Gran brutto pasticcio, la vicenda di Cipro. Su tutti i giornali imperversa la decisione finale concordata con l’Unione Europea: le risorse necessarie per il salvataggio del piccolo Stato saranno ricavate per 10 miliardi attraverso un prestito erogato da Bruxelles, e per circa 6 miliardi tramite un prelievo sui depositi bancari superiori ai 100 mila euro, previo il sostanziale fallimento della Laiki Bank, seconda banca del Paese. Il succo è che il fallimento di uno Stato viene evitato prelevando forzosamente una quota importante (almeno il 40%) dei depositi bancari di medie e grandi dimensioni. Vicenda complessa, il giudizio non può essere in bianco e nero, vediamo perché.

L’Unione Europea infila una serie di errori impressionante, e in più Cipro ci ha messo del suo. Il primo inquietante errore è l’ammissione di Cipro nell’Eurozona il 1 gennaio 2008. A fonte di un PIL di circa 20 miliardi di euro, l’isola ha un sistema bancario carico come una bomba pronta ad esplodere: si calcola che l’attivo accumulato nelle banche cipriote sia pari all’800% del PIL. La situazione è il frutto dello status di sostanziale “paradiso fiscale” di Cipro, che attira capitali leciti e illeciti da tutto il mondo promettendo due cose: esenzioni fiscali di ogni tipo  e interessi sui depositi molto più alti della media europea. Una manna per tanti oligarchi russi, ma non solo: ricordo personalmente, durante una vacanza di qualche anno fa, di avere incrociato fior fiore di imprenditori nostrani che si affannavano a capire come mettere lì la residenza fiscale propria e delle proprie società commerciali.

Una bomba innescata, dunque, a fronte della quale l’Europa si guarda bene dal pretendere un “allineamento” prima dell’ammissione: entrate pure, poi si vedrà. Negli anni a seguire, la “pratica Cipro” non viene seriamente presa in carico, anche perché è un dossier piuttosto scottante sul piano delle relazioni internazionali con Russia e Turchia. La miccia si accende con la crisi greca. Con l’ingente raccolta, le banche cipriote investono pesantemente in titoli del debito pubblico greco e si ritrovano una montagna di “semi-spazzatura” nella pancia. Con un PIL nazionale di quelle dimensioni, è come se un privato cittadino che guadagna mille euro al mese, senza un soldo di risparmio, ne perdesse diecimila al casinò. Il fallimento è inevitabile, lo si sapeva da mesi. Prima si tentenna paurosamente. Poi si prospetta un prelievo addirittura sui piccoli depositi, inferiori ai 100 mila euro, mettendo in dubbio lo stesso meccanismo di garanzia europea sui depositi. Si lasciano andare in caduta libera le Borse europee per due giorni. Alla fine, l’ultima notte (neanche in un film….) si trova una soluzione accettabile.

Sì, la soluzione di per sé ci può stare: a fronte della volontà di Cipro (comunque in qualche modo tollerata dalla UE) di resistere come paradiso fiscale e di tenere una gamba appoggiata in Russia, anche attraverso le concessioni di gas, la linea scelta dall’Europa “a trazione tedesca” è quella dell’aiuto parziale: una parte dei soldi li diamo noi, una parte li dovete trovare voi. Dato che Cipro ha come primaria ricchezza i depositi, deve necessariamente attingere da quelli (sembra perlatro di notare un pizzico di soddisfazione nel colpire i ricconi russi). Ma avrebbe dovuto essere accompagnata da un inequivocabile e netto messaggio di tranquillità ai correntisti di tutta Europa: che il caso di Cipro, con il pesante prelievo sui depositi, rappresenta per tanti motivi un’eccezione e non certo la regola. E invece? Vi pare che i nostri eurocrati potessero azzeccarne una? Vanno esattamente nella direzione contraria: il Presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, un signore olandese – ormai famoso gaffeur – eletto con rigidi criteri di merito (“perché era il turno dell’Olanda”) definisce l’intervento operato a Cipro un modello per risolvere i problemi delle banche di altri Paesi europei”. Nuovo crollo della borsa, banche europee nella bufera, euro in caduta, fiducia nell’Europa ai minimi. Segue l’affannosa smentita dei funzionari di Bruxelles: la vicenda cipriota diventa improvvisamente “un caso unico e speciale”. Chiudiamo con un’unica certezza: almeno sul piano della comunicazione, farebbe meglio quel volonteroso vicino di casa che presiede le assemblee di condominio.

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