Un minimo di storia. La Banca d ’Italia venne fondata nel 1893 con struttura proprietaria di tipo privatistico ma con un’anima (statuto) di diritto pubblico. Attualmente si occupa principalmente di vigilanza bancaria e finanziaria. Stampa moneta, ma le decisioni di politica monetaria vengono prese dal Consiglio Direttivo della BCE, formato dai governatori di tutte le banche centrali nazionali. Originariamente i suoi soci erano soggetti pubblici, ma con le privatizzazioni degli anni ’90 la maggior parte sono diventati privati. Attualmente, i soci sono i principali gruppi bancari italiani: IntesaSanPaolo (42,4%) e Unicredit (22,1%). Il valore del capitale sociale è pari soltanto a 156 mila euro, ovvero la pura conversione dei circa 300 milioni di lire del 1936. Oltre a questo, la Banca dispone di riserve totali di varia natura per oltre 23 miliardi di euro (valore 2012).
Veniamo alla materia del contendere di questi giorni. Cosa stabilisce il contestatissimo decreto legge n. 133? L’aspetto fondamentale è la rivalutazione del capitale sociale (cioè delle quote di partecipazione dei soci privati) che viene portato dai precedenti 156 mila euro al valore di 7,5 miliardi di euro (valore massimo risultante da una perizia di stima). Tecnicamente questa operazione viene realizzata trasferendo a capitale una parte delle riserve statutarie. E’ questo il punto più controverso: si può disporre di una parte di queste riserve a beneficio dei soci o si tratta di un palese regalo alle banche? La risposta non è così semplice. Da un lato, è evidente che devono esistere dei limiti alla disponibilità delle riserve. Il prof. Tabellini, ex rettore della Bocconi, scriveva nel 2006: “il patrimonio della Banca centrale è frutto del signoraggio passato e appartiene a tutti i cittadini, non può certo essere riconosciuto alle banche azioniste”. Dall’altro, si sostiene che la rivalutazione potrebbe essere vista come una sorta di dividendo supplementare per gli utili che avrebbero potuto essere distribuiti ai soci negli anni passati in base alle norme dello Statuto ed invece sono stati (in massima parte) trattenuti ed accantonati a riserva. Materia molto intricata e controversa, tanto che lo stesso governatore Visco nella sua relazione arriva a dire che “sulla base delle attuali regole….. non è chiara la delimitazione dei diritti patrimoniali dei partecipanti”.
In ogni caso, deliberata la rivalutazione, quali sono le sue conseguenze dirette? Primo: le banche private pagheranno una tassa agevolate sulla plusvalenza del 12% (circa 900 milioni), che di questi tempi fa molta gola al Governo e servirà anche per finanziare l’abolizione dell’IMU. Secondo: le stesse banche potranno iscrivere i maggiori valori nei loro bilanci, aumentando la solidità patrimoniale in vista dei temuti test europei. Terzo: in virtù di una nuova norma che fissa il tetto massimo sui dividendi annuali al 6% del capitale, i soci privati potranno incamerare fino ad un massimo di 450 milioni all’anno (7,5 miliardi per il 6%). Ed il 6% di remunerazione del capitale non è certo poco, con i tempi che corrono…
Ultimo aspetto: il decreto allarga la platea dei soggetti che possono acquistare le quote della Banca e fissa un limite del 3% del capitale per ciascun soggetto. Ciò significa che, entro tre anni, le grandi banche attualmente socie dovranno vendere pacchetti rilevanti. A quali valori? Ora almeno si ha un punto di riferimento, il cosiddetto fair-value, cioè il valore aggiornato del capitale. L’importante è che Bankitalia svolga il proprio ruolo istituzionale nella massima indipendenza, che lo Stato o la stessa Bankitalia non ricompri in qualche modo, e a caro prezzo, le quote possedute dalle banche, e che sia meglio definito, in modo chiaro e inequivocabile quali sono i diritti patrimoniali dei soci e quali no. Perché di questo passo, tutte le riserve, anche quelle investite nell’oro (circa 70 miliardi di euro) potrebbero “appartenere” alle banche socie. Infine: facendo parte del sistema delle banche centrali europee, siamo sicuri che avere una Bankitalia public company sia cosa augurabile? Lo Stato perderebbe definitivamente l’ultima parvenza di sovranità e saremmo una delle eccezioni dell’eurozona.
Vorrei concludere con una osservazione finale: capisco che i toni accesi possano esacerbare i contrasti, ma credo che può essere dato merito al Movimento 5Stelle di aver portato all’attenzione dei media la forza dirompente del provvedimento, le cui conseguenze a lungo termine sono ancora in parte oscure, come abbiamo visto. L’argomento meritava comunque tanta passione politica, ci riguarda tutti.
6 comments
andrea DS says:
Feb 5, 2014
Darius, grazie per questo articolo. Ti chiedo, considerato che nelle passività della Banca d’Italia ci sono le banconote in circolazione, forse che ogni cittadino potrebbe chiedere alla BI l’interesse legale per ogni euro che ha in tasca?
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gino berto says:
Feb 5, 2014
Grazie Darius per la chiarezza su una problematica dove neanche il governatore sa che cosa comporterà in futuro la decisione appena presa. Mi chiedo solo perchè sta succedendo tutto questo? Cui prodest? Se era dal 1936 che si andava avanti così, e senza problemi (sembra), perchè mai proprio adesso viene fatta questa rivalutazione? Non vorrei che per una volta l’opposizione avesse avuto ragioni fondate per cercare di bloccare tutto.
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davide says:
Feb 6, 2014
Confermo che l’articolo è estremamente chiaro, in televisione si era capito poco o niente.
Lo spazio era dedicato solo alle immagini e al fatto che tutti avremmo pagato l’IMU.
Comprero’azioni bancarie ovviamente Intesa
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timoteo08 says:
Feb 6, 2014
Bell’articolo che apre ad alcune personali considerazioni.
Una prima ma non unica stortura del sistema è chiaramente indicata all’inizio dell’articolo: il controllore appartiene ai controllati. Che indipendenza potrà mai avere?
E poi se le riserve costituiscono la grossa fetta del patrimonio nella Banca d’Italia, a dispetto di un capitale sociale minimo, e queste riserve sono state costituite anche negli anni in cui la Banca d’Italia era veramente pubblica, mi chiedo a quale prezzo sono avvenute le famose privatizzazioni degli anni ’90? Insomma se io compro una società, compro anche le riserve, e in teoria a meno che non mi fanno un regalo, devo pagare un prezzo congruo che tenga conto del vero valore della società, e delle sue riserve, perchè di fatto una volta comprata la società le riserve sono mie, ed oggi è difficile sostenere che le banche socie di banca di italia non possano disporne.
Ho letto di polemiche legate alla paure che dall’obbligo di vendere l’eccedenza prevista dalla legge possa derivare un inserimento straniero nella proprietà, ma da un lato non ho ancora capito se l’acquisto sarà consentito esclusivamente ad imprese enti banche che abbiamo amministrazione centrale in Italia, e dall’altro non sono certa sia un male visto come la gestiamo noi.
In definitiva mi sembra che l’importante sia aver trovato la copertura (per questa volta) per togliere l’imu sulla prima casa, poi se in futuro da questa operazione, si perderanno un soldi si vedrà.
“Panem et circenses”.
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ugo galbiati says:
Feb 6, 2014
Grazie Darius per aver fatto un po’ di chiarezza.
Io ho letto in giro che le coperture per l’abolizione dell’imu in realtà sono espresse nel decreto stesso, e si tratta di aumenti sugli acconti ires-irap.
La parte riguardante la rivalutazione delle quote, sensata o meno che sia, non c’entrerebbe nulla con l’imu.
Qualcuno può confermare?
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darius says:
Feb 6, 2014
@Andrea in effetti il signoraggio deriva dal potere di emissione delle banconote, assegnato per legge alla Banca d’Italia in regime di monopolio. E’ questo un diritto esclusivo di emettere passività a costo zero. Come diceva Paterson, fondatore nel 1694 della Banca d’Inghilterra «La banca trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla», impiegata poi in crediti e titoli fruttiferi. Ormai è convenzione, pezzi di carta. L’importante è mantenere un equilibrio, per le esigenze di scambi economici. Un abuso crea inflazione e perdita ulteriore di “valore” di una banconota. Se a un certo punto tutti volessero solo oro o un metallo altrettanto raro, le banconote ritornerebbero ad assumere valore di pezzi di carta, a dispetto di ogni circolazione forzosa.
@Gino, “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” il volpone di Andreotti avrebbe così commentato.
@Davide, il grande spolvero dei titoli bancari di oggi può essere dovuto a molte cose…ma sai che non avresti tutti i torti…
@Timoteo, in effetti la tua osservazione è corretta. Ma quando hanno fatto le privatizzazioni bancarie, quanto erano state valutate le partecipazioni in Bankitalia? Ma da noi le privatizzazioni si fanno svendendo pezzi pregiati statali…in questo siamo artisti (o fessi).
Secondo punto: i futuri nuovi soci dovranno avere “sede legale e amministrazione centrale in Italia”. Non passa lo straniero! Qui da noi gli stranieri vanno e vengono a loro piacimento. Ci sono molti modi per aggirare questa flebile norma.
@Ugo in parte vero, con aumento a carico settore creditizio degli acconti IRES e IRAP e con un’addizionale straordinaria alle aliquote IRES, per un totale di 2,163 miliardi nel 2013. Quindi anche acconti. L’importo della rata dell’Imu abolita, diceva Saccomanni era di 2,150 miliardi. ”Non c’e’ nessun collegamento diretto tra la copertura dell’abolizione della seconda rata dell’Imu” e il decreto sulle quote di Bankitalia, ripeteva a novembre lo stesso. Quindi prendiamolo in parola stavolta. Rimane quindi un’ultima spiegazione al contestato decreto quote…ricompensare gli “esausti” istituti che ora festeggiano; una contropartita non si nega mai.
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