In un momento di tagli alla spesa pubblica e di spending review, è arrivata la relazione della Corte dei conti che denuncia che la Regione Siciliana ha ufficialmente 17.995 dipendenti, cui vanno aggiunte 2.293 persone a tempo determinato e 717 distaccati presso altre strutture che fanno capo alla Regione per un totale di 21.005 persone; vanno considerati poi i 7.291 dipendenti di 34 società controllate dalla Regione siciliana. Solo nell’ufficio della presidenza di Raffaele Lombardo lavorano tante persone quante a Downing Street alle dipendenze di David Cameron, 1385 contro 1337.
Per pagare gli stipendi dei soli dipendenti ufficiali della Regione ci vogliono 760 milioni che salgono a 1.080 milioni se si includono anche gli oneri sociali. Si tratta in paragone della metà del costo delle persone di tutte le 15 Regioni a statuto ordinario che complessivamente hanno un numero di dirigenti uguale a quello della Sicilia.
Ora la “stangata” del Governo Monti per le Regioni a Statuto speciale, che ammonta a 600 milioni di euro per il 2012 e 1.200 milioni per il 2013, mette a rischio i pagamenti degli stipendi in Sicilia.
Il governatore Lombardo disse nel “lontano” ottobre 2010 che, a livello economico, «lo stato italiano incassa 10 miliardi di euro di entrate fiscali derivanti dalla raffinazione del petrolio. Ci lascino quello che è dei siciliani e noi siamo a posto», come se questa fosse una buona ragione per giustificare sprechi e clientelismo senza limiti! Bisogna aggiungere che le entrate a vario titolo iscritte nel bilancio della regione siciliana non sono in realtà in cassa e finiscono per «drogare» il bilancio; a fine 2011 risultavano pari a 15, 7 miliardi di euro.
In base ad una comparazione effettuata dalla Cgia di Mestre che ha messo a confronto 3 indicatori (spese per organi istituzionali, spese per il personale, spese per acquisto di beni e servizi): rispetto alla media di tutte le altre regioni d’Italia, i costi della politica e quelli per l’acquisto di beni e di servizi sono, in termini pro capite, circa il doppio; quelli relativi agli stipendi del personale addirittura più del triplo. La Sicilia viene a costare 2,5 volte in più della media di tutte le altre regioni messe assieme: precisamente 551 euro pro capite contro i 219 euro pro capite in capo a tutti gli altri cittadini italiani.
Come se ne esce? Noi crediamo che, al di là della “pezza” che lo Stato dovrà mettere nell’immediato per evitare il peggio, ci sia un unico modo per affrontare seriamente la situazione e cioè prendere atto che le ragioni storiche, culturali e linguistiche che hanno portato al riconoscimento della “specialità” di questi territori non hanno più ragion d’essere nel 2012; e soprattutto che l’autonomia di alcune Regioni è assolutamente incompatibile con la realtà di uno Stato che si è appena impegnato a inserire in Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio e non può certo permettersi che significative parti del territorio nazionale siano sostanzialmente fuori controllo. Mi rendo conto che probabilmente la mia è una posizione un po’ drastica, ma francamente non vedo altra via d’uscita… la materia è comunque delicata, il dibattito è aperto.
5 comments
adone paratore says:
Lug 24, 2012
Beh, la tua posizione non e’ drastica affatto caro Luca. Concordo con te perfettamente. E’ vero che ci sono delle ragioni storiche da non dimenticare nel fatto che lo Stato italiano abbia riconosciuto ad alcune regioni lo status in questione, ma questo non e’ di per un motivo valido per continuare a perpetrare sprechi di tal fatta in un’epoca di crisi e di ristrutturazioni come questa che stiamo vivendo. In Sicilia gli equilibri delicati da tenere in considerazioni sono molti e complessi, e’ vero. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare. La spending review e’ la parte economica del problema da risolvere. Forse, aggiungerei, esiste anche la parte “politica” del problema, inerente gli intrecci di interessi tra Stato e mafia che bisognerebbe risolvere con fermezza e coraggio. Inchiesta di Palermo docet.
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david p says:
Lug 25, 2012
Apprendo oggi dalla stampa (non lo sapevo) che lo Stato centrale e’ tenuto a effettuare regolari trasferimenti alla Regione Sicilia ma non puo’, in virtu’ della autonomia di Statuto, porre limiti, vincoli e controlli circa la destinazione delle risorse. Riprendo allora il paradosso gia’ evidenziato da Luca e aggiungo: il pareggio di bilancio e’ stato introdotto nella Costituzione dello Stato ma non di alcune sue Regioni… Domanda: come possiamo essere credibili nel mondo su queste solide basi ??
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ace69 says:
Lug 25, 2012
Avete letto la notizia del giorno?? Parlamentari siciliani in subbuglio perche’ la Regione e’ in ritardo con il pagamento del loro stipendio… Pari a 13.000 euro al mese NETTI !! Costo annuale del solo Parlamento siciliano: 22 milioni di euro!!! Poi ovviamente ci sono gli assessori e tutti gli altri. Altro che commissario governativo, qui ci vuole un novello Mori con pieni poteri di ‘risanamento’ da tutti i punti di vista. L’autonomia e’ stata data e mal riposta, ora basta, fine della pacchia!!
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maxfal says:
Lug 26, 2012
Ha fatto bene Luca a lanciare lo sguardo su questo tema scandaloso del nostro paese, che è poi sempre lo stesso: la gestione scellerata dei danari pubblici. In questo caso è ancor più grave perchè in quanto celata in nome di una “autonomia” che ormai non ha più ragione d’essere. I tempi sono ormai maturi per una nuova architettura istituzionale ed economica del nostro paese. No comment sulle retribuzioni e vitalizi degli assessori…pardonne ci tengono ad essere indicati come “deputati” della Regione.
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alessandro m. says:
Lug 26, 2012
lasciamo fare al mercato, lasciamo che le forze entropiche decidano. Alla fine i fondi si dirigeranno tendenzialmente dove daranno frutto, dove sono necessari. Così come quando la liquidità abbondava e si finanziavano progetti fasulli, senza prospettive o spese inutili, ora che i fondi scarseggiano, si farà più attenzione. Non ci saranno fondi per pagare gli stipendi pubblici? pazienza. L’importante è che qualcuno coltivi ancora la terra (spero qualche dipendente pubblico messo alla porta).
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