Venerdì 13 gennaio l’agenzia Standard&Poor’s ha declassato il rating di 9 Paesi europei, Italia compresa. E’ stata una “tragedia” annunciata, un non-avvenimento finanziario già scontato dai mercati finanziari come mostravano i nostri differenziali dei tassi di interesse già in linea con il livello di rating BBB nei mesi precedenti.
Al di là delle polemiche sul ruolo della triade delle società di rating (S&P, Moody’s e Fitch), il loro ritardo “sospetto” (i retroscena parlano di interessi politici e speculazione contro l’euro), la richiesta a più voci di dare più peso ad altre agenzie di rating come Dagong Global Credit (agenzia di rating cinese) che avevano già emesso i downgrades in dicembre oppure creare una nuova Agenzia di Rating Europea, vorrei soffermarmi su una conseguenza meno “clamorosa” che tale evento determina per le imprese.
Una conseguenza del downgrade di uno Stato sovrano è il successivo declassamento delle aziende partecipate dallo stesso Stato (es. Eni, Enel,…) nonché dei settori economici del Paese inseriti nei modelli di valutazione utilizzati dalle banche maggiori per la stima del merito creditizio delle aziende; si tratta in particolare di aziende medio grandi, dato che le aziende medio piccole sono maggiormente influenzate dall’analisi comportamentale. E’ generalmente noto che fattori come la probabilità di default (PD), la durata e l’importo del fido, il tasso di recupero atteso influenzano la decisione creditizia da parte delle banche basata sulla possibile perdita associata all’esposizione creditizia o semplice deterioramento del merito creditizio.
Ad ogni rating è assegnata una probabilità di default (PD): nel caso Italia, il movimento di 2 livelli (notches) da A a BBB+ determina un aumento della PD (circa 0.40%). Non esiste una correlazione diretta nei movimenti di rischio paese e rischio impresa; tuttavia, può essere utile sapere che i modelli avanzati di rischio di credito delle banche maggiori utilizzano il rischio paese come limite massimo del merito di credito per le imprese domiciliate in tale Paese: come dire che un’impresa non può essere considerata più solida del suo Paese.  Evidente in questo senso la ulteriore sofferenza indotta dal downgrade sulle nostre imprese, già gravemente provate dalla recessione e dalla stretta creditizia.

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