebbe interessante avere qualche dato su qual è la procedura maggiormente adottata e quante vanno a buon fine di quelle intraprese.
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spartaco says:
Mag 22, 2012
Mi aggancio all’intervento di Alessandro che condivido, per qualche considerazione un po’ provocatoria. Per me il concordato preventivo così come è concepito è una mezza truffa ai danni degli imprenditori onesti. Mi chiedo e chiedo anche all’autore dell’articolo: come è possibile consentire che l’azienda “fallita” (o quasi) venga venduta o affittata per un piatto di lenticchie allo stesso imprenditore che l’ha fatta fallire?? Perchè in molti casi è proprio questo che avviene!! Con buona pace dei vecchi fornitori ai quali viene offerto se tutto va bene (SE) il 10% del loro credito!! E questo sarebbe giusto?? Voi mi direte: i fornitori non sono obbligati ad accettare! Errore: i fornitori SONO obbligati ad accettare, basta che le banche (che di solito raqppresentano la maggioranza dei crediti) siano d’accordo. Risultato: il fornitore non vede più il becco di un quattrino ma non solo, vede pure colui che gli doveva dei soldi ripartire dopo essersi “tranquillamente” rifatto una verginità. E questo sarebbe il “diritto”???
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alessandro m. says:
Mag 22, 2012
Spartaco, hai espresso chiaramente quello che avevo sottointeso. L’abuso dello strumento porta a furbate del genere. Se un imprenditore ricorre a questo strumento per risalire in sella e come controvalore offre una cifra irrisoria ai fornitori, è meglio che fallisca e non nuocia più a nessuno.
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michele d'apolito says:
Mag 22, 2012
Caro Spartaco, nella realtà empirica che ho potuto osservare come consulente c’è sempre stata grande diffidenza a far ripartire l’artefice di un crack con una nuova società in cui fosse parte attiva. E’ chiaro che il requisito richiesto per ridare slancio ad una nuova avventura è la discontinuità della proprietà. Non di rado si cercano trucchetti e prestanomi per celare la vera identità del dominus, ma sono quasi sempre scoperti dal ceto bancario, il quale toglie un minuto dopo l’ossigeno in culla alla nuova impresa. Il vero problema del concordato è la presenza di troppi attori (advisor contabile e legale, attestatore, commissario e liquidatore giudiziale) e l’eccessiva conseguente onerosità dello stesso
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spartaco says:
Mag 27, 2012
Ok Michele, ma a me la cosa sembra veramente una presa per le terga. Un nostro cliente, uno che ci doveva veramente tanti soldi, ha mandato la vecchia società in concordato e ha passato tutto in affitto ad una newco; della quale effettivamente non è socio formalmente, ma avendo usato prestanome lo è nella sostanza. E lo va in giro dicendo ai quattro venti “uè ragazzi sono sempre io! se mi fornite ancora vi faccio un po’ di sconto!!” Anzi, mi risulta che lo abbia detto chiaramente anche alle banche che è sempre lui, e le stesse che erano creditrici nella vecchia pare che gli hanno dato affidamenti nella nuova. In cambio credo di un po’ di soldi dal concordato. E noi fornitori con le pive nel sacco.
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michele d'apolito says:
Mag 29, 2012
Non fatico a credere al caso che segnali, ma abbi fiducia in questo: se il soggetto che ti ha tirato quello scherzo non ha entrature clamorose in qualche banca, a breve imploderà… è molto difficile che falliti seriali riescano a ricostruirsi per questa via una verginità, almeno non nel medio termine. Certo, poi va sempre verificato il caso individuale.
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