Siamo ancora il Paese del processo a Galileo. La Giustizia che processa la Scienza. La Giustizia che non trova, si badi bene, interessi specifici di parte o atti di corruzione da parte degli scienziati. No. Semplicemente, sentenzia che la Scienza doveva prevedere, doveva avvisare, doveva dare l’allarme in nome di un astratto principio di massima cautela. Con conseguente condanna alla reclusione per tutti gli scienziati della Commissione Grandi Rischi, rei delle catastrofiche conseguenze del mancato allarme del terremoto dell’Aquila.

La Giustizia fa il suo corso, come un treno lanciato sul binario di qualche filisofia dell’Assoluto. Noncurante del fatto che i terremoti siano ad oggi tecnicamente imprevedibili.  Che il principio di massima cautela vorrebbe dire trattare tutta l’Italia come se fosse ubicata sulla faglia di San Andreas, con le conseguenze immaginabili. Noncurante, infine, dello sdegno misto ad incredulità della comunità scientifica di tutto il mondo.

Ultima osservazione: evidentemente accecata da questo novello scontro con la Scienza, la Fede giustizialista perde di vista una realtà clamorosa: quella di una politica (non riesco nemmeno a scriverlo con la maiuscola) che, pur sapendo da decenni del rischio sismico, non ha mai provveduto alla costruzione di edifici adeguati.

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