Un’occasione da non perdere per Labeconomy. La Tunisia è un Paese che si trova alle porte di casa nostra, suggestivo e per certi versi misterioso. Fonte di interessanti opportunità sul terreno economico e sociale. Parlarne oggi con Ilaria Guidantoni vuol dire avere a disposizione una delle voci certamente più lucide e competenti in materia. Giornalista e scrittrice, l’elenco delle sue pubblicazioni è molto lungo. Ci limitiamo a segnalare l’ultimo romanzo da poco pubblicato, “Chiacchere, datteri e thè. Tunisi, viaggio in una società che cambia“, Albeggi Edizioni. Ringraziamo Ilaria per la visione nitida e suggestiva che si ricava dalle sue parole, e per gli stimoli che inevitabilmente ne derivano.

1. Dottoressa Guidantoni, dopo vent’anni di dittatura, la Tunisia sta affrontando un complesso percorso verso la democrazia. Pochi giorni fa, l’attentato mortale che ha colpito un leader dell’opposizione. Ora qual è la situazione? Cosa si può ragionevolmente attendere il popolo tunisino?
Credo che si possa aspettare una ripresa dell’economia, seppur lenta, almeno sotto il profilo turistico. E il consolidamento di un nuovo mercato del lavoro che tenga fede al contratto quadro recentemente firmato, con alcune garanzie in più per i lavoratori. Queste condizioni vanno di pari passo alla tutela dei diritti civili che spesso vengono violati tuttora, dall’esercizio della libertà di espressione fino alla certezza e imparzialità nella giustizia. Più lungo invece sarà il processo di stabilizzazione politica e certamente più difficile da prevedere, non essendoci ancora né la nuova Costituzione né una data ufficiale delle elezioni che eleggeranno il primo governo regolare dalla fine della dittatura.

2. Paesi come Libia ed Egitto stanno vivendo una fase delicatissima di conflitto tra forze rinnovatrici e forze di matrice islamica radicale. E’ un copione che rischia di ripetersi anche in Tunisia?
Ogni Paese arabo ha caratteristiche proprie e molto differenti. La Tunisia è un paese piccolo come la Libia e relativamente poco popolato, ma non diviso in tribù. Non ha risorse naturali importanti (solo un po’ di petrolio verso il sud e fosfati ma in quantità non rilevante). La vera ricchezza è l’ aspetto paesaggistico e il patrimonio culturale. E’ un Paese con una tradizione laica e per certi versi laicista molto radicata e una versione dell’Islam che è sunnita malachita, assolutamente lontano dalla tradizione wahhabita e dei Fratelli musulmani come l’Egitto. Inoltre è il Paese più vicino all’Europa, soprattutto quella mediterranea, e finora indipendente dall’influenza internazionale statunitense; quindi fuori da certi giochi politici. Inoltre ha rapporti di buon vicinato consolidati con Libia e Algeria; mentre gli altri due Paesi hanno diversi problemi di vicinato. Il femminismo tra l’altro è molto radicato.

3. La Tunisia ha recentemente chiesto all’Europa un “piano Marshall” e lanciato ripetuti appelli al nostro Paese per attrarre investimenti. Quali aspetti potrebbero risultare particolarmente interessanti per le imprese italiane? Quali settori particolarmente attrattivi?
Il paese dista soltanto un’ora di volo da Roma e poco più da Milano da dove partono più voli giornalieri, come anche da altre città quali Venezia e Palermo. Il clima e le abitudini di vita consentono facilmente un radicamento nel luogo.  Praticamente tutti parlano correntemente francese, la seconda lingua relativamente diffusa è l’inglese e molti capiscono l’italiano. Usi e costumi – dalla cucina, alla presenza religiosa, alla cultura  rendono facile l’ingresso nel Paese. Il cambio valutario è stabile. Prendere la residenza può comportare un interessante beneficio fiscale (anche se non siamo in un paradiso fiscale). I settori da sviluppare sono un turismo di nicchia, maggiormente orientato alla cultura; il settore energetico delle fonti rinnovabili, agli inizi. Per quanto riguarda le infrastrutture: buona e in espansione la rete aeroportuale, portuale e viaria; mentre manca una rete ferroviaria moderna. Esiste poi ampio spazio nell’agro-alimentare, vinicolo e tessile. Il settore del commercio di beni di lusso – il made in Italy è molto apprezzato – è da ricostruire essendo stato per molti anni monopolio della famiglia Trabelsi-Ben Ali. Si affaccia ora, infine, il settore della cultura, grazie all’abolizione ufficiale della censura.

4.    Sotto il profilo legislativo, fiscale e del mercato del lavoro, l’impresa italiana può trovare oggi condizioni favorevoli in Tunisia? Quali sono invece i principali problemi da risolvere?
Cominciamo dai problemi: la burocrazia è ancora lenta anche se il sistema di base è ben strutturato, sul modello francese; e purtroppo la corruzione è ancora diffusa. La necessità di ripristinare fuori da Tunisi migliori livelli di sicurezza e di certezza nella giustizia sono imprescindibili. Sotto il profilo del mercato del lavoro: il costo della manodopera è sensibilmente più basso rispetto all’Italia e le professionalità, soprattutto giovani, ben qualificate. Il problema da affrontare è una sindacalizzazione acerba e in tal senso aggressiva: siamo in una fase di lotte sindacali e nella quale si reclamano i diritti senza un’adeguata responsabilizzazione. In generale però i costi e il regime fiscale sono vantaggiosi e l’impresa italiana è ben vista e ben accolta. Recentemente tra l’altro c’è stato un accordo a livello di Commissione europea per realizzare joint venture tra imprese locali ed europee.

5.    In conclusione, una battuta: nonostante le turbolenze in corso, possiamo immaginare che la Tunisia rappresenti oggi “terra fertile” per un’avventura imprenditoriale?
Penso che si possa scommettere sul medio periodo – almeno i quattro anni del primo governo regolare in carica. Un’idea: la Tunisia delle donne può riservare una piacevole sorpresa: sono il 60%dei laureati, attente alla scena internazionale, mediamente curiose, battagliere e concrete. E’ rosa la forma più evoluta di associazionismo che unisce difesa dei diritti civili e progettualità di impresa.

 

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