Per una grande riforma ci vuole competenza, ma anche un po’ di creatività. Nel mio precedente articolo, ho indicato alcuni interventi per razionalizzare il sistema come oggi concepito.  Oggi mi voglio spingere oltre: sulla base di lunghi anni di esperienza professionale, avanzare una proposta di radicale revisione della sanità italiana, per certi aspetti anche rivoluzionaria.  L’obiettivo della proposta è ambizioso: miglioramento della qualità del servizio ai cittadini in condizioni di maggiore economicità, ovvero con un contenimento della spesa sanitaria complessiva.

La proposta parte da una riqualificazione totale della figura del medico di base unitamente ad una drastica riforma del sistema ospedaliero. In estrema sintesi: gli ospedali vengono trasformati in un unico corpo di ricovero gestito dai medici di base, che diventano i diretti responsabili dei letti di degenza. Si traforma così l’attuale struttura dell’ospedale : l’organizzazione “per specialità” viene eliminata ed i medici specialisti assumono la funzione di puri consulenti. Come funzionerebbe praticamente il sistema? Un semplice esempio potrebbe essere chiarificatore: il medico di famiglia avrebbe la facoltà di ricoverare direttamente un paziente con una broncopolmonite e gestirlo sotto la sua responsabilità, prendendo contatto con lo specialista pneumologo per discutere con lui eventuali esami diagnostici e la terapia. Nel concreto, il medico di base si recherebbe ogni mattina in ospedale per visitare i suoi pazienti, dedicando il pomeriggio alle visite ambulatoriali.

Questo sistema avrebbe alcuni vantaggi non trascurabili. Innanzitutto, il paziente sarebbe curato dal proprio medico, valorizzando il rapporto umano di fiducia, attenuando l’impatto di un ambiente sconosciuto e impersonale. In secondo luogo, si otterrebbe un certo risparmio economico: i medici che abitualmente ruotano nel reparto (troppi) non avrebbero più motivo di esistere e basterebbero molti meno specialisti assunti, data la nuova funzione di meri consulenti. Infine, basterebbe un medico turnista di reparto per l’urgenza interna, per coprire i pomeriggi, le notti e i festivi. Un discorso a parte merita l’emergenza. Ogni ospedale dovrebbe avere un reparto di emergenza con un duplice obiettivo: fronteggiare l’emergenza esterna (ad esempio il traumatizzato, l’infartuato nella fase acuta ecc.) e le gravi patologie acute interne, ad esempio un paziente ricoverato per una broncopolmonite che improvvisamente si aggrava per un’insufficienza respiratoria acuta, che necessiti un trattamento rianimatorio. Una volta stabilizzato, il paziente dovrebbe essere trasferito (o riportato) nei letti seguiti dal proprio curante.

Resta da definire il capitolo della gestione ambulatoriale. In un quadro completamente diverso da quello attuale (nel quale la proposta Balduzzi è a mio avviso del tutto inefficace, vedi mio precedente articolo) si dovrebbe prevedere l’istituzione di poliambulatori gestiti direttamente dalle ASL, provvisti di personale infermieristico e di segreteria. Il personale di segreteria dovrebbe occuparsi della gestione degli appuntamenti e della ricettazione dei cronici. Il medico potrebbe così occuparsi solo delle visite, prevalentemente su appuntamento, e quindi valorizzare al massimo la sua professionalità. Le visite domiciliari per banali forme influenzali o simili, dovrebbero essere drasticamente ridotte, come avviene in quasi in tutti i Paesi. La continuità d’assistenza notturna e festiva rimarrebbe a carico di medici turnisti, esattamente come avviene oggi.

In conclusione: riportiamo il medico di base al centro del sistema. Consentiamogli di fare pienamente il medico, di seguire i suoi pazienti anche nella fase ospedaliera. Sgraviamolo dalla mortale burocrazia a cui oggi è sottoposto. Renderemo certamente il sistema più umano, più efficace dal punti di vista sanitario e molto probabilmente anche meno costoso. Se ne può almeno discutere?

 

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