Più la notizia è importante, anzi clamorosa, e più viene snobbata e insabbiata dal nostro sistema d’informazione. Sentite questa. Pochi giorni fa, uno tra i più esperti ed affermati economisti dell’Unione europea, l’olandese Jan In’t Veld, ha reso noti i risultati di uno studio molto approfondito sugli effetti che le politiche di austerità hanno prodotto sulle economie dei Paesi dell’Eurozona. Ebbene, i risultati di questo studio sono impressionanti: tra il 2011 ed il 2013, come conseguenza diretta delle politiche adottate, la Francia avrebbe perso 4,8 punti di PIL, l’Italia oltre 5 punti, la Grecia 8 punti. Persino la Germania avrebbe lasciato sul tappeto 2,6 punti di PIL.

Come è stata possibile una batosta di queste dimensioni? Che cosa non ha funzionato? La tesi dell’economista olandese è spietata nella sua semplicità. Le politiche di austerità non sono sbagliate in sé, ma è stato un grave errore applicarle contemporaneamente a tutti i Paesi dell’Eurozona. A fronte di alcuni Paesi in deficit che ne avevano oggettivamente bisogno, altri Paesi (Germania e satelliti) avrebbero dovuto adottare politiche moderatamente espansive, che avrebbero permesso, grazie al commercio internazionale, di bilanciare ed attutire l’impatto negativo sulla crescita nei Paesi più deboli. Ebbene, si è fatto l’esatto contrario: indipendentemente dalla patologia, a tutti la stessa amara medicina, somministrata nello stesso momento. Testualmente: “La simmetria degli aggiustamenti di bilancio operati contemporaneamente in tutti i Paesi dell’Eurozona ha impedito questo bilanciamento. Le politiche di consolidamento adottate in Germania (e negli altri Paesi satelliti) hanno avuto ricadute negative che hanno ulteriormente compromesso la crescita nei Paesi in deficit”. L’affondo finale è molto pesante: “Queste ricadute negative hanno reso gli interventi di aggiustamento nei Paesi periferici molto più duri, ed hanno ulteriormente esacerbato il peggioramento del rapporto debito/PIL nei Paesi più vulnerabili”.

Una bella bomba. Lo studio di Veld è stato pubblicato lunedì scorso sul sito della Commissione Europea con tanto di notifica via Twitter. Lunedì stesso, dopo pochi minuti, la notizia veniva riportata sul giornale greco Kathimerini. Improvvisamente, sempre nella giornata di lunedì, una mano misteriosa eliminava il documento dal sito ufficiale della Commissione. La notizia della rimozione comincia a girare sul web e poco dopo il documento viene ricaricato sul sito con la precisazione che “non rappresenta la posizione ufficiale della Commissione”. Il giorno dopo, lo studio finisce in prima pagina del giornale francese Liberation. E persino il Wall Street Journal ne dà un ampio resoconto.

Brilla per la sua assenza, come al solito, l’informazione del nostro Paese. Vi chiedo amici di far girare il più possibile questa notizia: è molto importante che siamo tutti consapevoli di quanto sta accadendo. Senza una analisi lucida e oggettiva della situazione nella quale siamo piombati, non potremo mai trovare una via d’uscita. Più passa il tempo, più mi convinco che la chiave di volta della situazione kafkiana in cui siamo passa proprio da lì: un profondo e immediato ripensamento delle regole e delle politiche che fino ad oggi hanno dominato l’Europa, mortificandone le potenzialità e portandola vicinissima al baratro. Oggi finalmente sembra diffondersi questa consapevolezza, anche al suo interno. Se ci muoviamo insieme, non basterà nascondere qualche dossier per evitarlo.

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