E’ difficile dire cosa fare per stimolare lo sviluppo di un sistema economico. Più facile è dire cosa non fare: l’Europa, ahimè, ce ne offre copiosi esempi. Voglio citare soltanto un caso clamoroso di questi ultimi tempi. E’ noto come la BCE, con in prima linea il suo governatore, stia cercando in vari modi di stimolare un flusso di capitali dal sistema bancario al mondo delle imprese. Riduzione progressiva dei tassi fino a livelli da prefisso telefonico, prestiti condizionati alle banche nazionali, programmi BEI, eccetera: apparentemente i cervelloni europei ce la stanno mettendo tutta. Ad un certo punto, nel mese di ottobre, partono gli stress test per verificare lo stato di salute delle banche dell’Unione. Perfetto, è sacrosanto che ci sia un controllo sulle aziende alle quali affidiamo i nostri risparmi. Si scatena dunque la “macchina delle valutazioni” e cosa succede…? Succede che quelle banche che hanno privilegiato gli impieghi nei finanziamenti al mondo delle imprese (specialmente piccole e medie) sono nettamente penalizzate nel giudizio di solidità (il cosiddetto rating) rispetto ad altre che invece hanno favorito gli investimenti in titoli finanziari.
Il meccanismo è semplice: ad ogni tipologia di impiego bancario viene associato un coefficiente di rischio. Si procede dunque al calcolo di un “attivo ponderato per il rischio” (risk weighted asset) a fronte del quale è richiesto un certo livello di capitalizzazione della banca. E si scopre che ai prestiti alle imprese è stato associato un grado di rischio molto superiore a quello associato alle attività finanziarie, ivi inclusi – si noti bene – titoli altamente speculativi e derivati di varia natura. Come mai questa disparità di trattamento quando, al contrario, bisognerebbe incentivare i finanziamenti alle imprese? Sarà forse perché le banche tedesche (ben noti i casi di Deutche Bank e Commerzbank) hanno investito grandissima parte dei loro attivi in titoli finanziari? Il dubbio è quantomeno lecito. Tra l’altro, si tratta di titoli evidentemente piuttosto speculativi, se lo Stato tedesco è dovuto intervenire tra il 2008 e il 2011 con aiuti pesantissimi per un totale di almeno 250 miliardi di euro (10% del PIL tedesco) contro i 15 (1% del PIL) che sono stati necessari per sostenere le vituperate banche italiane.
Questa è la situazione. E allora vorrei chiudere con un umile appello al buon Mario Draghi. Va benissimo quando fustiga i governi a fare le riforme e quando annuncia nuovi programmi di sviluppo partendo dalla leva monetaria, come ha fatto in questi giorni. Ci siamo finalmente accorti che forse è il caso di immettere un po’ di liquidità nel sistema, con cinque anni di ritardo rispetto a Stati Uniti e Giappone? Bene, meglio tardi che mai. Abbiamo improvvisamente scoperto che qualche punto di inflazione non è un fatto demoniaco ma anzi una condizione virtuosa? Ben venga. Abbiamo capito che i soldi vanno investiti nelle imprese e non nella speculazione? Alleluja. Ma sia ben chiaro: se la direzione è questa, allora deve valere per tutti. Anche per coloro che finora hanno avuto il terrore dell’inflazione e hanno preferito investire i profitti nella finanza piuttosto che nell’industria. E’ l’ultimo giro per l’Europa delle due misure. Le campane della protesta e i sentimenti nazionalisti stanno montando fortissimi, e non lasceranno altre occasioni.
10 comments
andrea DS says:
Nov 25, 2014
Grazie David. Mi richiamo ad alcuni punti del tuo intervento per dire che un famoso strategista/economista stimato a livello internazionale dichiarò nel 2008 che i tedeschi sono bravi a produrre ma sono delle ‘capre’ (beh lui usò una perifrasi, per dire il vero) in finanza e che se c’era un pericolo per il sistema Germania quello era legato al mal-investimento finanziario dei profitti delle imprese. Penso che il suo commento sia tuttora valido. Pertanto, Mario e il resto dell’Europa dovrebbero tenere presente la cultura finanziaria degli interlocutori con i quali dialoga.
Sugli stress-test penso sia giusto dare maggiore rischio al capitale investito nelle imprese, il problema nostro è che non ci possiamo permettere di riversare il 10% del PIL nel sistema bancario e forse è giusto così: non è forse un indiretto aiuto di stato all’industria?!?!?!? O forse non lo è: se l’hanno fatto loro che sono così etici e integerrimi, non può essere così. 🙂
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david p says:
Nov 25, 2014
@ Andrea, ora non puoi lasciarci con la suspance di sapere quale fosse la parola usata dal famoso economista 🙂
Scherzi a parte, son pienamente d’accordo con te che i 250 miliardi siano stati assolutamente un “aiuto di Stato”, da parte di quei soloni sempre pronti a bacchettarci quando queste operazioni le facciamo noi.
Quanto alla questione se sia più rischioso prestare alle imprese o investire in titoli finanziari… personalmente resto convinto che il “rischio medio” (in assenza di rigide regole sulla finanza, come di fatto avviene) non sia diverso, anzi. Magari ne parleremo in un prossimo tavolo.
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adone paratore says:
Nov 25, 2014
Ottimo articolo David. Il tempo stringe sempre di piu’ per l’Europa(unita) visto il montare dei fenomeni nazionalistici e xenofobi alla Farage per fare solo un esempio.Ma se ne potrebbero fare anche altri, Italia inclusa of course. Draghi deve continuare a muoversi nella direzione intrapresa, facendo pero’ notare ai tedeschi le asimettrie da te descritte.Speriamo che lo faccia.Nel frattempo pero’ il nostro Paese deve fare, e presto, i passi necessari per reinfondere fiducia ad un economia esausta ed ad un sistema Paese in piena crisi.
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david p says:
Nov 25, 2014
@ Adone, raccolgo la tua ultima, importante annotazione: l’indignazione verso certi comportamenti a livello europeo non toglie nulla al nostro immobilismo colpevole.
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adone paratore says:
Nov 25, 2014
Per chi fosse interessato ad approfondire ancor piu’ l’argomento, consiglierei un articolo letto poco tempo fa su Limes (10/14 ottobre)dal titolo ” la City sconta la fine dell’Europa” di B.Rosa.Un punto di vista molto interessante a mio parere, non foss’altro perche’ sposta il riflettore dalla Germania al Regno Unito ed in particolare alla piazza finanziaria piu’ importante d’Europa. E che fa capire,sotto un diverso spettro, come le spinte “euroscettiche” sia ben piu’ di una mera prospettiva di lungo termine.
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ginobigio says:
Nov 26, 2014
caro Adone,
-forse non sbagliava Mussolini etichettando l’Inghilterra coma la “perfida Albione”;
-forse non sbagliava De Gaulle quando si opponeva all’ingresso della stessa nella U.E..
Adesso ho letto il controllo della Finanza della UE è stato affidato a non so bene quale Ente inglese , proprio a chi ha ne sempre osteggiato controlli con i risultati disastrosi che vediamo; qualcuno ha scritto “come mettere AL Capone a capo della sicurezza”.
Idem per il nuovo Presidente della Commissione, che per anni ha arricchito il Lussemburgo dando asilo ai maggiori evasori mondiali e adesso dice di voler condurre una dura campagna contro l’evasione fiscale! Come mettere il topo a guardia del formaggio!
Con questi chiari di luna temo che il sogno di quella grande Europa Unita del grande Altiero Spinelli finisca come nel romanzo “il vecchio e il mare ” dove il più grande pesce mai pescato nella sua vita viene divorato dagli squali durante il traino per cui il povero pescatore si ritova solo con la lisca! e noi col c…per terra.
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andrea DS says:
Dic 1, 2014
Ottimi interventi. Ben tornato LabEconomy.
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stefano recchione says:
Dic 1, 2014
Ciao a tutti, alcune considerazioni:
purtroppo i risultati dello stress test hanno penalizzato le banche italiane e la causa principale del risultato é lo scenario di deterioramento macroeconomico (la variabile del rischio sovrano).
Il confronto Italia e Germania va inquadrato con la crisi del rischio Italia del 2012 (dove crollano le valutazioni dei titoli di stato italiani nell’attivo di bilancio delle banche italiane – non esiste simile effetto nelle banche tedesche anche perché detengono titoli di stato sino a scadenza con funzioni di garanzia senza valutazioni di mercato in bilancio) anziché con la crisi finanziaria del 2009 e aiuti di stato (dove il capitale è stato abbattuto dalle perdite di valutazione di titoli finanziari “tossici” illiquidi).
Concordo che sarebbe quindi stato auspicabile avere ipotesi di scenario piu’ omogenee in considerazioni degli effetti gia’ prevedibili ex ante. Ciao, a presto
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david p says:
Dic 22, 2014
@Stefano, osservazioni preziose da un angolo visuale tecnico e approfondito. Grazie
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luca bacci says:
Gen 7, 2015
con la crisi greca di questi tempi, mi sembra di capire che la Germania non voglia proprio cambiare posizione. Eppure sappiamo che molti addetti ai lavori la pensano come David !!
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