Cari amici, non possiamo fare a meno di commentare la notizia che ha conquistato tutte le prime pagine: la Banca Centrale Europea ha rotto gli indugi annunciando che potrà acquistare direttamente i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà (con durata fino a tre anni). Senza limiti di quantità e senza bisogno di autorizzazione da parte dei singoli Stati. In altre parole, il Consiglio della BCE ha deciso a larghissima maggioranza che la possibilità di intervenire illimitatamente sul mercato dei titoli di Stato fa parte della sua missione, e rientra tra le prerogative previste dal suo atto costitutivo. La misura a lungo invocata per affermare la irreversibilità dell’euro e rassicurare i mercati è dunque, finalmente, arrivata. Una decisione di portata storica, un capolavoro innegabile del Presidente Mario Draghi che ha coagulato un vastissimo consenso intorno alla sua linea: 21 dei 22 membri del Consiglio hanno espresso voto favorevole, con l’unica eccezione, abbastanza scontata, del Presidente della Bundesbank Jens Weidmann. Il capolavoro di Draghi è stato a mio avviso non soltanto quello di convincere quasi tutti i banchieri centrali, compresi i più riluttanti dei Paesi del Nord Europa; ma anche quello di isolare la Bundesbank in Germania, avendo ottenuto con grande abilità (a onor del vero, con un ruolo importante giocato dal nostro premier Mario Monti) il consenso diAngela Merkel, del ministro delle Finanze Shauble e di molti economisti tedeschi. E di fatto isolando Weidmann, al quale non è restato che lanciare qualche sinistra profezia.

Chapeu dunque a Supermario. I mercati hanno reagito con entusiasmo alla notizia, regalando una impennata che non si vedeva da mesi. La sensazione è quella che finalmente qualcuno sia sceso in campo con il bazooka in difesa della moneta unica, mettendo a diposizione una potenza di fuoco infinitamente più consistente di quella rappresentata dai vari fondi e fondini EFSF e ESM nei quali evidentemente nessuno credeva più di tanto. Non si dice esplicitamente, ma in fondo con questo passo la BCE potrà agire come la FED, la Bank of England e tutte le banche centrali degne di questo nome: “stampare” moneta per evitare l’insolvenza degli Stati membri. Con un elemento in più nel caso europeo: quello di contenere entro livelli accettabili lo spread tra Stati forti e Stati deboli, scongiurando il rischio che questi ultimi debbano pagare interessi insostenibili. E fin qui tutto bene.

Ma non è tutto oro ciò che luccica amici, e veniamo alla parte di cui si parla di meno in questo clima di euforia generalizzata. C’è un rovescio della medaglia, come tutte le cose c’è un prezzo da pagare che rischia di essere molto salato. Mi spiego: l’intervento della BCE a beneficio dei Paesi in difficoltà non sarà certo gratuito e incondizionato. Al contrario, potrà avvenire soltanto a condizioni ben precise, a partire da una formale richiesta di aiuto da parte dallo Stato membro in difficoltà (una sorta di alzata della bandiera bianca) per proseguire con un vero e proprio “programma di salvataggio” dal nome un po’ sinistro: Eccl, enhanced conditions credit line. Tradotto in parole povere: vi diamo i soldi a condizione che facciate queste cose per il risanamento della vostra economia. Una vera e propria agenda programmatica, di fronte alla quale la famosa missiva dell’agosto 2011 al governo Berlusconi rischia di apparire come una affettuosa letterina di paterne raccomandazioni. Con l’immancabile troika di cerberi a verificarne la realizzazione: BCE, UE e soprattutto il temutissimo Fondo monetario internazionale. Lo scotto da pagare per chi non vorrà adeguarsi alle imposizioni di Bruxelles? La immediata sospensione del programma di aiuti con le catastrofiche conseguenze facili da immaginare.

In conclusione: non ho ancora trovato nessuno che lo abbia scritto esplicitamente, ma il meccanismo mi pare molto simile a quello applicato nel caso greco: la Banca interviene, evita momentaneamente il tracollo ma poi detta legge nel Paese aiutato, attraverso l’imposizione di una vera a propria agenda di governo e con la longa manus della troika che cala come una mannaia. I mercati sono stati accontentati, ma a quale prezzo? Sostanzialmente, il prezzo sarà quello di una perdita di sovranità dei Paesi che dovranno chiedere gli aiuti. I sistemi economici di questi Paesi saranno sostanzialmente gestiti dall’esterno, e nemmeno da organi politici (che non esistono) ma da organismi di finanza internazionale, del resto gli unici che finora hanno battuto un colpo sul tavolo per segnalare la loro esistenza. Mario Monti conosce perfettamente questo rischio ed infatti non perde occasione per ripetere che “l’Italia può farcela da sola, che non avremo bisogno di aiuti”. Ma la caparbietà con la quale ribadisce continuamente di non essere disponibile ad un prossimo mandato e di pensare alle sue imminenti vacanze al mare cominciano a suonarmi un po’ sospette.

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