Tanto tuonò che piovve, o quasi! Il processo di accorpamento delle Province sembra procedere, tra le immaginabili resistenze di quei territori che non vogliono perdere la loro autonomia. Spiace che l’attenzione popolare si risolva in contestazioni di campanile, piuttosto che pretendere una efficace azione di riforma dello Stato e dei suoi livelli. In un momento in cui i sacrifici per i cittadini e per le imprese si fanno sempre più pressanti, il recupero di risorse attraverso la riduzione degli sprechi e lo snellimento della macchina statale dovrebbero identificare questo governo.

Ritengo invece che la soluzione di accorpare gli “enti di mezzo” sia un troppo timido ripiego di fronte alle tante possibilità di intervento. Indiscutibilmente passare da 86 a 51 Province è un segnale di rottura. Un incoraggiamento ad imboccare un nuovo percorso ed una forma di rassicurazione data all’Unione Europea  rispetto ad una volontà di impegno italiano al cambiamento. Ma già che siamo in ballo, facciamolo bene. Non so quantificare le cifre in termini di spending review ma di primo acchito vedo legato all’accorpamento delle Province solo l’eliminazione di alcuni assessorati. I dipendenti pubblici verranno in parte riallocati e spero non a scapito di servizi locali comunque da garantire. Cosa succederà però alle questure, alle prefetture, ai centri per l’impiego? Cosa alle competenze sulla gestione delle strade provinciali o dell’edilizia scolastica? Come verrà mantenuta la caratterizzazione dei prodotti tipici? E tutti questi interrogativi quando già si vocifera di possibili effetti negativi in termini di rincari dell’RC auto.

Come d’abitudine, mi piace ragionare su altre soluzioni che si sarebbero potute adottare. 1) Avrei in primis seguito la strada di mantenere le Province come delimitazioni territoriali prevedendo una piccola rappresentanza istituzionale con due/tre deleghe specifiche. Se l’intento  fosse stato quello di intervenire sulla riduzione degli apparati e delle alte cariche locali, come Questore o Prefetto, avrei semplicemente agganciato la loro presenza alle dimensioni provinciali oltre gli 800mila / milione di abitanti. 2) Soprattutto, avrei perseguito l’obiettivo di accorpamento dei Comuni. In Italia ci sono più di 8000 Comuni, tantissimi al di sotto dei 1000 abitanti, ed ognuno con i propri organismi di rappresentanza ed i propri uffici. Qui in una logica di ottimizzazione si dovrebbe procedere ad un raggruppamento, all’unificazione dei servizi e ad una conseguente riduzione delle aziende municipalizzate. Lo scenario che ne risulterebbe vedrebbe dunque pochi grossi Comuni all’interno della Provincia, ma più capaci di una gestione efficace dei servizi ai cittadini. Si punterebbe su una  maggiore informatizzazione delle procedure e si  potrebbe finalmente distribuire il personale pubblico verso uffici più sguarniti (i tribunali ad esempio). E’ di questo che oggi dovremmo discutere con serietà e senso del dovere e soprattutto evitando imbarazzanti proteste. In conclusione, mi chiedo con un po’ di sgomento: il meglio che si sa fare è minacciare di tagliare il riscaldamento alle scuole?

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