Stati Uniti all’attacco frontale. L’accusa contenuta nell’ultimo Currency Report del Tesoro americano è pesantissima: la Germania è diventata un freno per la ripresa dell’Eurozona ed anche una minaccia per gli equilibri dell’economia globale. La ragione è molto semplice. I tedeschi, da anni, spingono sulle esportazioni in maniera forsennata. Non avendo compensato con misure di stimolo alla domanda interna, che avrebbero favorito i consumi e le importazioni, hanno accumulato dei “surplus commerciali” elevatissimi, che non vengono reinvestiti nell’economia reale ma in impieghi puramente finanziari. In parole povere: inondano il mondo con le proprie merci, si arricchiscono, non consumano e congelano la ricchezza nella rendita finanziaria. Non solo: impongono politiche di austerità pure agli altri Paesi dell’Eurozona e, come conseguenza del surplus, creano spinte al rialzo del cambio. Insomma, una vera iattura la ripresa in primis dell’eurozona, ma anche per gli equilibri del mondo intero.

Si tratta di dichiarazioni di una gravità impressionante, anche per la fonte da cui provengono. Una posizione di scuola keynesiana che finora in Europa ben pochi, tra economisti e politici,  hanno avuto il coraggio di sostenere con la stessa chiarezza e determinazione. Perché gli americani hanno scelto di affondare il coltello proprio in questo momento? Qualcuno sostiene che il casus belli sia stata la vicenda delle intercettazioni. A me francamente pare più probabile un’altra interpretazione. I meccanismi dell’economia mondiale sono, alla fine, molto banali: a fronte di qualcuno che vende, ci deve essere qualcuno che compra per lo stesso importo. Alcuni Paesi ormai da anni hanno assunto il ruolo di “venditori netti” sullo scenario internazionale (Germania, Cina, India, tutti Paesi in surplus che vendono molto più di quello che comprano). Il ruolo di “grande consumatore globale” è invece stato assunto, più o meno volontariamente, dagli Stati Uniti. Ma il prezzo da pagare è stato salato: gli USA hanno dovuto stampare, per anni, più di 80 miliardi di dollari al mese, sono in deficit commerciale e il loro debito pubblico ha raggiunto livelli mai visti. Non se lo possono più permettere. Da tempo esercitavano pressioni sulla Cina affinchè cambiasse politica corroborando la domanda interna. E la Cina negli ultimi anni lo ha fatto, dimostrando di voler fare la propria parte negli equilibri mondiali, con una lungimiranza che va riconosciuta.

Due pensieri finali, uno dedicato all’Italia ed uno proprio alla Germania. Il nostro Paese mi appare smarrito e supino come non mai. Abbiamo pagato un prezzo altissimo alla politica economica tedesca. Pur con tutti i nostri demeriti, che sono tanti, è innegabile che siamo finiti in un abbraccio mortale tra le politiche di austerità che hanno affossato la domanda interna ed un super-euro che certo non ha agevolato le nostre esportazioni. Ora gli Stati Uniti ci offrono una sponda per far sentire la nostra voce, per chiedere un cambio di rotta in Europa e noi? Il nostro Governo? Nemmeno una parola, un silenzio sinistro, direi tombale. Potremmo ad esempio far notare che l’Europa ha fissato il limite massimo del 6% al surplus commerciale di un singolo Paese, un limite che la Germania da anni sta sistematicamente violando. E invece niente. Davvero avvilente.

Quanto alla Germania, si è già affrettata a rispondere agli USA che “le accuse non hanno alcun senso, che i tedeschi vendono perché i loro prodotti sono di grande qualità, che loro le riforme le hanno già fatte”. Questa dovrebbe essere la locomotiva d’Europa…! Piuttosto, mi viene in mente l’immagine di una locomotiva che corre da sola, dopo aver portato i suoi vagoni su un binario morto. Ancora una volta, come spesso è accaduto nella sua storia, la Germania sceglie un percorso solitario, immemore di come sia andata a finire in altre occasioni. D’altronde, si sa, difficilmente la storia insegna qualcosa.

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