Confesso che l’esclamazione del nostro premier “il posto fisso, che monotonia..!” mi fa riflettere. A pelle sento che c’è del vero in quello che dice Monti: d’istinto gli darei ragione. Appartengo alla generazione di coloro che da piccoli si sentivano ripetere dagli adulti: “da grande cercati un bel posto in banca !”. E quando, già adolescente, andavo in vacanza d’estate nel basso Adriatico, i miei amici – evidentemente imbeccati dai genitori – dichiaravano candidamente di aspirare, in prospettiva, ad un bel posticino alle Poste. Ebbene, fin dalla tenera età, queste esortazioni mi lasciavano del tutto indifferente, e col tempo la prospettiva che mi veniva indicata iniziò ad apparirmi ben poco affascinante per non dire… terribilmente noiosa. Tant’è che, al momento buono, una volta laureato, decisi di accantonare tutte le possibilità di impiego fisso che mi si prospettavano per buttarmi nell’avventura della libera professione.
Se la storia finisse qui, dovrei dunque, per quanto mi riguarda, dar ragione al Professore. Se non fosse per un piccolo, “insignificante” particolare: che negli ultimi vent’anni questo Paese è completamente cambiato! Quando mi sono laureato, giusto vent’anni fa, ho ricevuto direttamente nella casella delle lettere (senza alzare un dito) almeno una quindicina di proposte di lavoro. Tra cui almeno quattro o cinque banche, società di consulenza internazionali, studi professionali ed altro, tra cui la mia stessa università. Sinceramente, ho avuto solo l’imbarazzo della scelta; ed ho potuto scegliere ciò che più mi affascinava, ben sapendo che, qualora le cose non fossero andate per il verso giusto, avrei comunque trovato un’azienda disposta ad aprirmi le porte. E se ho potuto, men che trentenne, partire e farmi i primi clienti, lo devo anche ad un mercato fatto di aziende che crescevano e investivano.
Insomma, con l’impegno ed i sacrifici che sono indispensabili, ma anche grazie ad un contesto che lo ha reso possibile, ho potuto seguire la mia inclinazione ed evitare ciò che – almeno per me – sarebbe stato monotono; un contesto ahimè ben lontano da quello attuale. Oggi chi cerca lavoro (giovane o meno che sia) deve accontentarsi di quello che c’è, ammesso e non concesso che qualche porta si apra… ed anche la libera iniziativa e la libera professione sono oggi scelte difficilissime, a volte eroiche ( anche se a mio avviso nulla è impossibile quando c’è una grande passione ).
In conclusione, se l’antidoto alla presunta monotonia del posto fisso è quello di “poter fare un lavoro che piace”, temo che stiamo discutendo di una condizione virtuale, fuori dalla realtà attuale. Piuttosto rimbocchiamoci le maniche per far ripartire la vecchia locomotiva, ce la possiamo fare, il nostro Paese ce la può fare se sapremo rimuovere resistenze e tabù di vario tipo. Tutto il resto, quello sì, è veramente noia.
13 comments
max L says:
Feb 5, 2012
Posto qui quello che ho scritto in un altro thread:
“Vorrei esprimere il mio parere su quello che il premier Monti in settimana ha dichiarato in una trasmissione televisiva: “….che noia il posto fisso….”.
Non ho visto la trasmissione, non so nemmeno se la frase è stata estrapolata da un discorso più articolato, come spesso succede quando capitano polveroni mediatici. In linea di principio questo concetto lo trovo giusto, appartengo peraltro ad un mercato del lavoro, quello dell’informatica dove è quasi dannoso fossilizzarsi su una tecnologia, è importante aggiornarsi e imparare sempre cose nuove.
Quindi è quasi fisiologico un certo tipo di turnover nelle aziende di consulenza informatica.
Non posso però non vedere in che condizione è il mercato del lavoro in generale in Italia, oggi come oggi, con un tasso di disoccupazione mai cosi alto,e con tante persone che vengono lasciate a casa.
In un contesto del genere quella frase è uno “schiaffo” a chi in questo momento soffre perchè disoccupato o precario ed è in cerca di un posto di lavoro.
Ecco perchè penso che il premier poteva risparmiarsi questa frase, almeno per una questione di rispetto.”
Caro david mi trovo sostanzialmente d’accordo con te. I tempi cambiano, anche quando ho cominciato il mercato del lavoro era completamente diverso. Difficile tornare a quei tempi…
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gino berto says:
Feb 6, 2012
Tot capita tot sententiae: credo che questo verbo si adatti perfettamente al tema del lavoro. Certo che la Presidenza poteva risparmiare battute che, in questi momenti difficilissimi, sono quanto meno unfair. I tempi cambiano, i mercati cambiano, le opportunità che si intrecciano con i problemi cambiano, ora come in passato e lo sarà sempre di più in futuro. Ma una cosa rimane ferma: la necessità per la persona di avere un minimo di garanzie per programmare un futuro comunque incerto. Se anche il bisogno primario di avere una casa, di riscaldarsi, di avere una vita affettiva magari coronata da un figlio…viene falciata dalla mancanza di una base economica, allora sì che si può cadere nell’accidia, nello smarrimento, nella noia! E se tutto questo riesce ad avvolgere e rallentare la spinta delle persone capaci, pensiamo per un attimo alle persone più deboli, che se non aiutate e tutelate, difficilmente si inserirebbero nel cinico tessuto sociale attuale: ecco uno dei punti su cui, chi gestisce il cosiddetto bene comune, dovrebbe concentrarsi. Ma intanto i CEO delle grandi industrie si ingegnano nella direzione contraria, proprio loro che sono stati aiutati nei momenti difficili o di cattiva gestione proprio dal bene comune. Insomma questo è un argomento che non ha fine, tocca tutti e tutto. Per cui concludo riandando nella mia mente i versetti della canzone ” E’ un mondo difficile, è vita intensa, felicità a momenti, futuro incerto”.
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David Pierantozzi says:
Feb 7, 2012
Gino, Max condivido pienamente il vostro pensiero alle persone deboli, ai disoccupati, ai precari ed in generale a tutti coloro che sono sostanzialmente privi di garanzie. Il richiamo di Gino ad alcuni tra i valori che sono alla base della vita umana è saggio e sacrosanto. Personalmente però non credo che la risposta sia il “posto fisso”, non certo perchè “monotono” (!) ma in quanto mi pare un “istituto d’altri tempi”, non più compatibile con il dinamismo delle imprese. Apriremo a breve un tavolo sul mercato del lavoro (ivi incluso il famigerato art.18) e mi farà piacere confrontarci su delle possibili strade alternative.
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spolly says:
Feb 6, 2012
Penso che la sofferenza del mercato del lavoro in questo periodo sia la naturale conseguenza di un periodo economico difficile ed incerto. Neppure i numerosi contratti atipici e a tempo determinato hanno potuto evitare la crescita a “double digit” della disoccupazione giovanile. Ma quando l’economia (e la finanza) ripartiranno non dovrebbe diminuire anche la disoccupazione ?
Dalla mia “calda” sedia di Manager, dopo essermi guadagnato la fiducia di una solida azienda multinazionale, mi viene da dire che il posto fisso non dovrebbe proprio esistere, è l’incontro tra domanda e offerta che crea le opportunità di lavoro adeguate ai vari livelli di preparazione, senza vincoli al licenziamento in caso di giusta causa, garantendo ai dipendenti un adeguato iter formativo e supporto on the job.
Se invece scendo dalla sedia e vado in strada, come le migliaia di ragazzi che tirano a campare con lavoretti precari (che non li aiutano certo a creare quella necessaria specializzazione e professionalità), allora mi unisco a loro nel chiedere la giusta stabilità nel rapporto di lavoro, per poter esprimere la propia forza di volontà e potenziale professionale.
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Stradivari says:
Feb 6, 2012
Complimenti per l’articolo, molto lucido. La polemica innescata da Monti è dettata da ingenuità politica, ma è un’opinione condivisibile se la si guarda nell’ottica meritocratica: poter cambiare lavoro è possibilità di crescere, evolversi, fare esperienze nuove. E’ chiaro che il Professore non voleva intendere che è noioso avere un lavoro anzichè essere disoccupati. Questo Governo sta cercando di far passare una nuova impostazione in tema di lavoro, va seguito con attenzione, perchè i sindacati fanno ormai battaglie da Risorgimento.
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wicks says:
Feb 6, 2012
purtroppo la domanda supera l’offerta, l’economia in Italia non cresce, quindi non si creano nuovi posti di lavoro per i giovani, se non a scapito dei l lavoratori più anziani… e questi che fine farebbero? il mercato è fermo, vedo tutti i miei colleghi della multinazionale in cui lavoro fermi nelle loro posizioni, al Max qualche turnover verso l’estero. personalmente sono favorevole alla mobilità, fare cose nuove rappresenta uno stimolo, ma che fare? È tutto immobile; nel frattempo mi tengo stretto il posto che ho…
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David Pierantozzi says:
Feb 7, 2012
Condivido, siamo passati dall’epoca del posto fisso a quella che definirei…. del “posto fermo”! Trovo sia molto significativo che tutti coloro che hanno scritto finora, sia autonomi che “dipendenti”, siano accomunati da una grande disponibilità al cambiamento… altrettanto significativo è il fatto che questa teorica disponibilità faccia così fatica ad esprimersi anche per i livelli medio-alti. Ed il ricorrente pensiero di tutti ai giovani la dice lunga…
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valentina sedini says:
Feb 7, 2012
Sono pienamente d’accordo con il pensiero espresso da David nell’articolo; aggiungerei che forse le parole di Monti possono essere interpretate proprio come un’esortazione a non fossilizzarsi sulla ricerca del “tempo indeterminato”, forma contrattuale quasi in via d’estinzione, come si può anche constatare addentrandosi nei siti di jobplacement. Il vero problema, tuttavia, non è nemmeno la penuria di posti “fissi”, ma la scarsa dinamicità del mondo del lavoro stesso. Leggendo un manuale di marketing e strategia ho riscontrato un’altra preoccupante verità, cioè la scarsa cura dimostrata da molte aziende nella “talent retention” e nella corretta allocazione delle risorse umane. Il problema è reale ed è avvalorato da testimonianze di alcuni conoscenti che lavorano in realtà che non li valorizzano o, al contrario, valorizzano persone che non sono per nulla idonee e, pur rivestendo ruoli di grande importanza, mancano della flessibilità e del talento necessario a far crescere il proprio team e l’azienda. Probabilmente fare più attenzione alle proprie risorse umane e garantire una certa mobilità o anche il riallocamento di alcune di esse all’interno dell’organigramma potrebbe sicuramente essere d’aiuto, prestando attenzione però a non eliminare persone che, in realtà, potrebbero costituire un valore aggiunto. I problemi sono quindi molteplici e l’economia stagnante può essere dovuta anche ad una concorrenza di fattori che hanno “viziato” il mondo del lavoro. Data la mia giovane età non ho grandi esperienze da riportare in prima persona, ma, provenendo dal mondo della ricerca, costellato per natura da contratti atipici, posso sicuramente affermare che la cosa che ritengo più importante non sia il posto “fisso”, ma avere la possibilità di rivestire un ruolo che possa valorizzare al meglio le proprie capacità e le proprie attitudini. Poter fare un lavoro che piace può essere sicuramente molto difficile data la situazione attuale, ma voglio ancora sperare che la ricerca di ottimi compromessi possa essere fruttuosa.
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David Pierantozzi says:
Feb 7, 2012
Valentina, nel darti il benvenuto a nome di tutti i bloggers del Laboratorio, lasciami dire che ho molto apprezzato il tuo intervento. Conoscendo la tua situazione di brillantissima laureata con tanto di master in biotecnologie, e la fatica immane che da mesi stai facendo per trovare un primo impiego, trovo che ti faccia onore questa lucida esposizione della realtà, che evita sterili lamentele e recriminazioni ponendo alcuni problemi reali del nostro mercato del lavoro; tra i quali si annoverano certamente le cosiddette “politiche aziendali” in tema di risorse umane. A presto!
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ace69 says:
Feb 9, 2012
Secondo me il posto fisso non è per nulla monotono se si ha la fortuna di fare un lavoro che piace! Il problema è se il lavoro non piace, se non dà soddisfazione alla persona e/o utilità all’azienda: ecco, nel nostro Paese sia il lavoratore che l’azienda, per motivi diversi, rischiano di trovarsi imprigionati in situazioni sgradite ma senza via d’uscita…in due ci perdono, nessuno ci guadagna veramente.
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Pericle 68 says:
Feb 12, 2012
Concordo con te ACE69. Come dice David, se tutti ci rimbocchiamo le maniche per far ripartire la locomotiva ce la faremo. Bisogna cambiare le leggi e le mentalita’ ….ma come nei matrimoni, bisogna essere in due a volerlo !
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max L says:
Feb 11, 2012
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max L says:
Feb 11, 2012
Nell’augurare buon week end allego questa vignetta (corriere di ieri) che trovo simpatica..
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