Le tre grandi agenzie di rating (Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch) fino a ieri sembravano intoccabili, giudici insindacabili in grado di determinare non solo le sorti di un titolo in Borsa, ma anche il destino di un Paese.
Qualcosa però sta cambiando se gli Stati Uniti d’America hanno deciso di intentare una causa contro Standard & Poor’s per le valutazioni “generose” dei bond garantiti da immobili ipotecati, causa scatenante della crisi immobiliare e finanziaria del 2008.
Posto che ognuno fa il proprio mestiere e non si è obbligati a prendere per oro colato i giudizi di queste agenzie (ma i mercati lo fanno), mi pongo alcune domande.

  1. Possibile che un giudizio di parte possa arrivare a condizionare così pesantemente le sorti di una intera Nazione e quindi di milioni di cittadini? Il declassamento di un Paese in difficoltà ha conseguenze gravissime sulla vita dei suoi cittadini per lasciarlo in mano a delle società private sostanzialmente senza controllo.
  2. Che garanzia di indipendenza di giudizio possono dare società che sono di proprietà dei grandi fondi di investimento internazionali, che speculano con vere e proprie scommesse sull’andamento dei titoli o sulla capacità di un Paese di rimborsare il proprio debito?
  3. D’accordo che errare è umano, ma che credibilità possono avere società che hanno commesso errori della portata dei mutui subprime, Enron, Lemahn Brothers o Parmalat?

Avanzo una proposta: l’Europa prenda esempio dalla Cina e costituisca la propria agenzia di rating, magari controllata dalla Banca Centrale Europea. Sarebbe un istituto con standing tecnico ed autorevolezza tali da poter contrapporre, se necessario, i propri giudizi a quelli che arrivano da oltre oceano. Gridare allo scandalo o aprire qualche estemporanea inchiesta non mi pare abbia portato grandi risultati.

 

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