La campagna elettorale è entrata nella fase due. C’era da aspettarselo: dalla escalation generalizzata delle promesse sulla riduzione delle tasse, siamo arrivati ai giochi di prestigio. A qualcuno forse piacciono ancora, ma non credo che appassionino più la maggioranza degli italiani e certamente non i nostri lettori, che hanno di sicuro un discernimento più che sufficiente per comprendere dove finisce la realtà e dove comincia la finzione.
Mi interessa e mi preoccupa molto di più un altro aspetto: nel fiume di parole sulla “ripresa economica”, non sento nessuno parlare seriamente delle imprese, cioè di quelle organizzazioni che concretamente, quotidianamente possono rendere possibile il risveglio della nostra economia. Povere imprese. Ogni tanto vengono “infilate” nei discorsi quasi come riempitivo, giusto perchè bisogna mostrare di “essere sensibili ai problemi drammatici degli imprenditori”, eccetera eccetera. Ma niente di serio sul fronte di programmi organizzati, con idee mirate, priorità e tempi. Eppure, se vogliamo la ripresa economica, se vogliamo evitare di cadere sempre più in basso…… questa è l’unica via possibile!
Mi sono anche chiesto perchè questo non avviene. E più ci penso e più mi convinco che il problema sia un’idea di fondo radicata profondamente nella cultura dominante: che il motore della crescita debba essere lo Stato e non l’impresa. E quindi che l’attenzione sia tutta concentrata su “quello che lo Stato deve fare o non deve fare”. Questa convinzione assume nel concreto due forme, entrambe a mio sterili per il futuro della nostra economia.
La prima, più esplicita: che lo Stato debba intervenire in qualche modo direttamente nell’economia. O attraverso incentivi mirati a singoli settori (e un giorno magari parleremo dell’ultima iniziativa di questo genere, i sussidi disastrosi elargiti al fotovoltaico); oppure trasformandosi esso stesso in gestore, idea che sta portando la Cassa Depositi e Prestiti ad assumere le sembianze di una nuova IRI (ultima in ordine di tempo, l’acquisizione Snam). La seconda, più suadente ma in fondo subdola, è l’idea semplicistica che sia sufficiente togliere qualche tassa qua e là, a fronte di qualche sforbiciata lineare; lasciare qualche soldino in più in tasca ai cittadini, rompere le scatole il meno possibile con i controlli e voilà lo “schock” economico è servito.
Occorre uscire subito da questo schema nel quale i contendenti sembrano imprigionati e ribaltare completamente la logica: mettere l’impresa al centro di un programma di rilancio dell’economia. Così facendo, molte tessere del mosaico andrebbero al loro posto. Si capirebbe l’importanza fondamentale di scuola, università e ricerca, senza le quali le nostre imprese non possono avere le intelligenze necessarie alla sfida dell’innovazione. La priorità di una riforma della giustizia, senza la quale gli investitori stranieri continueranno a non mettere piede in Italia. Di una riforma del lavoro che tuteli il lavoratore e non il posto di lavoro. Di una fiscalità più spostata sulle cose e meno sui redditi. Ed anche, consentitemi, di uno Stato più leggero, concentrato sul vero welfare e sul suo ruolo di controllore severo delle regole del gioco. Sto sognando ad occhi aperti?
13 comments
maxfal says:
Feb 6, 2013
Sacrosante parole David e soprattutto opportune le riflessioni sulle imprese, troppo spesso richiamate in campagna elettorale e poi dimenticate. Avendo la fortuna di lavorare fianco a fianco con gli imprenditori riesco a vedere lo sforzo da questi profuso per andare avanti “nonostante tutto”: mi domando spesso cos’ altro, se non l’amore per il loro paese, li trattenga dal non trasferire tutto all’estero. E’ lecito domandarsi perché l’Italia pur potendo contare su grandi patrimoni imprenditoriali non solo non sia in grado di proteggerli ma addirittura sembri fare di tutto per impoverirli. La soluzione economica e sociale del paese è oggi vincolata ad programma pluriennale di politica industriale. Non esiste altra soluzione per uscire dalla crisi se non quella di far rialzare la testa alle imprese. Mi piacerebbe raccogliere nei commenti del blog sensazioni e proposte da adottare. A mio avviso la soluzione, ad esempio, non sta in contributi a fondo perduto ma in un sistema forte di incentivi fiscali per chi investe, esporta, assume, costruisce e soprattutto fa ricerca. Partiamo dal fare questo. Il mio augurio è che si sappia cogliere dalle asperità della crisi una nuova forma di “patriottismo imprenditoriale” .
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david p says:
Feb 8, 2013
@Maxfal, d’accordo sugli incentivi specialmente per chi assume e chi investe. Poi c’è il tema dell’irap che così non può andare avanti, non si possono chiedere imposte ad aziende che hanno il bilancio in perdita. Ma tutto questo non basta. Le imprese italiane devono poter lavorare in un sistema Paese che le valorizza e le sostiene. Ci vogliono certezza delle regole, una giustizia che sia veramente tale, scuole e università all’altezza, una burocrazia rapida ed efficiente, un mercato del lavoro moderno. Ecco cosa intendo per “mettere al centro le imprese”.
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luca lumelli says:
Feb 11, 2013
@DAvid, pienamente d’accordo sull’approccio all’Irap, la cui revisione concettuale a mio avviso sarebbe uno dei temi fondamentali che permetterebbero di concretizzare anche parte di quella “tutela del lavoratore”. Altrettanto profondamente condiviso il pensiero relativo alla necessità di scuole ed università che BISOGNA svecchiare e su cui bisogna INVESTIRE in modo deciso al fine di preparare professionisti dell’imprenditoria, a prescindere dalla vocazione individuale. Mi viene da pensasre che si può e si deve essere imprenditori anche facendo i dipendenti, è un assetto mentale prima di essere uno status civile. Aggiungo come provocazione, ma anche come dato di fatto reale, che in tema di cultura del fare impresa riscontro una certa riluttanza da parte di un gran numero di imprenditori nel destinare adeguati apporti di capitale proprio, cultura sistemica che a mio avviso rischia in questo momento di non essere più sostenibile, ne tecnicamente ne a livello di credibilità in mercato che si fa sempre più quanto meno europeo.
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david p says:
Feb 12, 2013
Sentirsi imprenditori pur essendo dipendenti… una bellissima suggestione Luca, forse riservata a qualche animo particolarmente ispirato!
Per quanto riguarda la sottocapitalizzazione delle aziende sono perfettamente d’accordo, si tratta di una anomalia tutta italiana che andrebbe affrontata con decisione. Ricordiamo che non è però soltanto un fatto culturale, ma anche il frutto di un sistema fiscale che ha sempre riconosciuto un chiaro vantaggio all’indebitamento, i cui costi sono deducibili, rispetto ad un capitale i cui costi (figurativi per l’azionista) non lo sono mai stati.
Su questo meccanismo si dovrebbe intervenire quantomeno per ristabilire condizioni di equità.
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enrica cipelletti says:
Feb 6, 2013
forse sì… forse stai sognando ad occhi aperti caro David, ma io sono una romantica (testarda fino alla caparbietà) e mi piace crede nei sogni… che a volte si realizzano! la domanda è “basta crederci” perchè ciò accada?
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david p says:
Feb 8, 2013
no Enrica, non basta crederci, bisogna farlo. Ma per farlo occorre che alle spalle ci sia una vera consapevolezza da parte dei cittadini, che veda nell’impresa il motore della crescita e quindi anche dell’occupazione. Un Paese non può stare bene se non ha imprese forti e competitive. Si condanna ad un inevitabile declino.
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paco70 says:
Feb 6, 2013
Affrontare il problema “crisi” con questo punto di vista sembra cosi semplice (ma geniale) che quasi quasi si potrebbe definire rivoluzionario! 🙂
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massimiliano carnevale says:
Feb 7, 2013
Concordo su tutta la linea. Soprattutto quando affermi che l’economia è fatta dalle imprese, non dallo Stato. Quest’ultimo può fare solo una cosa: agevolare oppure mettere i bastoni tra le ruote alle imprese. Negli ultimi 50 anni ha optato sempre per la seconda.
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michela tescari says:
Feb 7, 2013
il nostro Sistema è inquinato, lo paragono ad un corpo le cui cellule soffocano dalla mancanza di ossigeno e muoiono lentamente… per l’aria satura di sostanze tossiche. La via di miglioramento è proprio l’ossigeno = è la consapevolezza, la volontà di salvare e migliorare ciò che ci appartiene!!!!!
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gino berto says:
Feb 7, 2013
Lasciamo perdere la campagna elettorale dove più grosse le spari e più anestetizzi la mente dei poveri italiani. Sembra che la soluzione di tutti i nostri problemi risieda nell’IMU, e un bel 20 e più percento di cittadini ci crede! Ed invece i problemi sono ben più profondi, proprio come quello affrontato nell’articolo. Manca qualsiasi programmazione per la crescita delle imprese, soprattutto per le piccole e medie che sono il motore economico dell’Italia. Evidentmente ai governanti poco interessa questo aspetto. Alcuni esempi: il ministero dello sviluppo economico, qualche tempo fa, si è permesso l’assenza del ministro per mesi, senza tante preoccupazioni; la scuola e la ricerca sono sempre più ridimensionate; la giustizia si preoccupa di poche leggi ben mirate; il ministero delle semplificazioni fa sorridere; ogni giorno si alza il grido di decine, e forse più, imprese che chiudono, ma centralmente nessuno se ne cura, della serie “ognuno se la sbucci”; solo le grosse imprese riescono a far alzare il sedere al governo, perchè il rischio è la richiesta di casse varie o la delocalizzazione, con rischio di turbe sociali e perdita di consenso e voti; e avanti così. Difficile dare soluzioni a questo sfascio,ma almeno si potrebbe cominciare a pensare che il rilancio dell’economia passa attraverso il rilancio dell’impresa e non attraverso le lobby, le mancate liberalizzazioni, la fiscalità oppressiva, il mantenimnto di privilegi.
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stradivari says:
Feb 8, 2013
restituire qualche spicciolo nelle tasche degli italiani (o anche qualcosa in più, d’accordo) sarebbe la promessa per ottenere più voti.
a fronte di questo, ci si condanna a tagliare ancora su spese necessarie per non ridurre in ginocchio il già agonizzante stato dei servizi di base che, per stare in piedi, dovranno essere tassati…ma quando la si smetterà di credere ai clown e si imparerà che un politico non può e non deve promettere niente, solo dare la garanzia di serietà e mettersi a studiare in concreto i problemi che dovrebbe prima conoscere e poi correggere con proposte
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stradivari says:
Feb 8, 2013
riguardo all’articolo, beh, chiaro e difficilmente confutabile. il problema è che diventeremo tutti vecchi o terra da pipe prima di vedere applicate in pratica le idee di buonsenso…soprattutto, avere a rappresentarci gente che non sa che cosa dice e non conosce l’economia reale non è il migliore viatico.
è l’orizzonte delle scelte che fa la politica (fatte per sopravvivere a se stessa nell’immediato) che è sfasato con i bisogni dell’economia (che richiedono tempi di programmazione di 3-5 anni).
da noi le legislature sono sempre troppo instabili per poter consentire a un partito di presentare un programma e portarlo fino in fondo.
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spartaco says:
Feb 12, 2013
Mettere l’impresa al centro dei programmi di governo…. David non dirlo troppo forte se no in Italia cominceranno a guardarti come un pericoloso sovversivo!
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